Il sindaco di Genova Giuseppe Pericu lo aveva proclamato cittadino onorario della città nel 2002 (in coincidenza dell’anniversario dell’entrata in vigore della Corte Penale Internazionale) riconoscendogli meriti straordinari e come uomo politico -sotto la sua guida infatti fu varato nel 1989 il nuovo codice di procedura penale- e come protagonista della Resistenza. Non nascondeva di essere stato formato ai valori della democrazia da Mario Angeloni, zio materno, morto nel 1936 in Aragona per difendere gli ideali repubblicani. Al valoroso militante delle formazioni internazionali, a Barcellona, era stata anche intestata una strada nella Barriada de Gracia. Il nome all’avvento della democrazia fu cancellato, ma conservato nella torre della Valle de los Caidos nel sacrario di Saragozza che onora i caduti italiani in terra di Spagna da qualunque parte essi abbiano militato.
Dopo l’8 settembre 1943 era divenuto membro della giunta militare del Cln e nel gennaio del 1944 aveva organizzato con falsi documenti l’evasione di Pertini e Saragat dal carcere di Regina Coeli insieme ad altri cinque compagni. Fu una beffa terribile per i nazisti. Ci furono risvolti polemici e rimbrotti da parte di Pertini contro Nenni che si era preoccupato di liberare Saragat, uomo di studi e insofferente della prigione. Pare che Nenni avesse supplicato di liberare Saragat perché a suo dire “Pertini alla vita del carcere era abituato”. Pertini, saputo che Saragat era l’ostaggio preferito da liberare, stette qualche anno senza parlare a Nenni, e andava urlando: “Mi volevate far morire in carcere”. Vassalli era stato il coraggioso protagonista della fuga. Qualche tempo dopo i tedeschi riuscirono a catturare Vassalli. Picchiato a sangue, fu introdotto a Regina Coeli avvolto in una coperta per sottrarlo alla vista dei passanti. Fu torturato in via Tasso dalle SS capeggiate dal colonnello Kappler. Raccontava di essere stato costretto per molte settimane a mangiare il cibo nella scodella “come un cane”, avendo le mani legate dietro la schiena con il filo spinato. Quando rievocava questi episodi, lacrime copiose gli bagnavano il viso. Fu liberato per intercessione del papa Pio XII di cui il padre era consulente legale. Kappler, vedendolo uscire, gli gridò: “Ci rivedremo ancora, professore”. Si rividero, ma in una Italia liberata e certo Vassalli non chiese alcuna vendetta. Nella sua bella casa di Lungotevere dei Vallati, il compagno Vassalli, nel ricordo di quei tragici momenti, non nascondeva la commozione, le lacrime.
Militante socialista, aderì alla scissione socialdemocratica di palazzo Barberini, per poi rientrare nel Psi.
Percorrere le tappe della sua straordinaria biografia è impresa ardua, impossibile da richiudere nei brevi spazi di un articolo. Cinquemila le pagine dei suoi scritti, contributi ancora attuali sui temi del diritto sostanziale processuale. Dai principi fondamentali della teoria generale del reato, al diritto penale internazionale a quello umanitario, alla repressione di crimini di guerra, al suo ultimo straordinario lavoro La formula di Radbruch e il diritto penale (Giuffrè, 2001) nel quale aveva elaborato note sulla punizione dei “delitti di stato” nella Germania post-nazista e nella Germania post-comunista. In un volume che giudicava “opera della mia vecchiaia problematica e apparentemente difficile e noiosa, ma non più di tanto”.
Fu protagonista di processi penali di clamorosa notorietà, come quello sulla morte di Wilma Montesi, in difesa dell’imputato Piero Piccioni, poi assolto, e il processo Lockheed, nel quale venivano portati ...[continua]
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