Massimo Teodori, storico, americanista, parlamentare radicale per tre legislature, ha scritto numerosi saggi, fra cui Storia dei laici nell’Italia clericale e comunista (2008); Pannunzio. Dal "Mondo” al Partito radicale (2010); Complotto! (2014); Controstoria della Repubblica, Castelvecchi, 2019. Il libro di cui si parla è Il genio americano, Rubettino, 2020.

Partiamo dal titolo. Cos’è il genius americano?
Beh, il genio, nell’accezione di genius, evidentemente si riferisce al sottofondo culturale del sistema politico-istituzionale degli Stati Uniti, che nasce con la Costituzione dalla fine del 700 e che poi è andato  rafforzandosi nel corso dei secoli successivi. Mi riferisco ad alcuni istituti propri della Costituzione, in particolare: lo stato di diritto, il Rule of law e il Bill of rights, cioè la carta dei diritti, ripresa poi da tutte le costituzioni europee di carattere liberale. Questa carta è stata in seguito perfezionata con una serie di pratiche, tra cui quella principale è stata sicuramente l’abolizione della schiavitù, perché all’inizio, anche se non era esplicitamente menzionata, la schiavitù era sottintesa nel patto che diede vita alla costituzione americana nel 1790.
Quindi, per dirla in una parola, il genio americano è l’interpretazione riformatrice della liberal democrazia americana.
Concretamente, come tu descrivi nel libro, è un sistema in cui pesi e contrappesi convivono in modo molto stretto. Siamo abituati a pensare che il presidente americano sia un uomo potentissimo, ma in realtà i vincoli sono molto forti, in particolare in politica interna…
Sì, il punto è proprio questo. Vale a dire che il complesso sistema dei pesi e dei contrappesi, checks and balances, assicura, quando funziona (e molto spesso funziona), che non ci possano essere deviazioni di usurpazione del potere. È vero, il Presidente è potentissimo, però viene controllato dal Congresso e dalla Corte suprema se esce dalla Costituzione; a sua volta il presidente ha il potere di veto sulle leggi varate dal Congresso. Questo è il primo ordine di pesi e contrappesi: Presidente, Congresso, Corte suprema, che ricalcano poi la divisione dei poteri di Montesquieu. C’è poi un secondo ordine di pesi e contrappesi, quello tra governo federale e governi degli Stati.
L’esempio l’abbiamo avuto proprio in questo momento, quando alcune delle decisioni illiberali e tendenzialmente autoritarie di Trump sono state contestate e non applicate da alcuni governatori degli Stati. Abbiamo dei governatori democratici, come quello di New York e della California che non hanno applicato alcuni decreti riguardanti l’espulsione o l’emarginazione degli immigrati.
Ecco tutto questo configura quello che io chiamo il genio americano, che non esclude  ci possano essere (e ci sono state di continuo) delle politiche tendenzialmente autoritarie o illiberali, ma il sistema è riuscito sempre a recuperare grazie a questi pilastri fondamentali che sono stato di diritto, diritti individuali e pesi e contrappesi.
Una delle caratteristiche più originali della storia americana è l’aver tenuto insieme le diversità di ogni tipo. Ora però, anche rispetto alle pagine oscure di cui tu parli, forse è proprio su questo che vanno a incidere il nativismo, il populismo...
Tocchi un punto essenziale della singolarità del sistema americano. Il sistema federale americano va avanti da 230 anni. Fu messo in questione nel 1860 con la guerra civile, scoppiata per via di alcuni stati del sud che non volevano porre fine allo schiavismo. Per gli stati del sud, infatti, la schiavitù era un fatto strutturale; tutta l’economia del sud, a cominciare dalla Virginia, si fondava essenzialmente sulla schiavitù.
Basti pensare che i primi sei presidenti degli Stati Uniti, fra cui dei grandi come Washington e Jefferson, avevano centinaia di schiavi neri nei loro possedimenti. E Jefferson era il simbolo della libertà individuale. La guerra civile, che fu cruentissima, non dimentichiamolo, con un milione e passa di morti e un altro milione di invalidi su una popolazione di trenta milioni tra nord e sud,  impose con le armi il trauma dell’abolizione della schiavitù. Ma tutto è avvenuto nell’ambito del federalismo. Allora, noi siamo nel 2000, quasi tutti gli stati federali costituiti negli ultimi due secoli, con metodi diversi, sono crollati. È crollata l’Unione sovietica, è crollata la Yugoslavia, è in crisi la Spagna che non è un sistema federale, ma è alle prese con un forte confl ...[continua]

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