La tristissima notizia della morte improvvisa di Luigi Bobbio, nella notte tra l’8 e il 9 ottobre nella sua Torino, ha lasciato sconcertato e profondamente addolorato me e i tanti suoi amici e antichi "compagni” del Movimento studentesco del ’68 e poi di Lotta continua negli anni Settanta, oltre che gli amici e colleghi del suo successivo percorso di studioso e di docente universitario di Scienza politica.
Quando ieri mattina mi è giunta l’annuncio della sua morte con un messaggio di un comune amico, lo storico torinese Giovanni De Luna (che con lui aveva fatto parte sia del movimento del ’68 a Palazzo Campana, sia di Lotta continua, oltre che essere stato suo collega all’Università di Torino), stavo lavorando, come da alcuni mesi a questa parte, alla scrittura di un mio libro in occasione del prossimo cinquantenario del ’68. E quindi in tutto questo periodo avevo ritrovato, non solo nella mia memoria personale, ma anche nella rivisitazione di libri e riviste riferiti a quel periodo "epocale” della storia italiana e internazionale, innumerevoli volte il nome di Luigi Bobbio (spesso accoppiato a quello di Guido Viale), per suoi articoli, interventi e saggi riguardanti le vicende del Movimento studentesco, prima, e dell’organizzazione della sinistra extra- parlamentare Lotta continua, dopo.
Mi ero quindi trovato, scrivendo questo libro, a "interloquire” mentalmente anche con lui, con le nostre comuni esperienze di studenti "contestatori” prima e di militanti "rivoluzionari” successivamente, che avevano segnato la nostra giovinezza 40-50 anni fa, insieme a quella di un’intera generazione di "ribelli”, che oggi si ritrova poco sopra o poco sotto i 70 anni (Luigi e io siamo nati entrambi nel 1944, nella fase finale della Seconda guerra mondiale). Ma si trattava di una sorta di "dialogo mentale” con una persona ancora viva e presente, in modo critico e anche autocritico, nella serenità del distacco "storico”. Purtroppo ora non si tratta più di un "distacco” intellettuale, ma di un congedo definitivo dalla vita.
Mi era già accaduto con altri protagonisti del ’68 e di Lotta continua, come Mauro Rostagno (ucciso dalla mafia il 26 settem bre 1988, nel ventennale del ’68), Alexander Langer (morto volontariamente il 3 luglio 1995, durante la tragedia della Bosnia di allora), Silvano Bassetti (che era stato l’ultimo segretario nazionale dell’Intesa universitaria e poi leader del movimento di Architettura a Milano, morto nel 2008, quarantennale del ’68, quando era stato per vari anni assessore all’urbanistica del comune di Bolzano). E purtroppo penso anche a molti altri, magari meno noti, che ormai non ci sono più, ma che hanno vissuto intensamente e pienamente quella stagione della loro giovinezza.
Dell’esperienza del Movimento studentesco e di Lotta continua, ad esempio, Silvano Bassetti -che poi aveva avuto un suo percorso politico nei Democratici di sinistra e nella primissima fase del Partito democratico, appena nato- aveva scritto con semplicità e serenità in un suo blog personale: "Di quella stagione della mia giovinezza porto i segni indelebili di una formazione umana, culturale e politica, che considero tra le cose più preziose e care della mia vita. Non me ne nascondo gli errori e le contraddizioni tipici di una transizione epocale, ma non ne rinnegherò mai gli ideali di libertà, di giustizia e di solidarietà, che ne hanno costituito la molla essenziale”.
Anche Adriano Sofri, che aveva avuto diretti rapporti col Movimento studentesco di Palazzo Campana a Torino e poi alla Fiat durante l’"autunno caldo” del 1969, nella fase di formazione di Lotta continua, aveva avuto con Luigi Bobbio una comunità di esperienze, che cominciarono proprio nel ’68. E in occasione del ventennale, aveva scritto: "Giovane, scanzonata, quella generazione aveva però un carattere essenziale: la serietà. Prendeva le cose sul serio: il razzismo, la povertà, l’imperialismo, la differenza tra lavorare con le mani o no, la differenza fra comandare e obbedire. Prendeva terribilmente sul serio la divergenza fra i princìpi e la pratica, le parole e le azioni” ("La corsa nei sacchi”, in Micromega, 1988, n. 1, p. 173).
Anni dopo, Adriano Sofri aveva nuovamente scritto sul movimento del ’68, con un linguaggio totalmente estraneo a qualunque forma di ideologismo: "Vi dirò una cosa sul Sessantotto, che nessuna denigrazione cancellerà. Prima del Sessantotto c’era scritto ‘Vietato l’ingresso’ dappertutto. Le case chiuse, grazie a ...[continua]

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