Una destra che guarda la tv e una sinistra che legge i giornali. Ci può essere qualcosa di vero?
Penso che la divisione fra chi legge e chi guarda la televisione possa diventare una potenziale linea di divisione, la domanda è interessante, ma non abbiamo abbastanza risultati di sociologia elettorale o politica per rispondere. Mi sembra una domanda del futuro. D’altra parte è vero che in Italia c’è stata una correlazione fra chi guarda le reti Fininvest e quelli che hanno votato per Forza Italia. Questa è stata una novità nel panorama politico, anche se dobbiamo fare molta attenzione al tipo di indicazione che ne deduciamo. Io sono stato molto colpito dal fatto che le diverse indagini fatte -penso a quelle del Censis, dell’Eurispes- dimostrano che in Italia si guarda la televisione più che in altre parti d’Europa e, in secondo luogo, che la Fininvest ha successo grazie alle trasmissioni di divertimento. In realtà i telespettatori italiani guardano le trasmissioni di varietà sulla Fininvest e le trasmissioni d’informazione sulla Rai. Quindi non si può dire, con un’idea molto meccanica, che la gente vota per Forza Italia perché Berlusconi manipola l’informazione. In ­realtà la grande forza di Berlusconi è stata quella di sfruttare il rapporto degli italiani con le trasmissioni di varietà e di divertimento per creare ed offrire una forma di rappresentazione, di identità collettiva, di valori, in una società che ne sentiva il bisogno.
La grande lezione italiana per me è proprio questa: la gente in politica non ha bisogno solo di programmi, di proposte, c’è anche la voglia di trovare forme di identità collettiva. Berlusconi ne offriva una, anche se molto fragile, anche se superficiale. Questa in sociologia è un’idea di Pizzorno: la politica non è solo una scelta razionale in funzione di interessi, ma anche di ricerca, di domanda di identità, di riferimenti. Il che rende tutto più complesso.
Così, quindi, mi spiego parte del successo di Berlusconi. Su tutti i canali che ho potuto guardare c’è una forma di mix che mi sembra riflettere la società italiana di oggi. Mike Bongiorno quando fa La ruota della fortuna parla spesso del lavoro: "Lei che lavoro fa? Sì, si deve lavorare”. C’è un continuo riferimento all’idea che nella vita si può riuscire grazie al lavoro ben fatto e per la quale voi avete questa espressione: "professionista”. È l’idea del farsi da soli, con le proprie mani, un’idea del Nord, e del Centro anche, che Berlusconi è riuscito a incarnare molto bene: "Sono un uomo molto impegnato nel mio lavoro, per conto mio”. E non importa poi se non è vero, se ha approfittato di Craxi, del suo sistema politico; è riuscito a presentarsi così. Tutto ciò, del resto, corrisponde a un’enorme evoluzione della società italiana che voi non vedete più, perché ci siete dentro, ma che per un francese risulta incredibile: l’Italia, dopo la seconda guerra mondiale, era un piccolo paese meno industrializzato -lo dico sempre agli studenti- della Polonia. Adesso è la quinta, sesta potenza industriale. L’Italia ha fatto in 40 anni il percorso che la Francia ha compiuto in 150 anni. Una tale trasformazione è stata fatta con gente che si è impegnata molto, con uomini fatti da sé, un po’ all’americana. E poi, insieme all’esaltazione del lavoro c’è quella della famiglia, un valore quasi sacro, che, però, nello stesso tempo, si accompagna all’esaltazione di valori esattamente opposti: godere della vita, in tutti i sensi, dei soldi, delle donne o del sesso. Di nuovo, le reti Fininvest con i seni nudi. È uno strano mix fra una visione austera, un po’ calvinista, del lavoro e della famiglia e una visione spregiudicata del godere e del sogno del potere. Ecco allora "Forza Italia”, "andare in avanti”, ecc. Tutto questo, oltre a riflettere l’evoluzione italiana, ha contribuito a plasmare la nuova società italiana, soprattutto quando le altre grandi identità culturali e politiche, la cattolica e la comunista, cominciavano a crollare. Berlusconi è riuscito a sfruttare il momento per dare una dimensione politica all’evoluzione che stava avvenendo.
Naturalmente il fatto che la gente legga meno e guardi molto la televisione rende il tutto più facile. In "Le Monde des Livres” di qualche settimana fa, c’era un’inchiesta sulla lettura in Germania, Francia e Italia dove si vedeva che l’Italia è molto indietro rispetto alla Francia e alla Germania, riguardo innanzitutto ai giovani.
Ora, in questa situazione, sarebbe un errore ...[continua]

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