Fulvio Cortese è professore ordinario di Diritto amministrativo e insegna Istituzioni di diritto pubblico, Dottrina dello Stato e Diritto amministrativo applicato presso la Facoltà di Giurisprudenza dell’Università di Trento, della quale è preside.

Vorremmo parlare con lei di Silvio Trentin, un protagonista dell’antifascismo italiano tuttora poco conosciuto in Italia.
Silvio Trentin nasce nel 1885 a San Donà di Piave e muore nel 1944; non vede la fine del Secondo conflitto mondiale. Attraversa dunque una stagione storica particolarmente complessa. La sua è una famiglia di proprietari terrieri, molto ricca, che lo fa studiare all’Università di Pisa, probabilmente perché lo zio della moglie era Vittorio Cian, un importante professore di letteratura italiana che insegnava in quella sede. La sua formazione è quella tipica del rampollo di una famiglia benestante. Già in questo periodo pisano comincia a fare qualche piccola esperienza politica. Si era un pochino avvicinato all’ambiente radicale, perché alcuni professori dell’Università di Pisa ne facevano parte. Da lì comincia a crescere la sua consapevolezza “pubblica”, anche se Silvio, di formazione, è un liberale.
Dimostra subito una predilezione forte per lo studio, per la ricerca. Si lega molto a Giovanni Vacchelli, il professore con il quale discuterà la tesi di laurea, un amministrativista importante di quel tempo. Così intraprende anche la carriera accademica, e già nel 1907 prende la libera docenza in diritto costituzionale, sempre a Pisa, e comincia a insegnare. C’è un bel ritratto di Silvio che esce nel dopoguerra, sul “Ponte”, in cui Piero Calamandrei lo ricorda come un suo docente. Trentin nel frattempo ha anche cominciato a pubblicare; già prima di laurearsi, sull’“Archivio giuridico”, una rivista molto diffusa e autorevole, dove pubblica il suo primo articolo, sulle bonifiche. Veniva dal Basso Veneto, tra Padova e Venezia, da terre paludose, dove quello delle bonifiche era un tema fondamentale. In quell’articolo elabora uno studio sulla disciplina giuridica al tempo vigente, uno studio ampio, con una forte impronta. Sostiene, infatti, che la bonifica non deve servire esclusivamente a migliorare l’utilizzo agricolo di un terreno, ma anche a una bonifica “umana”, sociale. E questo è un tema che coltiverà per molti anni. Anche immediatamente dopo il Primo conflitto mondiale, organizzerà proprio a San Donà, nel 1922, un grande convegno sulle bonifiche, intervenendo in un dibattito che al tempo in quei luoghi era politicamente molto duro, perché i proprietari terrieri erano ostili a una certa impostazione.
Comunque Trentin prosegue in questo suo percorso di formazione accademica: scrive ancora, comincia a pubblicare alcuni lavori anche monografici e di pregio, per provare ad affrontare i concorsi, ma all’inizio fa fatica a superare alcune selezioni, perché la sua posizione è già percepita come molto eterodossa. Infatti si approccia allo studio del diritto amministrativo abbracciando una prospettiva che oggi potremmo definire realistica; guardando, cioè, alla realtà del fenomeno, al problema concreto, più che all’aspetto dogmatico e concettuale, profilo che al tempo, invece, era dominante. Tant’è vero che in un paio di concorsi lo bocciano per questa ragione. In un verbale di una commissione si scrive proprio che, pur avendo forte personalità, non è “temprato dal rigore della forma”.
Questi aspetti, a mio avviso, sono interessanti, perché tutta questa parte della sua vita e della sua esperienza anche formativa in passato era stata poco studiata: gli storici si sono concentrati specialmente sul Trentin antifascista degli anni successivi. In realtà Silvio è un uomo “di resistenza”, un amministrativista anomalo, già nella sua esperienza di giovane studioso. A quell’epoca, d’altra parte, o si era rigidamente inquadrati nei ranghi della Scuola italiana di diritto pubblico, nata con Vittorio Emanuele Orlando, o si restava un poco emarginati. Ad ogni modo Trentin ce la fa, riesce ad andare a insegnare a Camerino; dopodiché, quando scoppia la Prima guerra mondiale, abbandona la carriera universitaria per arruolarsi. Ci prova in vario modo, perché in realtà era stato riformato: avendo avuto un incidente, era rimasto sordo da un orecchio. Quindi ha difficoltà a farsi arruolare, chiede anche aiuto, cerca di farsi raccomandare e, alla fine, ce la fa, prima come volontario della Croce rossa e poi come pilota ricognitore. Tra l’altro il suo biografo u ...[continua]

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