27 marzo 2013. Cicale e formiche
Secondo uno studio della Bundesbank, la ricchezza mediana delle famiglie tedesche sarebbe di gran lunga inferiore a quella delle famiglie italiane e spagnole. La notizia ha fatto scalpore, specie perché va a confermare la tesi secondo cui i paesi "cicala” del Mediterraneo sono ricchi e perciò non possono pretendere aiuti dalle "formiche” del Nord Europa. I dati della Bundesbank sono stati contestati in quanto raccolti in anni diversi nei vari paesi (e in particolare i dati spagnoli risalgono a prima che la crisi si facesse sentire). Ora, però, anche l’ultimo rapporto del Credit Suisse sulla ricchezza mondiale riporta che nel 2012 la ricchezza totale mediana delle famiglie italiane era di 124.000 dollari per adulto, contro i 53.000 della Spagna e i 42.000 della Germania. (ilsole24ore.com)
28 marzo 2013. Il call center di Equitalia
Una telefonata.
"Buongiorno, vorrei informazioni sulla rateazione di un pagamento portato a termine, posso chiedere a lei?”.
"Noi non possiamo fornire queste informazioni per telefono. Per questioni di privacy”.
"E quindi?”.
"Lei sta parlando con il call center di Equitalia, non con Equitalia”.
"Ah, e come faccio a parlare con Equitalia?”.
"Non si può, signore, perché non esistono più i numeri di telefono di Equitalia, non rispondono al telefono. Rispondiamo solo noi. Ci si deve andare per forza di persona…”.
"Ma la sede competente è a trecento chilometri da dove vivo, tra l’altro ci sono già stato quattro volte”.
"Mi dispiace. Noi diamo notizie così, in generale. Per sbrigare delle pratiche deve andare ai loro sportelli”.
"La ringrazio”.
"Ma di nulla! Le auguro una buona giornata!”.
28 marzo 2013. Una svolta epocale
Per la prima volta nella storia del Regno Unito le donne stanno passando a sinistra degli uomini. Ne ha parlato il "Guardian” commentando il fatto che, secondo gli ultimi sondaggi, le donne sono in maggioranza contro Cameron. Certo, l’austerità danneggia in particolare loro (a lavorare nei settori più colpiti dai tagli, scuola e sanità, sono soprattutto donne), ma questo non spiega tutto. L’aumento del tasso di donne che lavorano e l’indebolimento del modello familiare patriarcale sono gli altri due ingredienti di questo passaggio storico. Tradizionalmente infatti le donne hanno sempre votato più a destra degli uomini. Dal 1928, anno in cui poterono votare per la prima volta, le donne hanno sempre contribuito fortemente alla vittoria dei Tories. Negli anni Cinquanta il gap di genere a favore dei conservatori era del 14%.
Ora, invece, le donne inglesi non solo sono più a sinistra degli uomini, ma si stanno rivelando più progressiste anche socialmente, per esempio sono meno omofobe e meno razziste. I dati sono ancora modesti, ma il trend è inequivocabile e non solo nel Regno Unito; negli Stati Uniti è dagli anni Ottanta che più donne che uomini votano i Democratici; Obama è stato eletto con il 55% dei voti delle donne.
(guardian.co.uk)
30 marzo 2013. Bibbie cinesi
Lu Gengsheng ricorda la sua infanzia nella provincia rurale di Anhui negli anni Ottanta, quando suo padre era il pastore di una piccola congregazione clandestina del Movimento della chiesa in casa. All’epoca c’era un’unica bibbia, quella della sua famiglia, gli altri credenti si affidavano a dei quadernetti dove copiavano le parti della bibbia che volevano consultare. Oggi i cristiani sono il 5% della popolazione, che in Cina vuol dire sessantasette milioni di persone. Nel 1988, per venire incontro ai bisogni spirituali di queste persone, è nata "Amity Printing”, una joint venture tra la Amity Foundation, una Ong che fa capo a un’istituzione governativa, e il gruppo inglese United Bible Societies (Ubs). Il primo anno, grazie a una sola macchina da stampa regalata da Ubs, Amity ha prodotto 500.000 bibbie. Nel 2012 ha stampato più di dodici milioni di bibbie e nuovi testamenti. Amity è l’unico editore autorizzato a stampare bibbie in Cina e sia la pubblicazione che la distribuzione sono sotto stretto controllo centrale. A ricevere le bibbie sono infatti solo le 55.000 chiese "ufficiali”. E le altre chiese? Alcuni editori stranieri si stanno interrogando su come colmare questo deficit. Paul Hattaway, direttore di Asia Harvest, un gruppo cristiano americano, ha parlato di "carestia” di bibbie in Cina. Così, dalla fine degli anni Novanta, ha iniziato a stampare bibbie illegalmente e oggi, attraverso una rete clandestina di chiese, ne ha distribuite oltre sei milioni. (economist.com)
4 aprile 2013. Un terabit al secondo
In Australia, qualche settimana fa, sono riusciti a trasmettere un terabit al secondo, cioè mille miliardi di bit. Giusto come esempio, i contratti aziendali mediamente promettono (e non sempre mantengono) 20 megabit al secondo, cioè 20 milioni di bit. Il record di velocità nella trasmissione dati è stato battuto collaudando un collegamento in fibra ottica fra Sydney e Melbourne, distanti fra loro mille chilometri, sulle normali linee gestite dalla Telstra. L’obiettivo era proprio quello di testare se le infrastrutture attuali fossero in grado di supportare linee di maggiore capacità. A rigore, come ha spiegato "Wired”, più che di velocità di trasmissione, si tratterebbe di volume di dati trasmessi nell’unità di tempo. Nonostante il nostro rimanga tra i paesi più arretrati riguardo le infrastrutture della rete, la nuova tecnologia è nata proprio in Italia; è stata messa a punto dall’Istituto di Tecnologie della Comunicazione, dell’Informazione e della Percezione (Tecip) della Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa e dal Laboratorio Nazionale di Reti Fotoniche del Consorzio Nazionale Interuniversitario per le Telecomunicazioni (Cnit), in collaborazione con Ericsson e con la compagnia telefonica australiana Telstra.
5 aprile 2013. Autobus separati
Le lamentele dei coloni erano arrivate al Governo già lo scorso anno chiedendo che si intervenisse per tutelare i passeggeri degli autobus ebrei israeliani dagli atti di teppismo dei palestinesi. All’inizio dello scorso mese, il ministro dei trasporti ha trovato la soluzione: autobus riservati ai palestinesi che li prelevano in una località dove poi li riportano alla fine della giornata di lavoro in Israele. L’idea di autobus separati per ebrei e palestinesi non è passata inosservata. Dal versante israeliano si parla di un servizio dedicato che permetterà ai palestinesi che lavorano in Israele di non dover affidarsi ai loro malandati pulmini, ma ovviamente non sono mancate le denunce dell’istituzionalizzazione di una separazione etnica. Zehava Galon, del partito Meretz, ha scritto sulla sua pagina Facebook: "Questo è apartheid: autobus separati dimostrano che democrazia e occupazione non possono coesistere”.
"Haaretz” ha parlato di "separazione razzista”. Oggi sono più di 30.000 i palestinesi del West Bank che lavorano in Israele, perlopiù impiegati in fabbrica e nell’edilizia. Bassam Hanani, 38 anni, padre di quattro figli, è contento del nuovo servizio "dedicato” perché non deve più incrociare i coloni ed essere insultato. Anche Naim Liftawi, 40 anni, è soddisfatto: almeno non verrà fatto scendere dai poliziotti a ogni controllo, né umiliato dai coloni, uno dei quali una volta gli ha sputato in faccia. Alla domanda se non si senta oggetto di discriminazione, risponde che a lui alla fine basta poter mettere il pane in tavola per i suoi bambini.
(washingtonpost.com)
10 aprile 2013. Parole: Ropo
Ropo è l’acronimo di Research Online, Purchase Offline, che descrive la tendenza sempre più diffusa di cercare un prodotto online per poi però effettuare l’acquisto vero e proprio in un negozio fisico, offline appunto.
In base a un’indagine sul comportamento di 5.700 utenti (di cui 530 italiani) di siti di e-commerce, turismo, intrattenimento, telecomunicazioni e utility, risulta che il 78% degli utenti compie ricerche online prima di acquistare in negozio, con un picco in Italia (l’84%). Quasi un intervistato su quattro dichiara inoltre di compiere ricerche sul proprio cellulare mentre è all’interno dello store. (zeusnews.it)
12 aprile 2013. Una radio molto originale
Leah Whittington, professore ad Harvard, la ascolta sull’iPod mentre vaga per le classi. Daniel Blanchard, tenore a Parigi, era abituato ad ascoltarla sulle onde corte, ora anche lui usa l’iPod. No, non è la Bbc, ma un notiziario settimanale su quanto è accaduto nel mondo, trasmesso dalla radio nazionale finlandese. No, non in finlandese. In latino.
Nessuno sa quanti siano gli ascoltatori: alcuni la seguono in diretta, altri scaricano l’mp3. Ogni venerdì sera, prima del notiziario principale, qualche notizia scelta: la crisi di Cipro, l’elezione di Papa Francesco… Cinque minuti in latino. Neanche radio Vaticano era arrivata a tanto. "Nuntii Latini”, questo il nome del programma, ha però trovato l’interesse di decine di migliaia di persone. Tuomo Pekannen, professore in pensione e collaboratore dell’iniziativa, spiega che per i finlandesi della sua età la lingua latina ha un significato particolare. Edwin Linkomies, suo professore di latino all’Università di Helsinki e primo ministro durante la Seconda guerra, ha contribuito a fare del latino un elemento costitutivo dell’identità finlandese di quella generazione. Ma pare che il latino abbia estimatori in tutto il mondo e questi possono finalmente ascoltarlo, addirittura parlarlo, non solo leggerlo. A Parigi, Daniel Blanchard ha messo su un circolo i cui membri si trovano una volta al mese a chiacchierare, o anche solo a giocare a carte, ma in latino. (iht.com)
13 aprile 2013. Neuroni
Da tempo i neuroscienziati si interrogano su come vengano immagazzinate le informazioni, cioè se esistano, ad esempio, dei singoli neuroni per ciascun ricordo, o se invece i concetti siano distribuiti tra le centinaia di milioni di neuroni distribuiti nel cervello. Nell’ultimo numero de "Le scienze”, Rodrigo Q. Quiroga, Itzhak Fried e Christof Koch provano a fare il punto della situazione. Se infatti è chiaro che la storiella che raccontava lo scienziato cognitivo Jerome Lettvin, su un immaginario neurochirurgo russo che era riuscito ad aiutare un paziente a dimenticare la madre dispotica aprendogli il cervello ed eliminando i neuroni corrispondenti, è falsa, c’è tuttavia qualcosa di vero in quella intuizione. La scoperta è avvenuta grazie agli studi su alcuni pazienti epilettici che si sono sottoposti a un intervento chirurgico. Registrando l’attività cerebrale di queste persone si è scoperto che, ad esempio, alcuni gruppi di neuroni si attivano davanti all’immagine di un attore, o di un giocatore di basket. Poi però la faccenda si è complicata quando ci si è accorti che gli stessi gruppi di neuroni si attivavano in presenza di attori di una stessa serie (come Friends o Guerre Stellari) o di giocatori di una stessa squadra. È nata così l’ipotesi, oggi più convincente, che i neuroni siano cellule "semantiche”, cioè che rispondano a concetti più che a persone o cose. Non ci sarà quindi il neurone della nonna o della mamma, bensì un neurone per "donna” o "uomo”, "biondo” o "bruno”, ecc., ed è l’insieme di questi a codificare i ricordi. (Le scienze)
14 aprile 2013. Morire di carcere
Il 31 marzo 2013, Jacques De Deker, cittadino belga, è morto nel Centro clinico del carcere di San Sebastiano. Era malato di cancro al pancreas e aveva 66 anni. Era in carcere dall’agosto 2006 e doveva scontare complessivamente dodici anni e quattro mesi, pena derivante da due diverse condanne per traffico di droga. Il tumore gli era stato diagnosticato nel 2008 e da allora si era battuto per ottenere prima la possibilità di curarsi fuori dal carcere e in seguito -sfumata ormai ogni possibilità di cura- almeno di poter morire "accanto ai miei due bambini e a mia moglie, in Belgio”, come lui stesso aveva scritto in una lettera-appello nel marzo del 2009. (Ristretti Orizzonti)
15 aprile 2013. Offresi camera
Easystanza.it è un sito noto agli studenti e ai lavoratori fuori sede perché mette in contatto in modo molto semplice e diretto chi cerca e chi offre una stanza. Proprio questo sito, negli ultimi mesi, ha notato qualche cambiamento e si è messo a studiarlo. Il mese scorso, per esempio, ha reso pubblico il fatto che il 15% di chi offre e cerca un appartamento in condivisione a Milano è una coppia, di età media tra i 35 e i 48 anni, per il 40% lavoratori. Ne ha parlato anche l’edizione di "Milano Corriere”. A Milano, infatti, complice la crisi, le convivenze proprietario-inquilino sono aumentate in un anno del 24%. C’è chi, come Simona e Omar, trentenni, liberi professionisti, hanno aperto il loro appartamento di quattro stanze, zona Certosa, a un’altra coppia. Già toccava fare i salti mortali per il mutuo e le spese condominiali, quando è arrivato anche l’Imu non c’è stata più scelta.
Ci sono anche mamme divorziate con figli che si sono viste costrette a ospitare un inquilino a pigione. Per qualcuno conoscere persone nuove è un’esperienza positiva, per altri è più pesante, specie quando gli affitti sono brevi e l’affittuario cambia spesso.
16 aprile 2013. Il fenomeno Alibaba
Pochi lo conoscono, ma già lo scorso anno con due portali, Alibaba, sito di commercio online cinese, ha fatturato 170 miliardi di euro, più di eBay e Amazon messi insieme, candidandosi a diventare il primo e-commerce a fatturare un "trilione” (mille miliardi) di dollari all’anno. Il fondatore di Alibaba, un ex insegnante di inglese chiamato Jack Ma, ha appena annunciato di voler lasciare il posto a un insider di fiducia, Jonathan Lu, in maggio. Verrà poi lanciata un’offerta pubblica che a quel punto attirerà parecchia attenzione visto che la stima va da 55 a 120 miliardi di dollari.
Alibaba.com è nato nel 1999 come portale che metteva assieme i piccoli commercianti con i compratori, poi è arrivato Taobao, una sorta di ebay cinese; le previsioni dicono che nel 2020 l’e-commerce cinese supererà il commercio elettronico di Stati Uniti, Regno Unito, Giappone, Germania e Francia messi assieme. Ma il vero patrimonio rimasto ancora non intaccato sono i dati dei clienti. Se è vero che il 60% delle merci spedite passa di qui, Alibaba è quello che più sa delle abitudini di spesa della classe media cinese. Ora c’è anche Alifinanza che fa credito alle piccole imprese, da sempre trascurate dalle banche, e a breve anche ai privati. Alibaba è dunque nel cuore del cosiddetto "capitalismo di bamboo”. Se è vero, come afferma l’"Economist”, che Alibaba ha il potenziale per diventare la società di maggior valore al mondo, resta da vedere che comportamento assumeranno le banche da una parte e il Partito Comunista dall’altra. Secondo gli esperti proprio questi due soggetti potrebbero rivelarsi una minaccia fatale. (economist.com)
16 aprile 2013. Da oggi puoi ammalarti
Lo annuncia il sito di Acta, Associazione Consulenti Terziario Avanzato: da oggi puoi ammalarti (o meglio chiedere l’indennità di malattia) anche se sei un libero professionista. Fino alla fine del 2011 i liberi professionisti non avevano diritto alla malattia domiciliare né alla maternità facoltativa, ma solamente all’indennità per degenza ospedaliera e alla maternità obbligatoria (5 mesi). Questo a differenza di tutti gli altri lavoratori iscritti alla Gestione Separata, come co.co.pro e altri parasubordinati, e pur pagando tutti la stessa percentuale di contributi destinati alla copertura di queste tutele. Col decreto Salva Italia del governo Monti era stato stabilito che dal 1° gennaio 2012 anche i liberi professionisti iscritti alla gestione separata avessero diritto a queste indennità, ma poi si sono messi di traverso i ritardi dell’Inps. Finalmente, grazie alla petizione lanciata da Acta, alle tante pressioni ricevute e a una chiara denuncia della vicenda su "Il Sole 24 ore”, da pochi giorni l’Inps ha aggiornato il proprio sito caricando i nuovi moduli e adeguando il sistema online che ora prevede anche la categoria dei professionisti tra quelle selezionabili per l’invio della domanda. (actainrete.org)
17 aprile 2013. Assicurazione o libertà?
La domanda è: quanti americani si vedranno negate le cure essenziali in nome della libertà? A porsela è Paul Krugman in un pezzo comparso sull’"International Herald Tribune”.
Per entrare nel merito, la questione è quanti governatori repubblicani rifiuteranno l’espansione di Medicaid (il programma sanitario che provvede a fornire aiuti alle persone a basso reddito), che è parte centrale della riforma sanitaria di Obama. Ora, prosegue Krugman, si sa che i repubblicani si oppongono a qualsiasi programma di aiuto ai meno fortunati. Il problema è che attaccare i beneficiari degli aiuti pubblici come dei "lavativi che non se lo meritano”, se andava bene ai tempi di Reagan, oggi rischia di essere controproducente. Ora che l’esperienza di perdere l’assicurazione è diventata purtroppo comune, sempre più gente è favorevole a Medicaid. A questo punto a poco valgono i discorsi sul fatto che assicurarsi è come perdere la libertà, addirittura una forma di schiavitù. In realtà, conclude Krugman, poche affermazioni sono state smentite dalla storia come l’idea che l’assicurazione sociale mini una società libera: "Sono passati 70 anni da quando Friedrich Hayek predisse (o così interpretarono i suoi estimatori) che il welfare inglese avrebbe fatto scivolare la nazione verso lo stalinismo; 46 anni sono passati da quando è entrato in vigore Medicare, il programma statunitense per gli over 65; per quel che ne sappiamo direi che la libertà non è venuta meno in nessuna delle due sponde dell’Atlantico”.
(International Herald Tribune)
18 aprile 2013. La Bosnia e l’Europa
Quando la Croazia, il prossimo luglio, entrerà a tutti gli effetti nell’Unione europea, la Bosnia non potrà più esportare uova, carne e latticini al vicino più ricco. Perché? Perché i bosniaci non sono riusciti ad accordarsi su chi deve stabilire se i produttori rispettano le regole sanitarie e veterinarie dell’Unione. I bosniacchi vorrebbero un’autorità centrale, mentre i serbi preferirebbero delle agenzie nelle due entità della Bosnia (la Bosnia-Erzegovina e la Repubblica Serba di Bosnia).
I contadini e i produttori, che non nutrono alcuna speranza nei propri leader, hanno chiesto che per favore se ne occupi l’Europa sennò la vedono scura. L’Unione europea, da parte sua, ha spiegato che non spetta a loro occuparsene. All’Unione non interessa chi farà le certificazioni e però vuole un interlocutore certo. Questa diatriba è un tipico problema bosniaco da quando gli accordi di Dayton hanno deciso che ogni livello istituzionale, dalla presidenza in giù, deve essere tripartito tra bosniaci musulmani, serbi e croati. Questo stallo rischia non solo di avere drammatiche ripercussioni sul piano economico, ma di interrompere lo stesso processo di adesione della Bosnia all’Unione europea che già ora è in coda a Serbia a Montenegro. (economist.com)
20 aprile 2013. Ospedali
Verrebbe da dire che tutto il mondo è paese. Anche nel Regno Unito si sta discutendo di come operare dei tagli a una sanità non più sostenibile e una delle opzioni è -anche lì- la chiusura di alcuni ospedali minori. Ne ha parlato anche Catherine Bennett, editorialista dell’"Observer”, in un pezzo dal titolo emblematico: "Se davvero pensi che debbano sopravvivere tutti gli ospedali... devi vedere un medico”. Di fronte alla prospettiva della chiusura di alcuni piccoli ospedali di Londra e dintorni, la popolazione, incoraggiata dai politici locali, si sta ribellando. Nella contea di Manchester, i manifestanti contro la chiusura del Trafford General, "luogo di nascita del sistema sanitario nazionale(!)” hanno fatto una petizione sottoscritta da oltre diecimila persone. A Highgate, nord di Londra, il deputato locale si è esposto pubblicamente contro l’idea della chiusura dell’ospedale "dove sono nato io e anche i miei figli”. Contro la chiusura dell’ospedale di Charing Cross e di Hammersmith gli inglesi sono scesi in strada con le candele accese. Se questi piccoli ospedali chiudessero, denunciano gli abitanti, sarebbe a rischio la loro stessa vita. In realtà, è dimostrato che una riorganizzazione del sistema sanitario che preveda una maggiore presenza di poliambulatori, con pochi (e però efficaci) centri per cure urgenti e gli ospedali destinati ai soli acuti produce tassi di mortalità più bassi e complessivamente una maggiore efficienza. Il direttore medico del Servizio sanitario nazionale, Bruce Keogh, ha recentemente sgridato i politici che per meri calcoli personali perorano queste cause dipingendo gli ospedali addirittura come "il cuore della comunità”, "la colla che tiene assieme la società”. Qualcuno infatti dovrebbe allora spiegare alla gente perché una quota significativa di medici preferisce non mandare i familiari in questi ospedali tanto amati. (The Observer)
24 aprile 2013. Pensioni
In Gran Bretagna, secondo le ultime indagini, i giovani lavoratori tra i 25 e i 34 anni hanno accumulato tanti impieghi quanto i sessantacinquenni della generazione precedente. Il governo è preoccupato perché la presenza di inevitabili buchi tra un impiego e l’altro è una situazione poco promettente per la pensione. Se a 30 anni hai già lavorato per sei compagnie è difficile che tu abbia costruito un piano pensionistico sensato. (independent.co.uk)
25 aprile 2013. Asma Hanif
"Posso stare da te? Potrei arrivare in due settimane”. Dopo aver ascoltato le drammatiche parole dell’ennesima donna in fuga dal marito violento, Asma non ha esitato a metterla di fronte alla realtà: "Cosa ti fa pensare di avere ancora due settimane?”.
Sul "Washington Post” del 19 aprile, Robert Samuels ha dedicato un lungo articolo a una donna con una storia straordinaria: Asma Hanif, che oggi a Baltimora dirige l’unico Rifugio per donne musulmane che ospita una cinquantina di persone. Asma, afro-americana, si è diplomata infermiera alla Howard University e ha studiato anche alla Medical University della Carolina del Sud. Era stata la madre a incoraggiarla a imparare quel mestiere "così importante che nessuno avrebbe fatto caso alla razza”. Nel 1987 Asma ha aperto una clinica ad Atlanta per persone senza assicurazione. Dopo la morte del fratello malato di Aids, di cui si era presa cura personalmente, aveva deciso di trasferirsi a New York, ma le cose non sono andate come previsto e si è fermata a Baltimora. Arrivata senza un lavoro e senza una casa, in meno di un anno ha fondato la "Healthy Solutions”, una clinica di quartiere per i poveri di tutte le religioni. È stato lì che ha capito la gravità del problema della violenza domestica e che si è accorta che le donne musulmane non avevano un posto dove andare. Assieme a un’amica operatrice sociale, e senza alcun finanziamento pubblico, ma grazie a donazioni private, nel 2005 ha aperto il rifugio di Baltimora, dove le donne hanno un luogo dove pregare e possono rispettare i precetti della cucina halal. L’idea di andare anche lei a vivere nel rifugio negli anni si è rivelata infelice perché per Asma voleva dire non staccare mai. Era da un po’ che pensava a come le sarebbe piaciuto poter avere un posto suo, soprattutto ora che la salute della madre si era aggravata. Per anni l’aveva trascurata sperando che capisse, ma ora anche la madre aveva bisogno di lei. Che fare? Una sera di marzo, Henna Javaid, una volontaria, le ha chiesto come stava, così, per la prima volta, Asma ha condiviso la sua stanchezza e il desiderio di avere un posto in cui poter prendere con sé la madre. Arrivata a casa, Henna ha acceso il computer e lanciato una campagna per raccogliere i soldi necessari per pagare l’affitto di un bilocale per un anno. L’obiettivo era 14.000 dollari, ne sono stati raccolti 59.000. La madre è vissuta ancora per poco tempo, lasciandola con un grande senso di colpa: "Mi chiamano la samaritana e invece sono stata una figlia terribile”, ha commentato.
(washingtonpost.com)
25 aprile 2013. Un imam diverso
Daayiee Abdullah è l’imam che guida la moschea riformata di Washington. È probabilmente l’unico leader musulmano dichiaratamente gay dell’emisfero occidentale; fa parte di una rete di musulmani progressisti. L’imam Abdullah celebra anche matrimoni tra persone dello stesso sesso, mantenendo la cerimonia sempre con un basso profilo. All’ultimo matrimonio è stato chiesto agli ospiti un blackout dei social network: niente Facebook, Twitter, o Instagram. Qui non si scherza: i parenti che vivono in Medio Oriente rischiano grosso se il matrimonio andasse in rete.
Ovviamente i detrattori non mancano, ma il suo ruolo è importantissimo per chi cerca di dar voce ai musulmani progressisti, come quelli "per i Valori Progressisti”, un gruppo fondato nel 2007 a Los Angeles, che permette anche alle donne di officiare i riti, accoglie le coppie miste e promuove un ritiro annuale per i musulmani Lgbt (lesbiche, gay, bisessuali e transgender).
La prima azione pubblica di Abdullah è stato celebrare il funerale di un omosessuale mediorientale, cittadino americano, morto di Aids a Washington. Nessun altro imam si era reso disponibile. Oggi Abdullah ha 59 anni, nonostante un ginocchio malandato gira in autobus per la costa orientale, tenendo lezioni nelle università (recentemente a Princeton) e accompagnando e consigliando i gay musulmani in crisi. Alla sua moschea va poca gente. Lo scorso anno ha avuto una forte crisi perché per settimane non si era presentato nessuno, poi però all’improvviso, una sera, mentre preparava il pasto dopo il digiuno del Ramadan, sono arrivate oltre trenta persone. Il problema è che chi la pensa come lui perlopiù ha lasciato la fede.
(washingtonpost.com)
26 aprile 2013. Tortura
La morte di un detenuto palestinese in circostanze controverse in una prigione israeliana ha risollevato il dibattito sulla responsabilità dei medici. L’Associazione dei medici israeliani ha negato il coinvolgimento di professionisti negli episodi di tortura o di abuso denunciati dalle associazioni per i diritti umani.
Arafat Jaradat, benzinaio, 30 anni e due figli, è stato arrestato lo scorso 18 febbraio per aver gettato pietre e molotov durante alcune manifestazioni nel West Bank. Degli oltre ottocentomila palestinesi detenuti a partire dal 1967, ne sono morti oltre duecento. Arafat è morto dopo alcuni giorni di interrogatorio da parte dello Shin Bet, il servizio di sicurezza israeliano. All’autopsia sono risultati segni evidenti di tortura. I funzionari israeliani hanno imputato le ossa rotte ai tentativi di rianimazione. Il patologo palestinese che ha assistito all’autopsia insiste che le ferite dicono ben altro. L’avvocato di Jaradat ha raccontato che il suo cliente un paio di giorni prima del decesso era terrorizzato all’idea di tornare nella stanza degli interrogatori e che l’obbligo a star seduto per tanto tempo gli provocava forti dolori alla schiena. Derek Summerfield, dell’Istituto di Psichiatria dell’Università di Londra, impegnato in una campagna per denunciare le responsabilità dei medici israeliani, ha chiesto che si facesse luce sulle circostanze in cui è morto Jaradat, dato che due giorni prima della morte era stato visto da un medico della prigione che l’aveva trovato in buona salute.
L’Associazione dei medici israeliani ha chiesto che la salute dei prigionieri sia demandata a un soggetto esterno per evitare il conflitto di interesse tra paziente e "sistema” quando si tratta di relazionare su episodi di sospetta tortura all’interno dell’esercito o delle prigioni. Avinoam Reches, del comitato etico dell’Associazione, ha spiegato che la questione è particolarmente grave perché in questi casi i "trattamenti” vengono fatti su persone che non hanno libertà di scelta. Intanto gruppi palestinesi e per i diritti umani hanno chiesto un’indagine indipendente sulla morte di Jaradat. ("The Lancet”)

Una Città n° 202 / 2013 Aprile
Articolo di Redazione
APPUNTI DI UN MESE
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EGREGIO SIGNOR LADRO...
Una Città n° 126 / 2005 Febbraio
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Stefano, Paolo, Elton, Giuma, Sandro, Alessandro, Elvis il più giovane, Claudio, Gianfranco, Marino, Andrea, uno dei soci fondatori, Nicola, Ilir, Graziano il vignettista sono nella redazione di Ristretti Orizzonti; Ornella Favero ne è la coordinatrice.Co...
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