Vorrei cercare di indicare alcune delle ragioni che rendono ancora straordinariamente attuale il pensiero e l’esempio (cioè la sua scelta di vita) di Nicola Chiaromonte. Uno stile di vita che nei fatti, e con grande coerenza, rifiutava il feticismo del successo, il perseguimento del potere e della ricchezza. Privilegiava, al contrario, una comunità di uomini "legati da una solidarietà materiale spontanea, capaci di condurre vita semplice e modesta”. Chiaromonte era un esempio di quei destini in cui il dramma della storia e il dramma della persona si incontrano, quella che è stata descritta come "la contrazione del tempo storico nel tempo personale”.
In tutti i suoi scritti c’è la critica alla nostra età che pratica il divorzio fra etica e politica; il rifiuto dei totalitarismi che fu anche insieme critica alle radici autoritarie della civiltà contemporanea, a cui non faceva da velo la distinzione di campo tra capitalismo e socialismo; il rifiuto della "violenza efficace” perché produttrice di altra violenza e causa fondamentale dell’erosione dei diritti civili e umani; il rifiuto, infine, della nozione che l’idea (o l’utopia) sia pensata per realizzarsi. Tra le caratteristiche della sua personalità, una sensibilità religiosa, un senso grandioso dei destini umani, la credenza in una interdipendenza di ciascuno con il tutto, unica concezione filosofica e religiosa compatibile con la scienza moderna. Da ciò derivava anche il suo rispetto per la natura e il rifiuto di violentarla quasi per principio, in nome del nuovo, della conquista scientifica, dell’innovazione tecnologica, del progresso.
Fin dagli anni ’30 emergono i primi connotati della sua originale polemica antistoricistica, che è anche rifiuto della tradizione neo-idealistica italiana, di quella antifascista di Benedetto Croce come di quella fascista di Gentile. Nell’analisi sul fascismo e il nazismo Chiaromonte tende a risalire oltre gli eventi per cogliere quelli che gli paiono essere i motivi di fondo della crisi della civiltà europea. Di qui la riflessione sul fatto che "il fascismo è il morbo più grave, non il vero e serio problema del mondo contemporaneo: veri e seri problemi sono che cosa il mondo deve fare della tecnica, come bisogna organizzare la vita economica perché l’economia non diventi la tirannia della vita sociale; come far fronte, infine, all’inerzia sociale prodotta dall’avvento delle masse”. Una critica, questa, che riprenderà anche nel secondo dopoguerra, contro le radici autoritarie della civiltà contemporanea (meccanizzazione dell’esistenza collettiva; violenza tecnicamente organizzata; assolutezza della politica). Nell’Italia del secondo dopoguerra, in anni di conformismo culturale di destra e di sinistra, Chiaromonte riprese e sviluppò il tema dell’autonomia intellettuale con una polemica spietata, ma scevra di risvolti politici o ideologici, contro tutte le forme spurie di engagement, contro i silenzi, le reticenze e gli opportunismi utili ad aprirsi la strada all’integrazione nell’industria culturale, nel mondo universitario, ai successi editoriali.
E nel momento in cui con la cosiddetta guerra al terrorismo si assiste negli Stati Uniti, in Israele e in tante altre parti del mondo, a una sistematica erosione dei diritti umani e civili, la rivendicazione -condivisa da Chiaromonte- al diritto di disobbedienza è di grande rilevanza. Una rivendicazione sviluppata prima sulle pagine di "Politics” e poi di "Tempo presente”, del diritto e dovere di rifiutare un ordine che implichi manifestamente delle atrocità contro l’umanità. Senza l’introduzione e il riconoscimento negli ordinamenti giuridici dell’"obiezione di coscienza” e del diritto alla disobbedienza, gli stessi processi delle corti internazionali (si tratti di Norimberga per i casi degli alti ufficiali tedeschi coinvolti in crimini di guerra, o della Corte dell’Aja per le atrocità nella più recente guerra civile della ex Jugoslavia) appaiono più come episodi di vendetta che non di giustizia.
Mentre ancora si discute sul ruolo della Resistenza e dilaga tra gli storici (soprattutto in Italia) il confronto tra revisionisti e antirevisionisti, è di grande attualità la critica devastante condotta da Chiaromonte soprattutto nelle pagine di "Politics”, "Italia Libera” e "Controcorrente” sulla conduzione della seconda guerra mondiale e sulle responsabilità dei governi alleati e degli alti comandi militari, che avevano ignorato sistematicamente le aspirazioni dei popoli ...[continua]

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