Jochen Schmidt, marito di Vera, figlia di Lissi Lewin 
Cara Fondazione Alfred Lewin, cari amici, cara famiglia,
In adempimento al mio dovere e in ricordo di mia moglie Vera, scomparsa l’11 maggio, vorrei cogliere questa occasione speciale per ringraziare la Fondazione e tutti coloro che ne fanno parte.
L’obiettivo deve rimanere immutato: che in nessuna parte del mondo possa mai più verificarsi un simile massacro!
Lissi, fondatrice della Fondazione, e Vera, sua sostenitrice, sarebbero orgogliose e felici di vedere i loro nipoti qui oggi a Forlì in questo giorno di commemorazione.
Possa la Fondazione, in questo spirito, ricevere forza e fiducia per molti anni a venire. Grazie.

Julian Schmidt e Lukas Pagel, pronipoti di  Lissi Lewin 
Come pronipoti, per noi è molto importante che qualcuno si impegni a preservare la storia, a tramandarla e a lavorare con tanto entusiasmo e dedizione affinché queste cose non vengano dimenticate. È incredibile come, quando veniamo qui, ci sembri di incontrare dei membri della nostra famiglia: veniamo accolti a braccia aperte e con grande calore e ospitalità dalla Fondazione Alfred Lewin e dalla città. Per questo vogliamo esprimere la nostra gratitudine; è difficile trasmettere a parole ciò che questo significa per noi.

Andrea Morpurgo, pronipote di Gaddo Morpurgo
Buongiorno a tutti. È il terzo anno che la Fondazione Alfred Lewin organizza questo evento. Come familiare di uno degli uccisi durante la strage, Gaddo Morpurgo, l’unico italiano ebreo ucciso, voglio ancora ringraziare tutte le persone che hanno reso possibile questo momento, specialmente i ragazzi. Pur essendo questo il terzo anno, sono ancora più emozionato. Sono emozionato perché questa iniziativa, con quel che sta succedendo intorno a noi, ha un valore ancora maggiore. Se ho ricevuto una lezione dalla mia famiglia, era che le persecuzioni, le uccisioni che abbiamo subìto non riguardavano soltanto la mia famiglia o la mia “razza”, ma riguardavano tutti quanti, quindi più che mai ha senso essere qui oggi. Questo non è per me un momento retorico, è un momento politico e quindi proseguiamo così contro ogni tipo di fascismo e di razzismo. Grazie. 

Karen Pacht, nipote di Karl e Maria Rosenzweig
Sono un po’ emozionata, anche perché parlo in italiano, che non è la mia lingua, quindi scusatemi. Due anni fa eravamo qui, e di nuovo oggi sono qui con i miei fratelli e un nipote. Eravamo in questo stesso luogo, ed eravamo molto commossi alla lettura della lettera di mia nonna Maria Rosenzweig. In questi due anni avevamo pensato che mio padre non avesse mai visto questa lettera. Sembra invece che sì, l’aveva letta, ma è stato troppo difficile per lui... e noi non l’avevamo mai vista. La prima volta che abbiamo potuto leggerla è stata quando è stata pubblicata in “una città” e sul sito web dell'archivio Maggioli-Mazzoni. 
Quello che oggi vogliamo dire una volta di più è la gratitudine che portiamo al lavoro importante della Fondazione Lewin, di “una città” e dei tanti che fanno ricerche, che hanno portato alla luce quello che è successo, questo eccidio di tanti anni fa, e che onorano la memoria delle vittime, non soltanto degli ebrei, ma anche dei partigiani. Voglio anche esprimere riconoscenza per la presenza oggi dei nipoti della famiglia Brandinelli-Clementi, che vengono da Sant’Angelo in Vado, il villaggio dove Carlo e Maria, i miei nonni, hanno vissuto l’ultimo anno della loro vita. Mio padre ha mantenuto un contatto e dei legami molto stretti con questa famiglia. Personalmente sono molto contenta che abbiamo ristabilito il contatto e sono molto commossa di incontrarli per la prima volta oggi dopo cinquant’anni. 
Voglio ringraziare anche gli studenti per tutto quello che fanno per mantenere la memoria viva. Grazie. 

Anna Paola Moretti (Istituto di Storia Contemporanea della Provincia di Pesaro e Urbino)
Un saluto a tutti. Parlo a nome dell’Istituto di Storia Contemporanea della provincia di Pesaro Urbino, che quest’anno partecipa per la prima volta alla commemorazione delle vittime dell’aeroporto. Tra le donne uccise qui a Forlì ci sono infatti tre partigiane di Urbania, della provincia di Pesaro. Sono Rosa Piselli Tomasetti, vedova Vergari, che aveva 52 anni, e le sue figlie, Maria, di 34 anni, e Palma, di 29. Furono arrestate a fine agosto 1944, poco prima che i tedeschi lasciassero la città, perché avevano prestato cure infermieristiche ai partigiani. Come vittime dobbiamo loro la pietà che ...[continua]


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