Dominique Vidal, storico e giornalista di "Le Monde diplomatique”, è autore di diversi libri, tra cui, con Karim Bourtel, Le mal-être arabe. Enfants de la colonisation e Le mal-être Juif.

Vorremmo tornare a parlare con te dell’antisemitismo oggi.
Io faccio una cinquantina di conferenze e dibattiti ogni anno e c’è sempre qualcuno in sala che dice: "Antisemitismo viene da semita, per cui riguarda sia arabi che ebrei”. E ogni volta rispondo che a livello linguistico è vero, ma che tuttavia tra la Francia e gli ebrei c’è un rapporto particolare perché, da una parte, c’è una storia di persecuzione, di sofferenza e di genocidio; dall’altra la Francia è stato il primo paese al mondo che ha accordato il diritto di cittadinanza agli ebrei, a partire dalla Rivoluzione francese, e poi con le disposizioni varate da Napoleone I. La Francia ha poi visto riemergere l’antisemitismo con l’affaire Dreyfus. Certo, Dreyfus ha vinto, ma poi c’è stato Vichy: un regime che è stato l’organizzatore del genocidio degli ebrei francesi. Va detto, infatti, che nessun ebreo francese è stato arrestato da poliziotti tedeschi (Gestapo o esercito): la grande maggioranza è stata catturata dall’esercito francese, dalla milizia o dalla polizia. Da francesi, insomma.
Quando, nel 2005, ho fatto il tour delle banlieue francesi con Leyla Shahid (che è stata delegata dell’autorità palestinese in Francia) e con Michel Warschawski, concludevo gli incontri dicendo che in Francia si può parlare di vari tipi di razzismo (anti-arabo, anti-nero, anti-cinese, anti-ebraico, ecc.) e tuttavia, per quanto riguarda la storia tra Francia e ebrei, c’è bisogno di una parola specifica. Nessun altro gruppo di cittadini francesi è stato infatti vittima di persecuzioni e genocidio. In Francia, nel 1939, vivevano circa 330.000 ebrei. Di questi 76.000 sono stati deportati. Ne sono tornati 2-3000. E questo è un genocidio che non ha paragoni nella storia di Francia.
L’odio verso gli ebrei, poi, ha assunto forme diverse nella storia: c’è stato prima di tutto un odio di tipo religioso. Per me l’anti-giudaismo cristiano si spiega, prima di tutto, attraverso un complesso molto profondo che hanno i cattolici, soprattutto i più coscienti, di essere degli ebrei "traditori”, che si sono convertiti a una religione rimasta per molto tempo una setta ebraica (Gesù era un ebreo, San Paolo era un ebreo... ). C’è, insomma, una specie di legame congenito tra giudaismo e cattolicesimo che spiega la forza del sentimento anti-ebraico e che ha a che fare con la pulsione, presente in tutti i gruppi umani, a odiare quello che più ci assomiglia.
Nei secoli questo è evoluto, soprattutto nel Diciannovesimo secolo, con l’invenzione di quello che si chiama "antisemitismo”, che è una teoria razziale. Voglio dire che è molto diverso da quello che avvenne quando, ad esempio, la regina Isabella, la Cattolica, cacciò gli ebrei dalla Spagna nel Quindicesimo secolo. All’epoca, infatti, gli ebrei che decisero di convertirsi non ebbero problemi: diventarono degli spagnoli come gli altri. Si tratta dei "marrani” (un termine che non arriva, come spesso si crede, da "maiali”, ma da "haram”, che significa "vietato”). Insomma, voglio dire che allora bastava convertirsi per non essere più vittima dell’anti-giudaismo religioso di stato.
Cosa cambia nel Diciannovesimo secolo?
Nel Diciannovesimo secolo nasce un antisemitismo di tipo scientifico, tipico del periodo: non c’era infatti solo l’antisemitismo, ma una vera teorizzazione delle diverse razze inferiori. Nasce l’odio razziale, dal quale non c’è scampo: le leggi di Norimberga, così come sono state votate dai nazisti, fanno sì che se si è ebrei lo si resta: non si può fare nulla, né convertirsi, né pregare, né diventare monaci. Si tratta di una differenza radicale che spiega l’estrema violenza della soluzione genocidaria in rapporto ad altri periodi di persecuzione, che pure fecero molti morti.
C’è un libro fondamentale di Enzo Traverso sulla modernità e il carattere occidentale del genocidio nazista, La violenza nazista. Una genealogia, in cui viene messo in luce il legame tra la ghigliottina, usata durante la Rivoluzione francese per decapitare i re e i nobili, il sistema fordista dei mattatoi moderni e la caccia agli handicappati.
Da questo punto di vista va anche ricordato che nella storia del genocidio nazista propriamente detto, le prime vittime in ordine temporale sono i malati mentali. Su 300.000 malati mentali internati negli ospeda ...[continua]

Esegui il login per visualizzare il testo completo.

Se sei un abbonato online, clicca qui accedere, oppure vai alla pagina Abbonamenti per acquistare l'abbonamento online.
Gli abbonati alla rivista hanno diritto all'abbonamento online gratuito!