Il romanzo, dice uno storico della letteratura francese, è una maniera di concepire l’uomo “alla ricerca della propria identità attraverso l’avventura della vita”.
“L’avventura della vita” è sinonimo di “occasioni quotidiane”, il seguito delle occasioni quotidiane significa la successione dei momenti nel tempo, e il fatto che l’uomo cerchi la propria identità nel tempo e attraverso il tempo significa che, quale che sia l’esito della ricerca (e può anche essere la rivelazione di un Dio trascendente), l’uomo è per cominciare concepito come un essere naturale, ossia tale quale appare momento per momento e giorno per giorno attraverso i casi della sua vita.
In questo consiste il “naturalismo” proprio del romanzo. Ma il naturalismo non è solo il metodo tipico del romanzo. Esso è anche, e soprattutto, la concezione della vita affermatasi in Europa a partire dalla rivolta contro il pensiero dogmatico e l’autorità teologale e monarchica per sboccare nell’abbandono del classicismo, e, finalmente, nel rifiuto di ogni tradizione. Naturalismo, in questo senso, è sinonimo di umanismo; e il romanzo dell’Ottocento è forse la creazione più tipica dell’umanismo.
Nel romanzo, infatti, fedeltà alla natura così come si offre immediatamente alla percezione esterna e a quella interna significa in sostanza convinzione che il vero destino dell’individuo e i confini propri della sua anima si manifestano nelle circostanze della sua esistenza in mezzo agli altri e attraverso il fascino del mondo sensibile. Anzi, la rilevazione dell’anima individuale nel romanzo fa tutt’uno con l’esperienza del godimento sensibile e, più profondamente, della gioia. La temerità briosa da cui sono mossi i personaggi di Stendhal -il loro “egotismo”- non è, in questo senso, molto lontana dal sentimento di pienezza che coglie i personaggi di Tolstoi quando scocca in loro la scintilla del contatto con la “vita vera”. La verità, nell’esperienza romanzesca come nella visione naturalista, fa tutt’uno con la gioia, e tutto ciò che contrista, opprime o reprime nell’individuo la gioia è falso e maligno. Nella gioia, nella felicità, nell’offrirsi generosamente alla vita sta il segreto dell’esistenza: lì, in quella pienezza sostanziale e attuale, sono la verità e il bene.     

Nicola Chiaromonte
Da “I confini dell’anima”, “Tempo Presente”, febbraio 1968

La tomba si trova al Cimitero Flaminio di Roma.