Una Città n° 149 / 2007

Harlem, New York

Federico Visi - Harlem, New York


Nel luglio del 2006 alcune decine di afro-americani del Consiglio degli inquilini di Harlem si sono recati davanti alla Fondazione di Bill Clinton al grido di “Bill go home”. L'accusa era di quelle pesanti. La scelta di Bill Clinton, nel 2001, di trasferire lì il suo quartier generale -tra l’altro per “solidarietà” con la comunità locale- ha avuto un imprevisto effetto-boomerang. Molti dei locali infatti hanno accolto molto male la coincidenza temporale tra il suo arrivo e il fatto che gli affitti e i prezzi delle case sono saliti alle stelle. Del resto anche il suo discorso d’insediamento nel nuovo quartiere, quel 30 luglio del 2001, era suonato pieno di nuove speranze, ma anche in qualche modo malaugurante: “Voglio assicurare che cercherò di essere un buon vicino di casa per Harlem. Sono felice che il valore delle proprietà immobiliari sia in crescita, ma non voglio che i piccoli commercianti siano costretti ad andarsene perché arrivo io”. La “gentrification”, la metamorfosi sociale ma anche urbanistica del quartiere nero di New York era in realtà iniziata da tempo. E la colpa, più che dell’ex presidente, è del boom immobiliare di Manhattan; i grandi costruttori stanno acquistando e ammodernando interi isolati cacciando di fatto gli inquilini, come accaduto al Delano Village, un complesso di 1800 alloggi proprio nelle vicinanze degli uffici di Clinton. Il cosiddetto “rifugio” del ceto medio nero di New York è ora la meta di giovani liberi professionisti, agenti di Borsa, imprenditori. In vista del loro arrivo, i negozi avevano già aumentato i prezzi, costringendo i più poveri a spostarsi nel Bronx per far la spesa. Per alcuni, tra cui il sindaco Bloomberg, la rinascita di Harlem è una rivincita sulla storia. Il suo declino era incominciato negli anni Cinquanta, con l’afflusso dei neri dal Profondo Sud e il progressivo allontanamento dei bianchi, man mano che Harlem acquistava la fama di un covo di criminalità e droga. Ora tra la 125a e 133a strada, da Broadway al fiume Hudson, è prevista la creazione di un Campus della Columbia University. Per realizzarlo verranno però rase al suolo tutte le autofficine, i laboratori e le case popolari della zona. Sono a rischio 1600 posti di lavoro, come pure un parco sorto di recente nella zona, dopo anni di lotte per averlo. Se si dovesse arrivare alle strette l’università potrebbe avvalersi della controversa legge sugli sfratti legali, detta anche “Rimozione dei Neri” perché usata per decenni dalle amministrazioni locali per confiscare proprietà private ed eliminare interi quartieri afro-americani in nome del “rinnovamento urbano”. In questi stessi giorni, dopo 50 anni di attività, sta chiudendo Copeland’s, storico locale che era sopravvissuto alle rivolte degli anni caldi -ma non alla gentrification. Il proprietario di quello che più che un ristorante era un’istituzione è molto amareggiato, ma rassegnato: le famiglie, sia bianche che nere, della middle class, che hanno iniziato a comprare e ristrutturare i bei palazzi dai mattoni scuri di Harlem non vanno pazze per il suo gustoso pollo fritto come i vecchi abitanti.