Sulamit Schneider, insegnante in pensione, collaboratrice di Una città, vive tra Castrocaro e Parigi.

Eri alla manifestazione a Parigi...
Sì, mi sono trovata là per caso, non immaginavo di capitare...
A Parigi torno spesso, anche se ora i miei genitori non ci sono più. La manifestazione è stata un momento particolare, unico. Neanche nel ’68 c’era questa atmosfera e questo clima, la sensazione che gente di tutti i colori stesse insieme è stata unica. Poi se durerà, se farà figli, se non gioverà solo al presidente della repubblica non so dirlo, però è vero che c’è stato un momento di unione, di commozione di milioni di persone. Eravamo tutti pigiati pigiati, ma quando la folla non è ostile, è un’atmosfera particolare, non avevi mai paura, mai. La folla di per sé ha qualcosa di inquietante, lì per nulla; nella metropolitana c’è la stessa gente, anche se in numero inferiore, ma sei solo; lì no: si era insieme e questo è straordinario. Mi hanno colpito moltissimo questi saluti, i sorrisi, i baci ai Crs, la polizia antisommossa: loro tutti bardati tiravano su la visiera e sorridevano a faccia nuda, cosa che di solito non fanno mai… bellissimo! Mai vista una cosa così, mai. Impressionante. Ero quasi sgomenta, devo dire la verità, perché era una manifestazione diversa, non c’erano banderuole, non c’erano partiti, c’erano "Je suis Charlie”, poi c’era chi diceva je suis juif, je suis, je suis, je suis e je suis Charlie. Praticamente una rivendicazione di libertà e basta che ha accomunato veramente tutti. Ogni tanto applausi spontanei, che diventavano un’onda; qualcuno cominciava ad applaudire in questa folla che applaudiva, s’intonava una marsigliese, veramente indimenticabile. Non so se durerà. Questo è il vero problema.
Però è stato bello. Dopodiché tutte le domande restano, anzi diventano ancora più pressanti: sul perché e il percome e il limite delle libertà,perché "Charlie Hebdo” sì e Dieudonné no, se i musulmani devono in quanto musulmani separarsi dal movimento terrorista o no, cosa fare per le banlieue, eccetera. Però è stato impressionante, davvero.
A proposito di domande. Adesso si discute molto di offese e anche il papa è intervenuto, per alcuni molto a sproposito. Il gran rabbino di Francia ha detto che gli ebrei, di fronte a una blasfemia si girano dall’altra parte.
Beh, quello è l’atteggiamento normale degli ebrei, da sempre.
Torniamo alla manifestazione. Dicevi anche che ti sei sentita molto francese.
Ma sì, perché mi sentivo di essere al posto giusto al momento giusto, a casa mia… Abito lontano dalla Francia da tanti anni, ci torno spesso, però lì mi son sentita a casa. Sì, francese prima di tutto. Normale, credo, no?
Ma pensi che questo sia stato un sentimento anche di tanti ebrei francesi? Com’è stato recepito l’invito di Netanyahu? Lì cosa sta succedendo?
È successo che è arrivato dicendo: "Venite a casa, in Israele”, perché effettivamente, negli ultimi anni, c’è stata una grossa migrazione di ebrei francesi verso Israele.
E questo perché sono presi di mira di nuovo; loro sono abituati a raccogliere i segnali e c’è sempre chi va via appena c’è qualche avvisaglia. Quindi Netanyahu è arrivato dicendo: "Tornate a casa bambini”. Valls ha ribadito invece che "la Francia non sarebbe più la Francia senza i suoi ebrei”. Una frase storica, che gli ebrei francesi si ripeteranno a lungo. E tutto si è messo a posto diplomaticamente.
Ma questo sentimento che hai provato tu possono averlo provato altri ebrei?
Dipende, io non sono religiosa, non appartengo a una confessione particolare, non pratico; so che in questi ultimi anni le religioni hanno assunto maggior rilievo, ma io non ho più contatti con queste persone che praticano, che seguono la religione da molto più vicino; sono sempre stata una persona laica, la mia è un’appartenenza etnica, alla fine. Per via della discriminazione giustappunto, con un po’ di tradizione, certo.
Quindi non so dirti se gli ebrei credenti e praticanti oggi si sentano più francesi o più ebrei; bisognerebbe chiederlo a loro. Io forse mi sono sempre sentita più francese perché son nata e cresciuta lì. Non lo so. Immagino che non tutti quelli che se ne sono andati abbiano fatto una scelta esclusivamente di sopravvivenza, per così dire. Ci saranno certo anche scelte di vita, in armonia con il proprio credo. Non lo so. Io sono un’ebrea della vecchia generazione, quelli che si definiscono laici.
I tuoi cugini?
Uguale, siamo tutti della st ...[continua]

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