Bolzano, 2 luglio 2000.

Presentazione di Irfanka Pasagic
Innanzi tutto desidero ringraziarvi per avermi offerto il grandissimo onore di essere qui oggi a presentare le persone che riceveranno il premio intitolato ad Alexander Langer. Questo è un nome conosciuto molto bene nel paese da dove io provengo; appartiene infatti a una persona che è stata capace di riconoscere la tragedia del mio paese e che ha avuto il coraggio di essere presente in Bosnia anche nei tempi più duri. Alexander Langer era un costruttore di ponti fra i popoli. Nonostante la tragedia vissuta dal popolo dell’ex-Jugoslavia, anche Vjosa Dobruna e Natasa Kandic sono riuscite a conservare i ponti che c’erano tra di noi e soprattutto a mantenere l’amicizia che ci legava, tenendo così viva la speranza di un futuro migliore. Penso che per descrivere quello che hanno fatto e che tuttora Natasa e Vjosa stanno facendo, ci vorrebbe molto più tempo di quanto ne abbia a disposizione oggi. Cercherò di essere breve, anche perché loro stesse avranno modo di presentarsi nel migliore dei modi. Vjosa Dobruna è una pediatra di Pristina. L’anno da cui possiamo iniziare la sua presentazione può essere il 1990. È allora che viene licenziata come altre migliaia di persone di nazionalità albanese in Kossovo. Comprendendo tutta l’assurdità della situazione in cui si trovava il popolo albanese in Kossovo, Vjosa costituisce una organizzazione che porta il nome di una grande umanista: Madre Teresa. Questa associazione cercava innanzi tutto di assicurare al popolo albanese l’assistenza sanitaria, i supporti sociali e le esigenze primarie.
Contemporaneamente Vjosa stava tentando di segnalare al mondo quello che stava succedendo nel suo paese. Io l’ho conosciuta nel 1994 grazie ad un progetto promosso dalle donne di Bologna, riunite nell’associazione “Ponti di donne attraverso i confini” che vuole offrire uno spazio pubblico alle donne. Ricordo perfettamente la speranza di Vjosa, di non vedere ripetersi in Kossovo quello che era già successo in Bosnia. Altrettanto bene ricordo che, in quei giorni a Bologna, Vjosa non riusciva a dormire tormentata dalla paura che mai l’abbandonava che qualcuno potesse venire e portarla in prigione per quello che stava raccontando al mondo. Ricordo Vjosa anche nel periodo in cui ha cominciato a costituirsi l’armata kossovara, nel tentativo di proteggere le persone da quello che stava per succedere. Anche allora sperava che il Kossovo potesse essere risparmiato.
Come sappiamo, le cose sono andate diversamente. Vjosa è stata deportata in Macedonia, ma nonostante tutti i traumi subìti dal momento in cui è arrivata a Tetovo, ha subito riavviato il lavoro che svolgeva a Pristina, organizzando un centro di aiuto anche in Macedonia; è tornata in Kossovo con il primo convoglio ed ha continuato ancora, come ora, ad aiutare.
Per più di dieci anni, Vjosa è stata costretta a cercare un equilibrio tra gli estremisti serbi e quelli kossovari, a trovare una via di mezzo, perché non voleva che la nazionalità diventasse il discrimine nel decidere il valore della vita di una persona. Questo impegno l’ha mantenuta in una posizione di costante minaccia, sia da parte degli estremisti kossovari, che degli estremisti serbi. Attualmente Vjosa è ministro per lo sviluppo della democrazia e della società civile in Kossovo ma non ha rinunciato al suo lavoro di pediatra e ad aiutare le organizzazioni non governative in Kossovo. La sua posizione non è facile. Sono però sicura che questo premio sarà un incentivo per continuare la strada che ha percorso in tutti questi anni.
La storia di Natasa Kandic ha molti punti in comune con quella di Vjosa. Possiamo iniziarla con lo stesso avvenimento. Natasa nel 1989 è stata licenziata a Belgrado, dove svolgeva il lavoro di sociologa. La ragione per cui è stata licenziata è un libro che lei ha pubblicato insieme ad alcuni amici, il cui titolo è “Il nodo kossovaro”. Sin dall’inizio degli anni Novanta Natasa aveva infatti riconosciuto quale terribile propaganda stessero conducendo i mass media ed i giornali in Serbia. Ha così pubblicato una prima ricerca su questo tema subito dopo l’inizio della guerra in Croazia. Pur non essendo la Serbia ufficialmente in guerra, lei ha continuato a fare pressione sul popolo serbo per sensibilizzarlo. Nel 1992 Natasa ha istituito il “Fond Umanitarno Pravo” (Humanitarian Law Center) il cui fine principale era quello di fornire informazione sulla verità, ma contemporaneamente q ...[continua]

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