La liberazione della città di Genova il 25 aprile del 1945, con audacia e coraggio, aveva trovato attraverso impegno civile e solidarietà, le ragioni della fedeltà secolare a una tradizione di fierezza popolare e di amore per la libertà. Per sconfiggere gli occupanti nazisti e volare nelle praterie della pace e verso una nuova forma di società. Con questo spirito occorre analizzare questo itinerario che pretende di offrire alla comunità internazionale un’iniziativa di pace concreta e duratura .
La suggestione di una città che attraverso i secoli aveva saputo fondare le basi di una particolarità economica, sociale e culturale che dal Mediterraneo si era espansa con ampiezza di vedute e impegno ai confini del mondo.
Genova, unica città europea a liberarsi da sola senza l’intervento delle forze Alleate, costringendo l’esercito nazista comandato dal generale Meinhold ad arrendersi nelle mani di Remo Scappini, operaio esponente del Cln, nelle stanze della Villa Migone a San Fruttuoso, consegnava nelle mani delle future generazioni: diritti da rivendicare, soprusi da respingere, ingiustizie da rimuovere con la coscienza di dover agire giorno per giorno per la libertà di tutti, operare per una pace perpetua, secondo l’insegnamento del grande filosofo tedesco Immanuel Kant.
La Resistenza è stato un grande movimento storico da esaminare non con lo sguardo frettoloso della politica, ma con quello lungimirante della storia. La Resistenza si è svolta nell’alveo della guerra popolare europea contro il nazi-fascismo, inserendo l’Italia nel novero delle nazioni civili.
Gli italiani devono alla Resistenza il frutto migliore della nostra convivenza: la Carta Costituzionale nella quale i valori e gli ideali della nostra democrazia sono esaltati, per non essere mai spenti.
Richiamandoci al filosofo Norberto Bobbio, amico della città di Genova, nella quale ha celebrato negli anni Ottanta la festa del 25 aprile, dobbiamo sapere e ricordare che la storia è storia della libertà e il suo senso non può che essere nello sviluppo sempre più ampio della libertà, intesa soprattutto dal punto di vista morale. Ma il senso ultimo della storia è da ritrovare nella progressiva diminuzione delle disuguaglianze, nella rottura delle barriere tra le nazioni, nella formazione di un ordine internazionale della pace, nella solidarietà, nella fratellanza, anche perché le armi nucleari sono giunte troppo presto per essere fermate dalla rozzezza dei nostri costumi, per la superficialità dei nostri giudizi morali, per l’enormità delle ingiustizie di cui la maggior parte dell’umanità soffre non avendo altra scelta che la violenza o l’oppressione. Nella cultura della città si è sempre creduto nella fratellanza tra gli uomini. Così aveva insegnato Giuseppe Mazzini, così aveva agito Giuseppe Garibaldi. Lo spirito di solidarietà spingeva a pensare che con la fine della guerra, quello fosse l’inizio di una nuova età più felice. Si credeva nella possibilità che l’uomo si sentisse fratello con gli altri uomini. Come dimenticare che giusto un secolo fa partiva da Genova la nave Amilcare Cipriani che portava a Odessa, finita la Rivoluzione bolscevica, viveri, pane, medicinali? Nel secondo Dopoguerra le maestranze della città e del porto non hanno mai mancato di solidarizzare, sotto la bandiera della pace, con i popoli di tutti i continenti che si battessero per la loro indipendenza e per la lotta contro colonialismi di ogni genere.
Così i lunghi anni della dittatura fascista e la tragedia della Seconda guerra mondiale, a Genova si concludono con la firma della resa da parte del generale della Werhmacht Gunther Meinhold, come si diceva, nelle mani del presidente del comitato di liberazione nazionale (Cln) della Liguria, l’operaio Remo Scappini, reduce da molti anni di galera per la sua militanza nel Pci: unico atto di resa stipulato formalmente dalla Wermacht con un rappresentante delle forze partigiane in tutto lo scenario europeo. Nei giorni frenetici dell’avanzata degli Alleati a Genova non mancarono atti di eroismo. Il giovane Luciano Bolis, caduto nelle mani delle Ss, per timore che le torture gli avrebbero fatto tradire i compagni di lotta e la stessa organizzazione della Resistenza, si era reciso le corde vocali e con le mani aveva cercato di strapparsele. Dall’ospedale di San Martino gli amici lo aiutarono a fuggire, sottraendolo a più grave rappresaglia. Diventerà Bolis, a Bruxelles, segretario di Altiero Spinelli, autore insieme a Ernes ...[continua]

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