Quest’estate la proposta di una nuova legge elettorale è arrivata veramente come un fulmine a ciel sereno. Ma il 9 e 10 aprile pochi elettori sapranno come funzionerà questa legge. Come è possibile che le elezioni, uno dei momenti qualificanti della democrazia, avvengano in questo modo?
Non dico parole più grosse, anche se qualcuno le ha usate, ma per me è stato un colpo di mano istituzionale. Basta ripercorrere le cronache dell’estate del 2005 quando i contrasti politici dei quattro partiti che compongono la Casa delle Libertà avevano assunto toni violenti, duri, insultanti. Ricordiamoci che ad un certo punto Berlusconi ha usato addirittura l’espressione “metastasi” riferita ai contrasti interni alla casa delle libertà. La CdL era arrivata ad una sorta di “cupio dissolvi” al proprio interno che aveva, come segno principale, la fine della fiducia incondizionata verso la leadership di Berlusconi. Il caso più eclatante è stato ovviamente quello di Follini e in generale dell’Udc, di Tabacci e dello stesso Casini. Ma lo stesso Fini, che è stato molto più defilato in questa vicenda, ha fatto capire molte volte che ormai emergeva una voglia di cambiare leadership. I contrasti di merito politico erano anche segnati da una sorta di clima da “fine dell’impero”. Incombeva la prospettiva non solo di una probabile sconfitta elettorale, ma addirittura di una sconfitta “catastrofica”. Quella differenza di 100 deputati e 50 senatori che c’è oggi a favore del centrodestra si sarebbe potuta rovesciare nel suo contrario. Lo dicevano i sondaggi e lo dicevano i risultati di tutte le elezioni svolte negli ultimi due anni. E’ stato in questa fase, parliamo dell’agosto del 2005, che i leader del centrodestra hanno cercato di capire se c’era una qualche carta per poter risalire. Una, ovviamente prioritaria, doveva rovesciare la prospettiva della sconfitta, ma loro stessi ci credevano poco. L’altra, subordinata, era quella per attenuarne l’impatto. Va bene -hanno pensato- noi nel 2006 perderemo, ma non possiamo perdere con una catastrofe epocale quale quella che si preannuncia. In questa situazione la subordinata è diventata l’obiettivo non dichiarato ma principale, cioè: cerchiamo di ridurre i danni manipolando la legge elettorale. Si è aperta allora una polemica sul fatto se si possa cambiare la legge elettorale nella parte conclusiva della legislatura. Il vero problema è che, in un sistema democratico corretto, non si dovrebbe cambiare la legge elettorale in modo totalmente unilaterale. Qualcuno dice che già nel’93 si cambiò la legge elettorale alla fine della legislatura, ma non è vero. Si era all’inizio, la legge fu cambiata in un clima di grande partecipazione bipartisan e, successivamente, si decise di sciogliere le Camere e andare al voto con le nuove regole. C’è una bella differenza, lo capisce chiunque. In una partita in cui ci sono due squadre, il confronto in campo può essere anche il più feroce, ma l’unica cosa che non può essere messa in discussione è il rispetto delle regole, la loro condivisione. Uno non entra in campo in una partita di qualunque sport se pensa che le regole siano truccate o se crede che le regole le abbia dettate la squadra avversaria da sola. Naturalmente si intende ampia condivisione, non unanimità. E’ curioso ricordare come ad opporsi al cambiamento della legge elettorale nel 1993 fu soprattutto l’Msi, che poi fu quello a guadagnare più di tutti dal maggioritario, al punto che anni dopo An si impegnò a fondo nel referendum per eliminare la parte proporzionale che ancora era presente nella legge elettorale. Dopo 12 anni, con un semplice tratto di penna unilaterale si è voluto cancellare un referendum passato con l’80% dei sì e una legge discussa in Parlamento con grande partecipazione di tutti e votata da una grande e significativa maggioranza.
Nei lavori parlamentari prima dell’estate non si erano avute avvisaglie di questo radicale cambiamento…
Pochi sanno che la Commissione Affari costituzionali della Camera, dove poi nel settembre 2005 si è imposto il nuovo sistema elettorale, aveva da molti mesi all’ordine del giorno, in modo condiviso tra maggioranza e opposizione, una serie di proposte di legge riguardanti alcune limitate modifiche del sistema elettorale (una delle quali tendente ad eliminare lo scorporo che aveva creato problemi non indifferenti per via ...[continua]
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