Yaryna Grusha, autrice, traduttrice, insegna Lingua e letteratura ucraina alle Università di Milano e Bologna, fa parte del direttivo di Pen Ukraine. Ha curato la traduzione e pubblicazione del libro postumo della giornalista Victoria Amelina, Guardando le donne guardare la guerra. Diario di una scrittrice dal fronte ucraino, Guan­da, 2025.

Puoi raccontarci chi era era Victoria Amelina? 
Victoria Amelina era una scrittrice di pro­sa e anche una scrittrice per l’infanzia. Nel 2021 aveva fondato un festival letterario lungo la vecchia linea del fronte, in una cittadina dal nome singolare: N’ju-Jork, o New York. Un nome curioso, visto che siamo in Ucraina, ma autentico: la città fu infatti fondata nel XIX secolo da coloni di origine tedesca. Durante l’epoca sovietica, il suo nome fu cambiato in Novhorodske per cancellare ogni riferimento “occidentale”. Solo pochi anni fa, grazie alla legge sulla “decomunistizzazione”, la località ha riacquistato il suo nome storico, New York.
Già all’epoca Victoria aveva messo in evidenza i temi che voleva trattare con quell’iniziativa e tra quelli centrali c’era proprio la storia dell’Ucraina, una vicenda complessa che lei cercava di rileggere dal punto di vista della nostra generazione. Parlo della generazione nata a metà degli anni Ottanta, che ha sperimentato la vita sotto l’Unione sovietica e poi negli anni Novanta, dopo la sua caduta, ha subìto gli effetti di una forte crisi economica, seguita da una ripresa negli anni Duemila, e poi, dopo le due rivoluzioni del 2004 e 2014, dall’arrivo dell’invasione russa.
Già prima del 2022, Victoria Amelina veniva tradotta in Europa; era una scrittrice che conosceva molto bene l’inglese perché era vissuta per un po’ in Canada dove tuttora risiede suo padre. E però Victoria aveva scelto di tornare in Ucraina, di legare la sua vita, il suo futuro, al suo paese. Ho accennato all’inglese, perché è stato uno strumento importante, una chiave per collegare l’Ucraina al resto del mondo. Anche durante il periodo del Covid, Victoria si è adoperata per fare arrivare in Ucraina i medicinali necessari e poi, con l’arrivo dell’invasione su larga scala, la conoscenza della lingua l’ha aiutata a raccontare al pubblico internazionale l’aggressione russa.
Il libro stesso, che in Italia è uscito con il titolo Guardando le donne guardare la guerra, Victoria l’aveva scritto inizialmente in inglese, proprio per potersi rivolgere a un pubblico più vasto.
Victoria aveva un figlio, un marito, una madre e una famiglia allargata tra sorelle, zie, cani e gatti. Il suo bellissimo cane si chiama “Letteratura”.
Victoria, come lei stessa racconta nel libro, era in vacanza quando è iniziata l’invasione.
Premetto che il libro è l’ultima versione che Victoria aveva salvato e inoltrato a un editore. Lei l’aveva pensato come una raccolta di storie delle donne che, davanti all’invasione su larga scala, compiono delle scelte. Una di queste donne è lei, che racconta la trasformazione di una scrittrice, da un topo di biblioteca a un’investigatrice di crimini di guerra.
Tutti gli ucraini oggi ricordano cosa stavano facendo la mattina del 24 febbraio 2022. Ecco, Victoria in quel momento era in vacanza con il figlio in Egitto. Erano partiti con un volo da Lviv, Leopoli, la sua città natale, nell’ovest dell’Ucraina, a sessanta chilometri dal confine con la Polonia. Aveva lasciato il paese con una certa ansia perché c’erano già le truppe russe ammassate, le dichiarazioni di Putin e dei leader mondiali. Quindi c’era la preoccupazione, ma anche la speranza che non sarebbe successo niente. Quando invece l’invasione avviene, lo spazio aereo sopra l’Ucraina viene chiuso e Victoria, anche volendo, non può tornare a casa. Va dunque a Praga e poi, in treno, a Cracovia, dove lascia il figlio. Da là, in macchina, con alcuni amici polacchi, raggiunge la città di Kyiv. All’inizio di marzo fa evacuare la madre, la sorella, la nipotina, il suo cane e poi rientra. Torna in Ucraina per “servire” il suo paese. Quale può essere il suo posto in questa resistenza? All’inizio Victoria si impegna nello smistamento degli aiuti umanitari in un magazzino. Però fin da subito si interroga su cosa potrebbe fare di più, su come raccontare al mondo questa aggressione, ma soprattutto su come ottenere giustizia per le vittime.
Ad aprile del 2022, quando la Russia attacca la stazione centrale di Kramatorsk dove muoiono più di cinquanta civili, tra cui diversi bambini che stavano aspettando ...[continua]

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