All’interno di un vastissimo panorama storico-culturale come è quello che emerge dalla lettura del carteggio tra Aldo Capitini (Perugia 1899-1968) e Guido Calogero (Roma 1904-1986), pubblicato integralmente da Carocci su progetto della Fondazione Centro studi A. Capitini di Perugia (Aldo Capitini – Guido Calogero, Lettere [1936-1968], a cura di Thomas Casadei e Giuseppe Moscati, Fondazione Centro studi Aldo Capitini, Carocci, Roma 2009), la selezione che qui si presenta tocca alcuni dei temi che più stanno a cuore ai due intellettuali. Il ripensamento della politica e del senso della comunità anche in chiave internazionale, il socialismo e le sfide che il futuro ad esso sottopone, l’alternativa possibile e la "terza via”, l’educazione civica di un popolo che fuoriesce a fatica dalla tormentata esperienza del fascismo, ma appunto anche dal vuoto educativo lasciato dal regime e dalla ‘cultura’ della guerra: tutto questo impegna a fondo il dialogo che Capitini e Calogero intessono nel lungo periodo della loro amicizia e frequentazione tra il 1936 e il ‘68, anno della morte del filosofo perugino. Le lettere che i due si scrivono, nel mentre rimandano a incontri, convegni e svariate iniziative da loro ideate e promosse su questioni urgenti per l’Italia e non solo per essa, si presentano, dunque, come dei veri e propri esercizi di provocazione allo sviluppo di una ragione critica.

Perugia, 10 marzo 1945
Carissimo Guido, per le occupazioni di qui e le difficoltà e le spese che porta il viaggio, rinvio la mia venuta a Roma. So che vi riunirete e che tu hai fatto un grande giro politico. Se ero più sgombro di tante faccende di qui rimaste indietro anche perché mi hanno fatto fare gli esami di filosofia e pedagogia per gli studenti di altre Università ammessi straordinariamente a una sessione presso questa Università degli Studi, sarei forse venuto. Ti dirò qualche cosa per lettera.
Gli ultimi avvenimenti, e cioè l’incapacità del governo di fronteggiare risolutamente il fascismo e le forze monarchiche, danno ragione ai noncollaborazionisti. Ma per quel che concerne il Partito d’Azione mi pare che esso debba sempre porsi quel problema di un’azione più larga per queste due ragioni:
1. ogni partito oggi tende ad essere qualche cosa di più o ad appoggiarsi ad altro (come alla Russia, alla Chiesa); vedi p. es. che base larga si dà il partito comunista;
2. ad essere soltanto partito c’è il pericolo di doversi disperatamente distinguere dagli altri e di venire poi ad accordi tattici rovinosi.
Ho già svolto questo secondo punto, e tu sai che fin dalla trasformazione in Partito io avvertivo il pericolo di un restringimento. C’è stato il vantaggio della propulsione dell’azione partigiana e di entrare nei comitati di liberazione, ma anche l’ossessione di doversi caratterizzare rispetto ai partiti affini, e la tentazione ela necessità di disporsi ad accordi, p. es. coi liberali o coi democristiani, che sarebbero un disastro per l’ideologia. Invece un’impostazione di più che partito, di ampio movimento con centri ecc. poteva superare queste difficoltà, ed essere anche più vicina al popolo e ai giovani. Voi dovete oggi vedere che cosa è possibile col Partito così com’è; ma questa seconda trincea o questa interpretazione o chiesa aperta o latro che sia è, secondo me, la nostra vera ispirazione e impostazione, nazionale e internazionale, più che ridurre tutto al lavoro e alla tattica dell’Esecutivo. Ti ricordi quello che dissi a Firenze nel periodo badogliano? E se si ponesse oggi questo punto con estrema chiarezza (integrazione della trasformazione economica socialista) si farebbe quello: 1a- a cui arriverà col tempo l’esperienza comunista; 2a- che dovrà esser fatto dai socialisti se si vorranno distinguere dai comunisti.
I liberali hanno perso, perché assorbiti dall’ambiente tradizionale italiano, quello che potevano essere e che qualcuno di loro crede di essere: una minoranza dell’idea liberale pura; e invece sono stati presi (per essere grosso partito) dal proprietarismo da un lato, dal conservatorismo religioso dall’altro. E allora il compito (difatti ricchezza d’intellettuali) sembra passato al Partito d’azione. E questa è un’ipotesi.
Altra ipotesi quella che dicevo sopra. Il Partito d’azione è l’integrazione, apertura, lo sbocco del socialismo.
Voi dovete pensarci molto, e questo è decisivo. Nella prima ipotesi siete dei crociani migliori di lui (che mi pare finisca come il Gentile, prigioniero di una pol ...[continua]

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