L’ultimo attacco contro Sonja Biserko, (Helsinki Committee for Human Rights in Serbia, ndr), portato dalla penna dell’editore di Vreme (settimanale pubblicato a Belgrado, ndr), Dragoljub Zarkovic, apparso nel numero del primo agosto , non mi permette di mantenere il silenzio sulle calunnie cui si assiste ormai quotidianamente in Serbia, oggi con molto più clamore, che prima della liberazione del paese dal regime di Slobodan Milosevic. In Serbia dalle strade e dai media “dipendenti”, gli attacchi e le minacce, in particolare contro alcune donne, si sono trasferiti ai media “indipendenti”. Le diffamazioni e le umiliazioni hanno assunto le proporzioni di una “caccia alle streghe”. Il tono non è più deciso dalla tv di stato o da Politika, bensì da quei “liberi intellettuali”, variamente patriottici, che sempre si sono vantati dell’indipendenza loro e dei loro organi.

Non si tratta della minaccia delle bombe e dei picchiaggi violenti, tanto più duri da sopportare perché provenienti da eserciti e gruppi paramilitari, i cui sforzi ora sono concentrati a cercare di preservare almeno la loro etichetta di “patrioti” e a coprire i crimini loro e dello stato. Si tratta degli abusi e delle denunce contro queste donne accumulati da quei media oggi supposti liberi dall’influenza di Milosevic.

Considerandosi i più meritori dell’uscita di scena dell’imperatore (che già era nudo, come chiunque poteva constatare, anche se pochi hanno osato anche solo sussurrarlo), questi media si arrogano oggi il diritto esclusivo di interpretare sia il passato che il futuro. Così investono tutte le loro energie a difendere questo diritto e non accettano di promuovere la necessità di confrontarsi col passato, anche assumendosi le responsabilità dei crimini commessi dal precedente regime. Non solo: non si sentono toccati nemmeno dalle posizioni critiche e davvero indipendenti provenienti dai loro stessi ranghi. Anzi, se qualcuno è così audace da denunciare i loro Sacrosanti Media, la loro politica editoriale passata e presente, e soprattutto la loro coscienza, sia professionale che in quanto esseri umani, diventa immediatamente elemento fastidioso e allontanato come “non gradito”.

Alle opinioni di Sonja Biserko sulla politica editoriale di B92 e di Vreme, espresse nelle colonne del settimanale croato Feral Tribune, costoro hanno reagito come governanti assoluti che, nel pubblico interesse, si impegnano a regolare i conti con quella particolare donna o altre come lei. Nel pubblico interesse -così come lo intendono loro- non avranno scrupoli a mentire, anzi l’hanno già fatto e continuano a farlo in modo deliberato. Nel gettare fango su Sonja Biserko sono andati così lontani da arrivare ad attaccare anche tutti quelli che sostengono che durante il bombardamento della Nato non c’era in realtà grande differenza tra B92, Vreme e la tv di stato nel riportare le notizie.
Uno sguardo a quanto prodotto da Republika e Radio Pancevo tuttavia rende subito evidente come questi due media siano stati le due sole eccezioni all’unanimità che prevalse in quei giorni. Non importa quanto ripetutamente e a voce alta lo ripetano: che Vreme e L’associazione dei Media Elettronici Indipendenti abbiano strenuamente lottato contro la censura durante l’intervento Nato resta una bugia bella e buona, e una distorsione dei fatti. Durante un incontro in Montenegro, nel settembre del 1999, Dragoljub Zarkovic ha descritto fin troppo bene la cosiddetta: “lotta passo dopo passo per aprire una finestra sulla verità e la resistenza”:
“Contattavamo i censori tutte le mattine per concordare i pezzi che sarebbero stati pubblicati. Portavamo loro i testi e più tardi sistemavamo il tutto per telefono”. Tutto questo per salvaguardare l’indipendenza dei media!

Sebbene questa ipersensibilità verso la verità abbia altre e importanti ramificazioni, non è senza significato che proprio un manipolo di donne in Serbia venga costantemente sottoposto a insulti, umiliazioni e minacce per il loro tentativo di avviare un processo di riconciliazione fondato sulla ricerca della verità e sull’accettazione della responsabilità per quanto accaduto. Ciò che maggiormente mi preoccupa è che tutto questo stia accadendo nella Serbia del post-Milosevic. Avevo sperato di assistere al prevalere infine di un sobrio buon senso e di un generale accordo sul fatto che la priorità del governo e della gente, sarebbe stata di assumerci la nostra quota di responsabilità per i crimini commessi da ...[continua]

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