Nell’intervista del numero scorso, Piero Rinaldi dice che non si può negare il coinvolgimento quando si assiste a una corrida, e che anche persone all’inizio contrarie sono rimaste poi affa­scinate.
Ma è chiaro che vedere uno spettacolo sanguinario, dove c’è una vittima che non ha possibilità di scampo tocca delle corde profonde in ognuno di noi, però non è neanche vero che le reazioni siano uguali. Io conosco turisti italiani che hanno avuto reazioni diverse: una persona è svenuta durante una corrida, un’altra mi diceva di aver vomitato, altri erano disperati per il fatto che non potevano uscire dall’arena: fino all’anno scorso c’erano dei regolamenti che non lo permettevano.
Poi non voglio negare l’esistenza di pulsioni irrazionali, né negare che ognuno di noi possa subire il fascino, a volte, per la violenza, per il sangue, per la morte... però sono pulsioni che vanno riconosciute e superate, non vanno certa­mente accettate tranquillamente e addirittura enfatizzate, farne pratiche comunemente accettate. Perché allora po­tremmo, per assurdo, anche accettare lo stupro, perché anche lo stupro muove qualcosa di profondo dentro di noi, non solo nello stupratore, ma anche nella persona stuprata. Però da qui a legalizzare lo stupro con la scusa che crea dei le­gami profondi tra vittima e carnefice, ce ne corre.
E poi oltre a pulsioni sadiche, c’è anche la capacità di identificarsi veramente con tutti gli altri, non solo con quello che trae piacere da una cosa, ma anche con chi ne trae dolore.
Questa cosa l’ho sentita veramente quando sono stata a Coria dove ho assistito a due encierri. Che non sono come quelli di Pamplona descritti da Rinaldi, sono molto cruenti e sconvolgenti. Quando ho visto una freccetta lanciata da una delle tantissime cerbottane conficcarsi sul labbro supe­riore del toro, io ho sentito una fitta dolorosa al cuore. E’ stata una sensazione molto profonda, ho pensato: ma come, io devo stare qui spettatrice passiva di questo orrore senza fare niente? E’ stato più forte di me: sono scesa nell’arena e ho cominciate a gridare in spagnolo: “uccidete me, non il toro!” Mi guardavano come si guarda un pazzo, erano estere­fatti e mi guardavano un po’ imbarazzati con un risolino come si guarda una persona fuori di testa che ti avvicina per strada facendo discorsi senza senso. Non ho provocato altre reazioni e mi sono sentita molto impotente. Però per me è stato importante.
Un’altra cosa che mi ha colpito dell’intervista di Rinaldi è questa difesa delle tradizioni, anche se crudeli...
Rinaldi teme che l’abolizione della corrida, come l’abolizione della caccia alla volpe in Inghilterra, porti a una omolo­gazione e a una normalizzazione. A me sembra veramente pazzesco ma anche un po’ ingenuo pensare di difendere le diversità mantenendo quattro spettacoli sadici. Cioè le cose peggiori. E senza dire poi che le corride estive sono in re­altà ad uso e consumo dei turisti. Rispetto al discorso dell’omologazione che facevamo prima mi chiedo che senso ab­bia un’usanza barbara e sanguinaria che viene mantenuta in un paese perché è diventata spettacolo turistico.
E’ un’aberrazione come andare a vedere gli indigeni in qualche posto che fanno qualche strano esercizio che ormai non ha più a che fare con la loro cultura ma è diventato solamente un modo per divertire i turisti. Sono due facce della stessa medaglia. Il folklore non è più tradizione. Da noi ci fa pena vedere questi spettacoli dei paesi dove certe tradizioni sono state trasformate solamente a spettacolino pro-turista, poi invece quando si tratta della Spagna non ci rendiamo più conto che è un fatto assolutamente consumistico che un italiano vada in Spagna, paghi un biglietto per vedere la tortura di un animale.
Comunque mi rendo conto che il problema del rispetto delle tradizioni esiste, ma è delicato perché ci sono tradizioni che comportano violenze e lesioni gravissime su persone e su altri esseri viventi. In questi casi io penso che vadano superate e che non si debbano avere remore.. Perché allora potremmo anche tornare ai sacrifici umani o ripristinare le lotte dei gladiatori nelle arene...  
O pensa all’infibulazione. L’infibulazione sembra che coinvolga circa 70 milioni di donne in tutto il mondo, quindi è una forte tradizione di intere popolazioni. Ma io sono iscritta a un’associazione che combatte l’infibulazione perché è una vera mutilazione sessuale assolutamente non paragonabile alla circoncisione per i maschi. Si tratt ...[continua]

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