Beppe Manni, già prete operaio, ha insegnato italiano e latino in diversi istituti di Modena, dove vive.

Intanto ci spieghi cos’è il Villaggio artigiano di Modena.
Fu il primo villaggio artigiano d’Italia e nacque dall’idea che ebbe il sindaco di allora, Alfeo Corassori, che era il sindaco della Liberazione, di comprare un appezzamento di terra, 4-5 ettari di terra, da destinare a operai specializzati, licenziati dalla Fiat e dalle ferriere, al fine di metter su un laboratorio, nonché a piccoli artigiani che già lavoravano a un tornio e facevano roba anche per grandi fabbriche, specialmente la Fiat, ma erano accampati in ruderi del dopoguerra. Urbanizzò il terreno, lo divise in blocchi secondo le esigenze di ognuno per poi venderglieli a un prezzo politico bassissimo. E così una quarantina di artigiani, lavorando il sabato e la domenica, si costruirono la casa e l’officina in un’atmosfera da epopea da Far West. Nel senso che venivano, buttavano giù i fondamenti e costruivano loro stessi, con le poche risorse che avevano, la casa e poi, sotto, il laboratorio. Nel giro di 10 anni c’erano un centinaio di aziende radicate nel villaggio.
Quindi non erano solo operai licenziati, ma anche artigiani?
Sì anche artigiani, mettiamo cinquanta e cinquanta. Gli operai erano stati licenziati a causa delle lotte operaie che avevano sostenuto; un’operazione di allontanamento dalla fabbrica degli elementi più "facinorosi”, ma a cui, poi, padroni come Ferrari e Fiat avevano continuato a dar lavoro perché erano operai molto bravi.
I settori erano prevalentemente quelli della meccanica, quindi tornitura, allesatura; insomma, venivano lavorati dei pezzi meccanici per altre officine, soprattutto per la Fiat, la Moto Rossi riduttori e la Ferrari, che erano le fabbriche più grosse che avevamo qui nei dintorni.
Un altro settore abbastanza importante era quello della falegnameria; poi il settore tessile che tirava molto negli anni ‘50-’60, con le maglierie diffuse nelle case che poi davano alla fabbrica i pezzi da cucire insieme. Un’altra fabbrica importante è stata la Panini figurine, che si era installata qui a metà degli anni ‘50, poi la Coop Fonditori, divenuta grandissima, nata da un gruppo di fonditori riuniti in cooperativa, che poi assorbì i soci di un’altra cooperativa che stava fallendo (anche questa è una storia molto bella). La coop Tip, una cooperativa tipografica che poi è andata fuori perché si è allargata enormemente.
Infatti dopo quella prima fase, la seconda è stata quella dello spostamento di alcune fabbriche diventate grandi come anche la Salami, la Caprari, che hanno dovuto trovare altri luoghi in altri villaggi artigiani che, sull’esempio del primo, sorgevano attorno a Modena. Ne furono fatti circa sette in periferia di Modena e poi il modello fu copiato da molti paesi, come Formigine, Castelnuovo...
Il modulo era sempre quello, "casa e bottega”?
Sì, sotto l’officina e di sopra l’ambiente abitativo. Esattamente come l’antica bottega artigiana dove scendeva a lavorare tutta la famiglia. Al Villaggio artigiano la donna scendeva a lavorare ma tenendo dietro anche ai bambini, e pure all’orto quando c’era. Perché al villaggio il verde era poco, ma l’orticello l’avevano, due galline anche.
Però il villaggio già segnava una grande differenza rispetto al periodo del fabbro, del tornitore, dell’artigiano di una volta: lì c’era una cooperazione molto forte fra tutti. Nell’epoca eroica della nascita del villaggio si conoscevano tutti e non solo collaboravano tra loro perché erano complementari (lì c’era chi faceva la tornitura, chi l’allesatura, chi gli ingranaggi, chi il saldatore), ma proprio si aiutavano scambiandosi le tecniche, passando all’altro un pezzo che uno non riusciva a fare. Ovviamente questa collaborazione era facilitata dal fatto che in quel periodo c’era molta richiesta di lavoro e quindi non c’era conflittualità per rubarsi i clienti.
Il distretto della meccanica modenese è famoso nel mondo. Quanto ha contribuito il villaggio?
Beh, il villaggio è stato molto importante anche perché poi ne sono seguiti altri. Ci sono officine meccaniche ovunque e molte di queste sono nate al Villaggio artigiano di Modena. Il Villaggio artigiano ha formato proprio delle grandi maestranze. E sul suo modello, come dicevo, sono nati altri villaggi artigiani. A Modena abbiamo meccanica grossolana che costruisce trattori, ma abbiamo anche la meccanica di precisione, a Spilamberto e Cast ...[continua]

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