Nel sistema accentratore un’enorme massa di affari è sottratta alla competenza dei consigli locali e rovesciata a Roma, sì che il paese è schiavo della burocrazia e dei ministeri. Il governo federale, invece, affida agli uffici centrali le sole funzioni politiche di interesse nazionale, lasciando alle amministrazioni locali, più vicine agli interessati, tutta la direzione della vita locale. Al Parlamento centrale il Cattaneo riserva un «alto diritto di cassazione», vale a dire il diritto di modificare le locali deliberazioni per quello che le faccia contrastare con gli interessi nazionali. II sistema federale eviterebbe, inoltre, quel sacrificio degli interessi locali degli uni a quelli degli altri che avviene nell’assemblea nazionale unica. L’idea di decentrare l’amministrazione, nel senso di trasferire ad uffici governativi periferici le funzioni degli uffici governativi centrali, non piaceva al Cattaneo, poiché riteneva che questo sistema si ridurrebbe ad un semplice dislocamento della burocrazia centrale nelle provincie, in forma di «satrapie». Le regioni, i Comuni: ecco le basi del sistema federativo del Cattaneo. Le città sono per lui, come illustrava nel 1836, le «patrie locali», e chi «prescinde da questo amore delle patrie locali, seminerà sempre nell’arena». E sarebbe, a suo parere, un grave errore quello di «rimaneggiare» i Comuni per ingrandirli. Così scriveva a proposito, nel 1864: «E’ un errore che l’efficacia della vita comunale debba farsi maggiore colla incorporazione di più comuni in un solo, vale a dire, con una larga soppressione di codesti plessi nervei della vita vicinale. Nelle riviere dei mari e dei laghi e in molte e molte altre parti dell’Italia, vediamo floridi comuni di qualche centinaio di famiglie dedicate all’industria, alle arti belle, alle lontane navigazioni, attendere con egual cura a ingentilir il luogo nativo. Ma se il piccolo comune venisse incatenato a una maggioranza di rustici villaggi, dispersa per valli e selve, o popolata di braccianti vagabondi, quel geniale fermento rimarrebbe sopraffatto e oppresso.
«II piccolo comune ha diritto di continuare nel suo seno, quel modo d’essere che gli è proprio, benché non sia quello in cui possano consentire i suoi vicini. E anche a questi il vicino e libero esempio potrà giovare. Se un comune, provveduto già di strade e d’acque, venga per volontà non sua congiunto ad altro comune cui la natura e il caso non abbia egualmente favorito, poco si curerà di contribuire col suo danaro ad opere delle quali non avrebbe giovamento suo proprio. Quindi, fra i mali assortiti consorzi impotenza e discordia... Meglio vivere amici in dieci case, che vivere discordi in una sola. Dieci famiglie ben potrebbero farsi il brodo a un solo focolare; ma v’è nell’animo umano e negli affetti domestici quella cosa che non si appaga colla nuda aritmetica e col brodo».
Con l’idea delle autonomie amministrative fa sistema unico in Cattaneo l’idea della Nazione armata. L’esercito stanziale a tipo francese e piemontese (prima del ’70) coscriveva una parte minima della popolazione atta alle armi e la sottoponeva a lunghe ferme, sotto una gerarchia di militari di professione costituenti una casta chiusa. Tale ordinamento appare inadeguato al Cattaneo come strumento di difesa nazionale, poiché lascia inerti, in caso di guerra, enormi riserve umane e grava sul pubblico erario con gli stipendi degli ufficiali e con il mantenimento dei soldati. Gli eserciti stanziali, inoltre servono alla volontà dei governanti, che se ne giovano per opprimere i cittadini inermi». Nel 1844, parlando dei Comuni medioevali, il Nostro osservava che «il principio vero del risorgimento fu nel legitti ...[continua]
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