Cominciamo parlando un po’ del quartiere e della sua storia
Emanuela Coppola. Io sono un’urbanista e mi sto impegnando per questo quartiere, dove vivo da quasi vent’anni. Ci sono ritornata perché è il quartiere dei miei nonni ma anche perché è un quartiere molto interessante, che solo da pochi anni sta diventando periferico, cosa che prima non è mai stata. Geograficamente, essendo nell’estrema parte occidentale, in un’area che sono i Campi Flegrei, rispetto al centro storico di Napoli, sembra effettivamente decentrato, ma in realtà la sua posizione è molto particolare, essendo una cerniera tra l’area napoletana e i Campi Flegrei e affacciandosi pure sul golfo di Pozzuoli. La presenza degli americani, dal 1954 al 2013, gli ha dato un’impronta internazionale molto forte e in più, con l’arrivo dell’Ilva, anche il fatto di essere stato un quartiere essenzialmente operaio. Poi, dal 2008, 2010, una serie di crisi a livello internazionale hanno dato inizio al suo degrado urbano. Ecco, negli ultimi tre anni abbiamo realizzato dei laboratori in alcune scuole del territorio finalizzati a osservare soprattutto gli spazi pubblici di questo quartiere e la loro qualità.
Pino Bruno. Anch’io mi sono occupato con Emanuela di questi laboratori con i ragazzi che avevano l’obiettivo di riconoscere le memorie storiche di questa zona. Noi cominciamo sempre con il chiedere ai ragazzi che cos’è per loro Bagnoli, come lo vivono, per poi andare a ritroso, a partire dalla fabbrica, l’Italsider, su cui si è fatto tanto rumore, e su cosa c’era prima, che cos’era la piana di Bagnoli. Abbiamo studiato i progetti su Bagnoli, fra cui quello di Lamont Young, molto interessante dal punto di vista morfologico, paesaggistico, ma anche di valorizzazione delle risorse del territorio, per esempio le terme. Young pensava di internazionalizzare quest’area e già nel 1904 su questo litorale c’erano alcune piccole fabbriche francesi, la Bournic, una vetreria, e poi la chimica Le Fevre.
Ugo Leone. Sì, Young ha fatto a Napoli delle cose fantastiche, belle dal punto di vista architettonico. Aveva addirittura un’idea di creare tra Piedigrotta e questa area una specie di laguna veneta, che si sarebbe chiamata “rione Venezia”, in cui si potesse girare con la barca. Non lo ha fatto, non so quanto sfortunatamente...
Pino Bruno. Alcuni studiosi, come ad esempio Giorgi, parlano di questa zona come di un’area alluvionale, infatti qui c’era un sistema di pompaggio delle acque. Quindi non era tutta una terra fertilissima, e poi Saverio Nitti, all’epoca sottosegretario alle infrastrutture, la scelse come area per l’industrializzazione.
Ugo Leone. Sì, questo territorio ha avuto un ruolo importante dopo il penultimo colera, nel 1844. Dico penultimo, perché ne abbiamo avuto un altro nel 1973. Quello del 1844 fu un colera devastante, e all’epoca si disse: “Basta, bisogna intervenire”, e tutta l’area colpita, che è quella che va, attraverso un rettifilo, dall’attuale piazza della Borsa sino alla ferrovia, fu abbattuta completamente e risanata da una società che non a caso si chiamava Società per il risanamento di Napoli. Questo risanamento ha avuto poi lo sbocco cui faceva riferimento Pino, il tentativo, cioè, di industrializzazione che è cominciato proprio qua, in quest’area ampia, Coroglio Bagnoli, dove i napoletani venivano in villeggiatura. Io ho ancora le foto delle vacanze qui con i miei nonni. Poi l’Ilva, Italsider, è andata via via occupando questi spazi.
Emanuela. Il quartiere storico di Bagnoli è il quartiere Giusto, che nasce un po’ memore di quella che era l’utopia di Lamont Young, che aveva pensato, a fine Ottocento, si potesse dare all’area una forte valenza turistica, con un palazzo di cristallo, una serie di alberghi e di stabilimenti balneari. Lui comprò anche i terreni, ma poi non riuscì a realizzare il progetto per una serie di vicissitudini sui finanziamenti e do ...[continua]
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