La notte del 23 maggio 2013, Francesco Papafava, ben noto ai lettori di "Una Città” per le molte interviste fatte a personaggi di rilievo e per i suoi commenti su temi che l’appassionavano (dalla intricata situazione politica nel Kossovo ereditata dallo sfacelo jugoslavo negli anni 90, a quella, altrettanto intricata, arabo-israeliana), moriva nella sua casa all’Antella presso Firenze. Con lui abbiamo perduto un pubblicista appartato ma provvisto di tutti quegli strumenti culturali e umani che gli permettevano di dare ai suoi scritti, e quindi ai suoi lettori, informazioni originali, sobrie, vere. Egli non fu soltanto un articolista di "Una Città”, ma anche, per conto di ben note e reputate riviste, quali "La Nuova Antologia” e "Belfagor”, un recensore di opere storico-letterarie appena pubblicate che gli sembravano meritevoli di essere conosciute. Pubblicò poi anche saggi storici riguardanti la sua famiglia di origine utilizzando anche qui quella passione raziocinante e documentale che il lettore sentiva e apprezzava in tutti i suoi scritti. E che, essendo intrinseca al suo stile, ci permette di riflettere sul ruolo importantissimo che la sua storia personale certamente ebbe nel formarla. Come, allora, non iniziare subito a sondare aspetti della sua biografia che commenterò qui, in corso d’opera, soffermandomi soprattutto sui punti che caratterizzarono la sua vita e le sue scelte culturali?
Francesco Papafava era nato il 28 gennaio 1930 a Padova da famiglia nota e ricca di tradizioni, tra cui, importantissimo, il retaggio liberale (il padre Novello e il nonno Francesco furono personaggi significativi che si esposero personalmente quando si trattò di sostenere e difendere tesi liberali in economia e in politica). Si può dire pertanto che il giovane Francesco crebbe in un clima culturalmente elevato dove apprendeva vivendo, e questo può anche spiegare la sua riluttanza a seguire studi sistematici superiori che in effetti non furono mai completati. Anche se va ricordato un suo tentativo di esperienza universitaria, quando seguì, nei primi anni 50, corsi sui fondamenti della psicoanalisi che Cesare Musatti teneva all’Università di Milano (si noti che Novello, padre di Francesco, era coetaneo di Cesare Musatti e legato a lui da forte amicizia nata dal comune interesse per la psicoanalisi e dal loro profondo sentire antifascista). Si apprende anzi, da documenti epistolari, che Musatti suggeriva a Francesco di laurearsi in medicina per poi, da medico, specializzarsi in psicoanalisi, invito che allora Francesco non raccolse. In effetti, ottenuta la licenza liceale, Francesco cercava un’attività dove lo "studio” lasciasse spazio anche al "fare”, mirava insomma a non separare teoria e prassi, cultura e industria (in che modo fusi, era tutto da cercare o da inventare). E aveva capito che indicazioni in merito si potevano raccogliere soprattutto a Milano, allora grande centro di smistamento di idee e d’iniziative. Qui infatti, dalla nativa Padova, spostò il baricentro della sua residenza verso la metà degli anni 50. È indicativo che come primo passo per inoltrarsi in un’attività a lui idonea, egli scelse proprio l’editoria, costituendo con due amici una società. È vero, fu un tentativo di esordienti senza grandi sviluppi, che però evidenziava, già allora, quanto fosse per lui importante trasmettere cultura attraverso la pagina scritta. Un vero e proprio "imprinting”, come vedremo più avanti. Intanto va detto che questa prima uscita dal contesto famigliare per intraprendere una vita professionale in proprio, al di fuori dagli schemi domestici, fu determinata e attenta, anche se non priva di screzi con il padre.
Certo, egli fu fortunato in questa primo tentativo. Non perché riuscisse a pubblicare subito un libro di successo, ma perché trovò per il suo ufficetto una sistemazione logistica prossima agli uffici di due grandi commis dell’editoria: Erich Linder, agente letterario di grande reputazione internazionale, e Cocito Arborio Mella, noto per lo sterminato archivio di fotografie "storiche” e per gli stretti rapporti che aveva con detentori di archivi come il suo. Tutto ciò gli permetteva di soddisfare le richieste di molte case editrici. Insomma, Francesco ebbe la fortuna di avere a portata di mano due amici in grado di informarlo se qualcosa di suo interesse emergesse nell’ambito editoriale. Le circostanze lo premiarono. L’amico Cocito segnalò a Francesco un suo cliente specializzatosi nell’editoria d’art ...[continua]

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