Credo che questi siano tempi in cui le persone accorte capiranno, se già non l’hanno fatto, quanto grande sia il valore della cura della memoria così tipico degli ebrei.
La  disponibilità o, meglio, la vocazione alla memoria, non è solo degli ebrei. Direi che il ragionamento si può estendere a tutte le minoranze. Chi si trova in una situazione minoritaria, in generale, ha delle antenne particolari, capta i segnali di pericolo o il disagio di una società con un certo anticipo rispetto al resto della popolazione. Ho dei ricordi infantili sulle leggi razziali, che erano poi leggi razziste e fasciste dirette soprattutto contro di noi. Ricordo l’indifferenza con cui, intorno a noi, furono accolte. Noi avevamo un inconscio collettivo che fu risvegliato da queste leggi per cui le collegammo immediatamente alle conseguenze inevitabili cui si sarebbe giunti. Mentre invece gli italiani si sono svegliati, nel bene e nel male, quando hanno visto le conseguenze di queste leggi, cioè tre anni dopo. Allora hanno reagito: o con l’indifferenza e il male attivo o con il bene attivo. Questa è la condizione delle minoranze. Una condizione scomoda, ma necessaria, perchè è la cartina di tornasole che rivela il grado di disagio e di malattia di una società. E quindi c’è una vocazione alla memoria, perchè appunto un male inflitto evoca i mali precedenti inflitti anche ad altre minoranze.
In Europa gli ebrei sono stati per secoli la minoranza per antonomasia. In un continente cristianamente omogeneo e bianco l’ebreo era il diverso.
Abbiamo creduto per molto tempo -noi laici, progressisti, di sinistra- che la questione dell’antisemitismo fosse un problema risolto, chiuso. Oggi, drammaticamente, ci stiamo accorgendo che non esistono problemi risolti per sempre dalla storia. Lo vediamo con altre questioni che credevamo chiuse perchè legate all’avvento della borghesia nell’ 800 -le nazionalità, le etnie- e che invece riemergono. Lo stesso sta accadendo con l’antisemitismo e quell’attenzione che gli ebrei hanno sempre avuto e che a volte a qualcuno poteva apparire eccessiva, si sta dimostrando, drammaticamente, più che motivata.
Credo sia utile ricordare da quali radici trae la sua linfa l’antisemitismo. La prima radice è quella cristiana. Sarebbe troppo lungo qui ripetere la storia del rapporto fra ebrei e cristiani, ma non c’è dubbio che il pur trionfante cristianesimo aveva bisogno di mantenere una testimonianza e la sopravvivenza ebraica poteva servire a dimostrare l’autenticità delle radici. Ma allo stesso tempo, essendo gli ebrei coloro che avevano rifiutato l’immagine di Gesù come Messia, andavano emarginati e puniti. Si spiegano così, nel popolo cristiano, quest’avversione/attrazione per gli ebrei , la perenne umiliazione in cui andavano tenuti, la nascita dei ghetti, i mestieri infamanti cui erano obbligati (prestito del denaro, commercio degli stracci). Ad un certo punto gli ebrei diventavano come loro li volevano: dediti al prestito del denaro ed emarginati.
C’è dunque quest’immagine dell’ebreo deicida ed abbietto che si è perpetrata nei secoli e che la Chiesa ha lasciato prosperare fino a quando Jules Isac andò da Giovanni XXIII e gli dimostrò quali erano state le conseguenze dell’accusa di deicidio. Da allora la chiesa ha preso coscienza e il Concilio Ecumenico fu anche il risultato dell’incontro fra lo scampato dei campi di sterminio e il Papa. La chiesa stessa sentì il bisogno di emendarsi. Il documento “Nostra aetate” è la presa di coscienza di queste cose. Il guaio è che se il documento è buono, tuttavia non è sufficiente,  come dimostra l’inchiesta dell’associazione per l’amicizia ebraico cristiana di Roma, secondo la quale l’80 per cento delle suore non ha mai sentito parlare di quel documento e le percentuali dei preti e degli insegnanti di religione non sono molto migliori.
Una seconda radice è l’antisemitismo ottocentesco, cioè il razzismo vero e proprio, su presunte basi biologiche. E naturalmente non mette conto perdere tempo dietro simili farneticazioni.
Una terza radice è l’antisionismo della sinistra, che ha finito col produrre antisemitismo perchè la linea di divisione fra antisemitismo e antisionismo è estremamente labile. Mi son sentita dire spesso: “Voi israeliani”, oppure “lo stato israelita”. Insomma la confusione è tanta. E purtroppo l’antisemitismo prospera nell’ignoranza. La cosa necessaria, e per cui ancora oggi mi sto battendo, è informare su chi sono gli ebrei.
Infine, l’antisemit ...[continua]

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