La copertina, che ritrae un pensionato greco di ritorno dal supermercato, è dedicata a tutti i greci che fanno fatica a tirare avanti.
-qui il sommario-
Sono stati infine firmati gli accordi sul nucleare con l’Iran. Ahmad Rafat, iraniano militante per i diritti umani, felicitandosene, perché anche poter vivere dignitosamente è un diritto, mette però in guardia sul rischio che la riapertura di questo grande mercato, così importante per l’Europa, non finisca per far calare l’attenzione sui tanti problemi interni che restano irrisolti, a partire dalle esecuzioni capitali, il cui numero, anche con il cambio di regime, continua ad aumentare. Rafat ci parla comunque di un paese dove soprattutto i giovani sono sempre più insofferenti di un regime reazionario e soffocante e hanno sempre meno paura di manifestarlo, come hanno fatto capire anche durante l’ultimo Ramadan.
Torniamo a parlare di scuola, questa volta a partire dallo stato di salute degli insegnanti e da ciò che in Francia si fa per accompagnare chi non riesce più ad andare davanti a una classe. Christophe Dhote, psichiatra della mutua della Pubblica istruzione francese, ci racconta di un curioso ospedale diurno dove gli insegnanti fanno terapia di gruppo, seguono corsi per riqualificarsi, ma soprattutto lavorano in una tipografia. Dhote ci parla anche di un ambiente, quello scolastico, dove si è forse mal interpretata la battaglia antiautoritaria, dove le aule professori oggi sono emblematicamente sempre vuote e gli insegnanti si sentono sempre più soli.
Nelle centrali, con le foto di Andrea Rizza e il diario di Fabio Levi, ricordiamo il genocidio di Srebrenica del luglio 1995 quando oltre ottomila uomini furono separati dalle donne e poi uccisi e sepolti in fosse comuni. Durante la cerimonia tenutasi lo scorso 11 luglio hanno ricevuto sepoltura altre 136 vittime dell’eccidio, riesumate da fosse comuni e identificate nel corso del 2014. Andranno a unirsi alle 6.241 tombe già tumulate nel memoriale di Potocari.
Gian Enrico Rusconi ci invita a ripensare il 1914: la Grande guerra non fu affatto un evento "assurdo”, irrazionale, una tragedia in cui gli attori si mossero come ignari "sonnambuli”, bensì la prima guerra in cui ci fu un grande investimento di razionalità, sia nelle strategie e tecnologie militari che nelle armi argomentative; Rusconi ci spiega inoltre perché ha senso parlare di "guerra tedesca” e perché il "fattore Italia” fu tutt'altro che irrilevante, sia nell’andamento che nell’esito della guerra.
All’alba del 16 ottobre 1943 una squadra di oltre trecento nazisti arrivati direttamente da Berlino e guidati dal capitano Dannecker rastrellarono il ghetto di Roma portando via oltre mille ebrei che vennero poi caricati sui treni piombati e mandati ad Auschwitz. L’80% di loro fu ammazzato il 23 ottobre, il giorno del loro arrivo, senza nemmeno ricevere il numero. Anna Foa ha ricostruito meticolosamente i tragitti degli abitanti di Portico d’Ottavia 13, restituendo loro i nomi e i luoghi, nella convinzione che per poter ricordare bisogna prima conoscere la storia.
"Disunita, respinta dagli altri continenti sui quali aveva a lungo dominato, arrestata sulle soglie dell’Asia dalla cortina di ferro comunista e dalla rivolta delle sue colonie, messa improvvisamente di fronte al pericolo di una decadenza definitiva e costretta a chiedersi se può avere ancora un peso nel mondo, l’Europa è in crisi”. Per il reprint, pubblichiamo un testo di Denis de Rougemont uscito su "Tempo Presente” nel 1956.
Editoriale del n. 223.
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Una Città n° 223 / 2015 giugno-luglio
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