Tra le numerose iniziative editoriali fiorite attorno al centenario della nascita di Benito Mussolini, questa di ripubblicare l’ormai praticamente introvabile "Bolscevismo e Fascismo al lume della critica marxista. Benito Mussolini” di Torquato Nanni (apparso alla vigilia del delitto Matteotti per i tipi della Cappelli di Bologna) è, a mio avviso, una delle meno peregrine e più valide culturalmente.
La parte "storico-teorico-politica” del libro, specie se vista alla luce della biografia intellettuale e politica complessiva del Nanni ben tratteggiata nella loro introduzione dai curatori della presente ristampa, presenta infatti un valore documentario, certo marginale rispetto alle principali posizioni socialiste del tempo, ma non per questo privo di interesse per chi voglia veramente capire cosa era il socialismo italiano prima della guerra ‘14-18 e della rivoluzione russa, cosa fu dopo di esse e cosa significarono per esso la crisi interventista in genere e il "caso Mussolini” in particolare.
Dire che Torquato Nanni avesse la stoffa del teorico sarebbe un assurdo; non così invece, credo, dire che egli rappresenti un esempio non insignificante della perdurante influenza su ambienti socialisti tutt’altro che circoscritti di tutta una serie di suggestioni tipiche della tradizione risorgimentale e della sinistra postunitaria. Da qui l’interesse dei suoi scritti (e di questo in particolare) e della sua esperienza politica, i cui esiti indubbiamente furono atipici e contraddittori anche rispetto a quelli della maggioranza di quei socialisti sui quali tali suggestioni furono più vive, ma non più, a mio avviso, di quelli di quei socialisti che, invece, subirono la suggestione di altre, più vicine, esperienze storiche, e soprattutto di quella bolscevica, e tentarono -con altrettanto insuccesso di quello toccato al Nanni su tutt’altro versante- di far convivere prospettive e speranze tra loro inconciliabili. Sotto questo profilo, pur nella sua atipicità e marginalità rispetto alle tendenze prevalenti, "Bolscevismo e Fascismo” di Torquato Nanni è una suggestiva testimonianza della crisi del socialismo italiano postbellico e della inanità degli sforzi fatti per uscire da essa. Una testimonianza nella quale, per altro, non mancano anche osservazioni interessanti riguardanti sia il massimalismo sia le origini e il primo affermarsi del fascismo (alcune delle quali ancora valide) che aiutano a spiegare come alla sua apparizione questo libro suscitasse un diffuso interesse anche e soprattutto fuori dallo stretto campo socialista e incontrasse un muro di silenzio pressoché assoluto da parte fascista ciò nonostante gli stretti rapporti personali che a lungo vi erano stati tra Nanni e Mussolini. Così stretti che era stato proprio a Nanni che, alla fine del 1914, si era rivolto, per la Libreria della Voce, Giuseppe Prezzolini per avere quello che sarebbe stato il primo profilo biografico, sia pur appena sbozzato in meno di venti pagine, del futuro "duce”.
È, anzi, proprio in questi stretti rapporti personali che, specie dal 1909 al 1915, Torquato Nanni aveva avuto con Mussolini, che sta il secondo motivo di interesse di questo libro, tanto da farne ancor oggi una fonte preziosa per la conoscenza degli anni della milizia socialista romagnola e milanese, della formazione e del carattere dell’uomo di Predappio. Preziosa per la conoscenza diretta e profonda che di lui Nanni aveva, per la documentazione utilizzata (una serie di lettere scrittegli da Mussolini appunto tra il 1919 e il 1915), ma, direi, soprattutto perché, pur non condividendone più le posizioni politiche, lo stato d’animo di Nanni verso Mussolini era nel ‘23-24 ancora largamente caratterizzato da affetto e stima personali, che, per altro, non gli facevano sostanzialmente velo nel giudicarlo, sicché le sue pagine sfuggono ai pericolo contrapposti della esaltazione e della denigrazione aprioristiche e da esse l’"uomo” Mussolini viene fuori a tutto tondo, con le sue qualità, i suoi difetti, i suoi limiti caratteriali, ecc., come, tutto sommato, da nessun’altra opera coeva.
Indubbiamente, in tutto il modo con cui Torquato Nanni affronta la figura di Mussolini e tende a proiettarla nel futuro, avanzando alcune ipotesi-speranze che i fatti avrebbero smentito clamorosamente, vi è una fortissima dose di soggettività dovuta ai loro vecchi rapporti e all’idea che attraverso essi Nanni si era fatto dell’"uomo” Mussolini. Anche tenendo in tutto il debito conto ques ...[continua]

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