Lessi per la prima volta Gaetano Mosca quando preparavo all’università l’esame di sociologia, a metà anni Sessanta, nell’antologia che Charles Wright Mills, l’autore di Colletti bianchi, L’élite del potere e L’immaginazione sociologica, dedicò alla grande tradizione della sua disciplina, minacciata negli anni cinquanta dal tecnicismo e dall’accademismo. Sembrò una provocazione già il titolo scelto da Wright Mills per un’antologia di sociologi: Immagini dell’uomo. Evidentemente quella che nel sottotitolo veniva definita “La tradizione classica della sociologia”, pur trattandosi di una scienza relativamente nuova, era bene che non dimenticasse gli studi sull’uomo in cui si era impegnata per secoli e fin dall’antichità la cultura umanistica: storiografia, letteratura, filosofia morale e politica. Per questo la “modernizzazione scientifica” degli studi politici e sociali non doveva tradire motivazioni e tematiche del passato: non doveva dimenticare la centralità degli esseri umani e la riflessione generale sul loro destino, sulla libertà, la felicità, la giustizia.
Le pagine di Mosca antologizzate, circa quaranta, erano quelle dedicate a definire la classe politica o classe dirigente, tratte da Elementi di scienza politica, opera fondamentale pubblicata nel 1896 e poi nel 1923. Nel suo libro L’immaginazione sociologica, un’introduzione e un bilancio del proprio lavoro di ricerca, Wright Mills dedicò a Mosca alcune considerazioni sulle élite che esercitano il potere. La tesi di Mosca era che esistono da un lato “minoranze organizzate” che governano uomini e cose, mentre d’altra parte ci sono “maggioranze non organizzate” che vengono governate. Il punto discriminante è dunque la presenza o l’assenza di organizzazione. Ma questa dicotomia stabilita da Mosca non trascurava il fatto che la classe dirigente è a sua volta articolata al suo interno in due livelli: a) il gruppo più ristretto che al vertice fa politica e b) un gruppo che condivide le idee, i sentimenti, i valori del primo e ne sostiene l’azione politica. Per esempio, negli Stati Uniti, dice Wright Mills, “il potere riguarda più di una élite” e il loro rapporto reciproco dipende dalle decisioni che si prendono: “Per una élite, le altre élite appartengono alla categoria di ‘quelli che contano’. Fra élite si usa questo riconoscimento reciproco, per cui l’una conta per l’altra, l’una è importante per l’altra”. Insomma, rispetto alla divisione generale in due stabilita da Mosca, ciò che è avvenuto sempre di più, soprattutto nelle società più sviluppate e nel passaggio fra Ottocento e Novecento, è che nella società l’organizzazione si è allargata, è diffusa e stratificata, e la classe dirigente è più estesa, variegata e articolata che in passato.
Nato a Palermo nel 1858, scomparso a Roma nel 1941, per un terzo della sua vita Gaetano Mosca apparteneva all’Ottocento. Nonostante la sua erudizione storica straordinaria, che gli permetteva di ricavare esempi e informazioni dalle vicende più varie e remote nello spazio e nel tempo (Egitto, Mesopotamia, Grecia, Roma, Cina, India, America, oltre che dell’intera storia europea), Mosca veniva pur sempre da una tradizione di pensiero italiana che in lui oscillava fra la psicologia politica di Machiavelli e la psicologia sociale e morale di Manzoni.
Nelle pagine iniziali dei suoi Elementi di scienza politica, dedicate a questioni di metodo e di obiettività scientifica, Mosca parte dall’idea classica secondo cui i fenomeni sociali sono “l’effetto di tendenze psicologiche costanti, che determinano l’azione delle masse umane”. Ma poi il superamento dell’ottica classica comune a storici e filosofi (da Aristotele a Tacito, a Guicciardini) verso una più rigorosa metodologia delle scienze sociali, se ha portato alla più alta maturità scientifica dell’economia, ha prodotto anche un danno: “Infatti verso la fine del secolo decimottavo alcuni ingegni potenti hanno isolato i fenomeni riguardanti la produzione e la distribuzione della ricchezza dagli altri fenomeni sociali”. Si sono stabilite alcune “leggi e tendenze psicologiche costanti alle quali ubbidiscono” i fatti economici. Ma “l’isolamento dei fenomeni economici dagli altri rami delle scienze sociali, e specialmente l’uso invalso di considerarli come indipendenti dagli altri fenomeni che riguardano l’organizzazione dei poteri politici” ha reso discutibile la scientificità dell’economia. Perché possa progredire ulteriormente, la scienza economica, secondo Mosca, d ...[continua]

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