Marc Lazar, storico e sociologo, insegna Storia e Sociologia politica a Sciences Po (Parigi) e alla Luiss-Guido Carli di Roma. Recentemente ha pubblicato L’Italia sul filo del rasoio. La democrazia nel paese di Berlusconi, Rizzoli 2009.

Da tempo si occupa del cosiddetto "berlusconismo”. Come possiamo inquadrare questo fenomeno?
La prima cosa da dire è che si tratta di un fenomeno politico complessivo e in quanto tale non è legato esclusivamente ad una persona, sebbene importante, della scena politica italiana. Tutte le analisi che hanno cercato di ridurlo ad un unico elemento, cioè la persona, la telecrazia, il populismo, hanno mancato l’obiettivo. Parliamo poi di un fenomeno politico e culturale che dura da quindici anni. Secondo elemento: non si può capire nulla di questo fenomeno senza considerare un fatto storico fondamentale e che spesso gli italiani sembrano dimenticare: nessun paese dell’Europa occidentale (diverso è il caso dei paesi provenienti da sistemi comunisti recentemente entrati nell’Unione Europea) ha conosciuto una crisi simile a quella avutasi in Italia negli anni ’90, con il crollo dei partiti della prima Repubblica. L’unico esempio che mi viene in mente potrebbe essere (con le dovute distinzioni) la crisi del 1958 in Francia e la nascita della quinta Repubblica francese.
Premesso questo, Berlusconi segna sicuramente un momento importante nella storia della Repubblica italiana. Quando si faranno libri di storia, e già se ne fanno, il "momento Berlusconi” sarà considerato cruciale: un chiaro momento di rottura. Innanzitutto, perché si tratta di un personaggio che non viene dal mondo della politica -anche se vi era indirettamente legato come imprenditore. Poi, perché ha fatto una rivoluzione nella comunicazione politica (agevolata dal suo controllo delle reti televisive e delle case editrici) provocando una rottura anche nel linguaggio politico. Mi riferisco alla sua capacità di parlare con la gente comune, di raccontare barzellette, di fare battute, di promuovere un linguaggio che rompe con il politichese degli anni della Dc e del Pci. Inoltre rappresenta una rottura perché ha creato un partito personale, completamente legato alla sua persona. E poi ci sono i suoi argomenti, in particolare il liberismo e la modernizzazione (per quanto in realtà non abbiano avuto il seguito atteso). Infine, rappresenta una rottura a causa del conflitto di interessi che si porta dietro, che è l’anomalia italiana per eccellenza, anche se io non sono sempre d’accordo con l’uso di questo termine.
Questi elementi possono costituire un pericolo per la democrazia, come molti denunciano?
L’idea di una società anestetizzata dalla televisione e da Berlusconi non mi convince affatto.
So bene che tra molti italiani e soprattutto all’estero c’è l’idea che l’Italia viva un pericolo democratico. Sicuramente la democrazia italiana è tendenzialmente fragile per via di alcune debolezze strutturali tradizionali. E’ vero anche che stiamo assistendo a un’ascesa della cosiddetta democrazia dell’opinione pubblica, che porta con sé una critica permanente delle élite, un forte decisionismo desideroso di aggirare le istituzioni, una diffusa antipolitica, una disaffezione evidenziatasi anche nel crescente astensionismo. Questi sono tutti elementi reali.
Se però facciamo una valutazione più complessiva dobbiamo riconoscere che esiste una Carta costituzionale, esiste una Presidenza della Repubblica molto rispettata indipendentemente da chi è il Presidente, c’è una Corte costituzionale che svolge il proprio ruolo.
Insomma la democrazia liberale rappresentativa resta vivace, nonostante la sfida portata avanti da Berlusconi. Basti pensare al modo in cui Fini, il Presidente della Camera, ha ripreso Berlusconi dopo le sue dichiarazioni sulla riduzione dei parlamentari. Berlusconi, per quanto si presenti come uomo di rottura, homo novus della politica, è pertanto un uomo costretto alla mediazione, con le istituzioni, con gli alleati e, a volte, all’interno del suo stesso partito.
Contrariamente a quello che si dice in Italia e soprattutto all’estero, quest’uomo non è l’Arturo Ui di Brecht, l’irresistibile ascesa è una resistibile ascesa. Lo dimostra il fatto che ha perso due volte le elezioni, ed anche oggi, pur avendo vinto con ampio margine le elezioni del 2008, continua a pagare il conto alla Lega. Aggiungo che adesso è anche indebolito da tutte le rivelazioni sulla sua vita privata che urtano la parte tradizio ...[continua]

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