Palomar pensando alla propria morte pensa già a quella degli ultimi sopravvissuti della specie umana o dei suoi derivati o eredi: sul globo terrestre devastato e deserto sbarcano gli esploratori d’un altro pianeta, decifrano le tracce registrate nei geroglifici delle piramidi e nelle schede perforate dei calcolatori elettronici; la memoria del genere umano rinasce dalle sue ceneri e si dissemina per le zone abitate dell’universo. E così di rinvio in rinvio si arriva al momento in cui sarà il tempo a logorarsi e ad estinguersi in un cielo vuoto, quando l’ultimo supporto materiale della memoria del vivere si sarà degradato in una vampa di calore, o avrà cristallizzato i suoi atomi nel gelo d’un ordine immobile.
«Se il tempo deve finire, lo si può descrivere, istante per istante -pensa Palomar- e ogni istante, a descriverlo, si dilata tanto che non se ne vede più la fine».Decide che si metterà a descrivere ogni istante della sua vita, e finché non li avrà descritti tutti non penserà più d’essere morto. In quel momento muore.
Italo Calvino
tratto da Come imparare a essere morto, in Palomar, 1983

Italo Calvino (Santiago de Las Vegas de La Habana,
15 ottobre 1923 - Siena, 19 settembre 1985).