Con il microscopio puntato sugli ultimi 10 anni
Un approccio abbastanza inconsueto, ma anch’esso non esaustivo, a questa tematica consiste nell’esaminare ciò che è avvenuto in Italia nel recente passato, al fine di individuare quale delle due "terapie” abbia dimostrato maggiore efficacia. Il nostro paese, però, non è un’unità omogenea dal punto di vista demografico, ma piuttosto un insieme di tante realtà differenti: consideriamo allora, con dati Istat, la dinamica del periodo compreso tra il 2001 e il 2009 nelle 103 province tradizionalmente esistenti (escludendo, per mancanza di dati, le quattro province rese operative nel 2005 e le tre rese operative nel 2009). L’indice di invecchiamento più consono all’obiettivo è apparso l’età media della popolazione1. Inoltre, per tenere conto della situazione di partenza dei vari fenomeni osservati e per rendere comparabili le loro differenti "unità di misura” (tassi di fecondità totale, incidenza degli stranieri sulla popolazione residente, ecc.), si è fatto riferimento alla variazione relativa di ogni indicatore usato. Come primo passo, si sono osservati singolarmente i tre processi demografici: età media, fecondità, saldo migratorio con l’estero. Le variazioni relative dell’età media nel periodo osservato contrappongono le province meridionali e sarde, con incrementi anche del 7%, a quelle centro-settentrionali, con valori pressoché stabili. Sul "fronte” delle nascite, le diminuzioni del tasso di fecondità totale sono state modeste, e concentrate in 13 province meridionali, e gli incrementi notevoli (fino al 50%, nel centro-nord). La dinamica dell’incidenza di stranieri ha mostrato invece una estrema eterogeneità territoriale: alcune regioni comprendono sia province tra le più vivaci nel richiamare stranieri, sia province tra le meno attrattive. Questo è il caso del Veneto (Vicenza "versus” Venezia e Rovigo) e della Sicilia (Palermo, Messina e Trapani "versus” Enna). Il secondo passo è consistito in un’analisi bivariata: che correlazione si può osservare tra l’invecchiamento, da una parte, e la bassa fecondità (o, in alternativa, l’immigrazione) dall’altra? Qui non sono emerse relazioni nette, anche a causa dell’azione di ulteriori fattori che hanno influito sulla struttura per età della popolazione.
Metodi complessi, "figurine semplici”
Come fare per individuare questi fattori e includerli nell’osservazione? La risposta sta nell’applicare un metodo di analisi un po’ più sofisticato (Acp, Analisi in Componenti Principali), in grado di considerare anche le altre variabili in gioco: la dinamica della sopravvivenza (in continuo incremento e più elevata per le donne), le migrazioni interne interprovinciali e interregionali (che portano popolazione nelle prime età attive dal sud al nord della penisola), la riproduttività degli stranieri (generalmente più elevata di quella degli autoctoni) e la struttura per età di questi ultimi (decisamente più giovane di quella dei residenti). In questo modo è stato possibile sintetizzare tutte le variabili in quattro componenti. Di queste, le due principali corrispondono rispettivamente: a) all’andamento della ...[continua]
Esegui il login per visualizzare il testo completo.
Se sei un abbonato online, clicca qui accedere, oppure vai alla pagina Abbonamenti per acquistare l'abbonamento online.
Gli abbonati alla rivista hanno diritto all'abbonamento online gratuito!