Con Adriano Sofri ci siamo incontrati in aereo, in viaggio da Mosca a Groznyj, all’inizio dell’anno scorso, quando ancora c’era la guerra. L’aereo era pieno, per ogni posto c’erano due persone, come si fa di solito in Russia. Durante il volo ci siamo conosciuti, abbiamo cominciato a parlare, e quando siamo arrivati a Groznyj io mi sono offerto di dargli una mano, gli ho proposto la mia casa perché non c’era un posto dove stare, niente alberghi, e... Beh, ho pensato che fosse meglio per lui stare con me, fargli vedere cosa stava succedendo nel paese in modo che lui potesse riferire all’opinione pubblica mondiale.
C’era la guerra ed era importante che lui riferisse quanto stava effettivamente accadendo nel territorio della Repubblica Cecena, la realtà. Cosa che poi Adriano ha fatto.
Da noi c’è una grande simpatia nei confronti degli italiani e, quando ho saputo che era italiano, mi è piaciuto. Così, abbiamo cominciato a viaggiare per il paese, siamo andati in montagna, dai combattenti, per le città, gli ho mostrato tutto, in modo che lui potesse vedere con i suoi occhi e non dovesse solo riferire racconti di altri. E Adriano ha rischiato la vita, è andato ovunque, nei villaggi, in montagna, sotto i bombardamenti. Si può anche dire che ci siamo ritrovati in battaglia, tutto intorno sparavano. Adriano ha dimostrato un grande coraggio personale in molte situazioni, a rischio della propria vita è andato ovunque e ha filmato tutto quello che ha visto. E questo da noi è molto apprezzato. Allora incontrò anche l’attuale vice-presidente Arsanov Vacha, che era comandante di una regione in montagna, lo ha ripreso, ha filmato i ragazzi della guardia del presidente Djokar Dudaev. Quando, in novembre, ci ha portato il filmato che aveva girato allora, il 90% di quei ragazzi era già morto, c’erano stati gli avvenimenti di agosto, la riconquista di Groznyj... Adriano ha conosciuto moltissima gente nei suoi viaggi in Cecenia, anche se il tempo è stato breve, almeno per noi.
Quando abbiamo saputo cosa gli è successo, cioè della sua condanna, l’impressione è stata grande. Anche Maskhadov, il nuovo presidente, che lo aveva conosciuto, Arsanov Vacha, Shamil Basaev, tutti hanno scritto lettere, hanno scritto al presidente italiano perché gli conceda la grazia. Anche i partiti, e tutti coloro che hanno conosciuto Adriano da vicino, stanno scrivendo lettere dello stesso tenore rivolgendosi all’opinione pubblica internazionale per chiedere la grazia per Adriano. In ogni caso, qualcosa vogliamo fare. Adesso i ragazzi hanno preparato una lettera che spediremo al più presto. Noi sappiamo che Adriano non è colpevole di questo omicidio, che lo hanno incastrato, che Adriano non può averlo fatto, perché noi lo conosciamo e crediamo in quello che dice. Io credo più in lui che in me stesso. E’ una brava persona, si vede, si sente subito: quando la gente parla con lui, diventa subito uno di noi. Ci ha raccontato questa storia e ci ha detto che non era stato lui. Noi lo avevamo invitato a restare, qui avrebbe avuto una casa, una vita normale, avrebbe potuto fermarsi a vivere qui tranquillamente, ma lui ha rifiutato dicendo che, visto che non era colpevole, non credeva che la giustizia potesse decidere a suo sfavore. E invece, guarda cos’è successo! Gli avevamo detto di restare con noi: se in Italia non hanno bisogno di una persona così, a noi invece serve. Ad Adriano auguro buona salute, la salute caucasica, che lo liberino presto e che possiamo incontrarci di nuovo in terra cecena. Molta gente qui sta preparando regali per lui e vogliamo darglieli.
Salavdin Abdurzakov