Credo che voi, amici di Forlì, non siate tra quelli che dicono: “Questo è un paese di merda: me ne vado”, o come Strehler: “Mi dimetto da italiano”, o come U. Eco, in un’aula universitaria: “Ragazzi, smettiamo di farci delle seghe” e “Ce la (?) siamo presa nel culo per mille anni”, o come Bobbio: “Il berlusconismo è l’autobiografia della nazione”. Ma non vorrei passare in ogni caso per quello che vuole épater, non le bourgeois, ma le gauchiste, se dico che nel nuovo quadro politico s’allontanano forse alcune minacce distruttive per il nostro sistema scolastico. E’ probabile che si attenui l’atteggiamento generale di denigrazione inconcludente e di rincorsa a modelli (immaginari) di felici paesi stranieri; che si calmi la frenesia di scappar via da noi stessi e dalla nostra storia.
La nostra scuola ha certamente bisogno d’essere ridefinita, di riavere sicurezza e fiducia, di rinnovare il suo “patto” col paese. Bene sarebbe che l’intero paese, con le sui articolate rappresentanze, potesse partecipare. Ma su alcune cose bisogna decidere presto, assumere delle responsabilità.
Innanzi tutto bisogna correggere in fretta errori recenti, prima che col tempo e coll’oblio appaiano normalità e ovvietà. Penso in primo luogo alla riforma degli ordinamenti della scuola elementare (oltre che dei programmi, di qualche anno prima), cioè l’abolizione del maestro unico. Che è stato di esempio estremo di statalismo illiberale, in quanto lo Stato, incarnazione della Scienza, della Ragione e del Progresso, definisce, attraverso gli Esperti, alla larga dal senso comune, qual è la Vera Pedagogia, l’ultimo grido, e la impone a tutti (a tanto non si sognò d’arrivare lo Stato Etico di Gentile). E tale ultima verità non fu estesa mostruosamente anche nelle scuole private solo per un accidente miracoloso, cioè la vigilanza del senatore radicale Strik Levers.
A questo punto non si chiede se non che venga riconosciuta alla patria potestà, ai genitori, la possibilità di scegliere tra una scuola elementare col maestro unico e una coi moduli. La cosa ridiventa concretamente possibile, visto che sta nei programmi (gli altri non li conosco) di uno dei partiti che hanno vinto, cioè la Lega. Vi si legge: “Si prevede una revisione riqualificata (?), che respinga l’idea del docente di classe plurimo sia per motivi economici, pratici e di psicologia infantile. Il punto di riferimento dell’allievo infatti deve essere sempre l’insegnate di classe che conferisca sicurezza e che si ponga come referente certo e coerente: integrato solo con docenti ausiliari legati a particolari discipline”.
Di genitori ne conosco non pochi che, pur non cattolici, per esercitare l’elementare libertà di scelta mandano i bambini in scuole private religiose.
Visto che ci sono, mi pare questo l’argomento migliore dal quale prendere le mosse per parlare appunto di scuola privata, senza chiamare sulla scena fantasmi ottocenteschi (e comunque i nostri padri fondatori ne fecero di cotte e di crude contro il patrimonio educativo di ordini e congregazioni religiose). Intanto, la scuola privata, nelle nostre attuali condizioni, è diventata un rifugio dove poter esercitare un sacrosanto diritto di libertà conculcato da uno stato con qualche smania totalitaria.
E cosa vuol dire, nelle nostre attuali condizioni, continuare a demonizzare la scuola privata (e per lo più, certo, gestita dal clero cattolico) e ritenere incostituzionale finanziarla come quella statale? Se le risorse statali destinate all’istruzione vengono distribuite a più scuole, oltre quella statale, dov’è il carico per lo stato di cui parla la Costituzione? A me pare che anche solo l’abuso statalistico perpetrato contro le famiglie con l’introduzione obbligatoria del maestro plurimo giustifica e rende preziosa l’esistenza della scuola privata, la quale non può che essere finanziata col denaro pubblico, visto che ci vanno bambini-ragazzi italiani, per i quali oggi semplicemente lo stato risparmia.
Nell’attuale situazione, l’accesso alla scuola non statale è consentito solo alle famiglie discretamente benestanti oppure a costo di sacrifici ignoti a chi manda i figli alla scuola statale. Noi stessi, mia moglie e io, mandammo i nostri bambini, visto che l’asilo comunale di nostra spettanza, in un glorioso (lo dico anche ora con grande rispetto) comune rosso -ero rosso anch’io e mi sentii in colpa per tale tradimento: tradimento per di più da benestanti: due stipendi da insegnante- l’asilo comunale era, d ...[continua]

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