Carissima Valeria, cari familiari e amici di Alex, carissimo Alex lieber, lieber Alexander. Non vogliamo, non possiamo smettere di dialogare con te, parlarti, sentirti. Edi stamattina come prima cosa mi diceva: “Poteva rinascere in tanti modi se voleva”. Tu hai voluto rinascere così, con una morte disperata in un luogo ameno. I luoghi contano per te e conteranno per noi nella nostra ricerca, anch’essa disperata, di ascoltarti, di far sì che la tua voce non si allontani. In un piccolo saggio autobiografico di nemmeno dieci anni fa intitolato Minima Personalia, avevi descritto la tua vita come un accumularsi di tante diversità. E’ straordinario come in te queste diversità non siano mai diventate segno di distinzione e mai segno settario di riconoscimento, ma solo ricchezza multiforme.
Il tuo modo di essere sudtirolese, il tuo muoverti urbano tra le alte montagne, le tue radici e le tue infinite curiosità, il tuo vivere in due grandi culture, la tua onestà e capacità di riconoscere e di cogliere le spinte ideali di fedi e movimenti i più vari, tutto questo ha fatto di te il diverso più naturale che io abbia mai incontrato. Nel tuo saggio parli dei tuoi luoghi: Sterzing-Vipiteno-Bozen-Bolzano, il treno dei Fahrschuler tra le due città, e poi, oramai universitario, l’esperienza di Firenze della quale dici: “Non me ne pentirò mai”.
Altri luoghi si aggiungono in Germania e in Austria, farai l’insegnante a Roma e sarai di nuovo in Sudtirolo prima di entrare nella politica europea. Accanto a ogni luogo si moltiplicano i nomi delle persone e intorno a ogni nome gli incontri e gli scambi, perché questa era una tua qualità meravigliosa, quella di collegare tra di loro, come grandi costellazioni stellari, le persone e le idee più inaspettate.
Ci siamo conosciuti nella stagione in cui tutti quelli che facevano politica insieme erano fratelli. Poi tu hai continuato a fare la politica come mestiere nei suoi luoghi appropriati, ma sempre più appartati, a Strasburgo e a Bruxelles, sempre più difficili e disumani essi stessi, anche se tu ci sei andato, lì, per rendere più umani i rapporti tra gli uomini.
Qualche volta qualcuno di noi ha tentato di sottrarti almeno un po’ a questi impegni, ma tu hai tenuto duro, sei stato terribilmente pflichtbewubt, coscienzioso, curandoti degli altri.
E sei stato presente nei luoghi soprattutto della ex-Jugoslavia, tormentati dai massacri e dalla violenza.
Ti voglio ricordare come un uomo leggero, come l’Empedocle descritto da Holderlin, di piede leggero, attento di non essere un peso per la terra. Perfino la tua attrezzatura era leggera: una piccola borsa con gli occhiali e pochi effetti personali, con un computer e ultimamente anche un telefonino. Così arrivavi alle riunioni della Fiera delle Utopie Concrete, alle discussioni sui quattro elementi e sono sicuro che gli elementi ti sono amici, oggi, e ricevono bene chi era delicato con loro, pur viaggiando freneticamente.
Poi abbiamo saputo che indenne non eri rimasto e che sotto il tuo essere coscienzioso, comprensivo, trasparente e ricco di sfumature covava un vuoto sempre più terribile.
Il tuo ultimo gesto è un mistero al quale rapportarsi è estremamente difficile. So solo che ci vuole Ehrfurcht, che vuol dire profondo rispetto e timore. So solo che la tua morte indica come un lampo il vuoto tremendo sopra il quale camminiamo, fragili e feriti. Occorre che abbiamo cura di noi stessi e degli altri, che badiamo a noi, che ci trattiamo con delicatezza e affetto.
Lieber Alexander, in molti e in pochi, a distanza e da vicino, ti abbiamo voluto bene in mille modi.
Ciao Alex, ciao.
Peter Kammerer
(Saluto portato alla Badia Fiesolana).
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