Andrea de Martini e Donatella Marchiori insegnano Latino presso il liceo Galileo Galilei di Dolo, Venezia.

Da qualche anno, assieme ad alcuni colleghi, insegnate il latino con il metodo Ørberg, potete raccontare?
Andrea. Il metodo prende il nome da un professore danese, Hans Henning Ørberg, morto qualche mese fa. Ørberg era un grande latinista, ma soprattutto un insegnante molto motivato, e tuttavia scontento dei risultati che i suoi studenti riuscivano ad ottenere, nonostante la passione e volontà che ci metteva. Di qui l’idea di applicare il "metodo natura”, quello che si usa per l’insegnamento delle lingue moderne, al latino. Allo scopo contattò Arthur Milton Jensen, l’autore di una pubblicazione per insegnare l’inglese attraverso il metodo natura, e grazie a questa collaborazione e supervisione, elaborò un corso di latino che si fonda sostanzialmente su due testi, Familia romana e Roma aeterna.
Questo lavoro nel corso del tempo è stato continuamente modificato, aggiustato man mano che l’esperienza didattica gli dava delle indicazioni, per giungere così al risultato finale, che sono i testi che noi usiamo oggi e che per chi voglia insegnare con il metodo Ørberg sono imprescindibili.
Ogni capitolo comincia con dei disegni. Quando si imparano le lingue moderne, in genere ci si avvale di immagini e situazioni comuni; il problema col latino è che il contesto della lingua è lontano nel tempo. Allora, per aggirare queste difficoltà ci si affida a disegni, che servono appunto a orientare lo studente in un ambiente. Dopodiché lo studente accede al capitolo e inizia a lavorare su frasi semplici, che vengono ripetute continuamente e sulle quali viene invitato a fare una riflessione a posteriori.
Cioè, mentre con i metodi tradizionali si parte dalla presentazione delle regole e poi si va a cercarle nel contesto, qui si parte dal contesto con delle frasi comunicative per arrivare, piano piano, alle regole.
Donatella. Il latino è una lingua flessibile, nel senso che la parola ha una funzione logica, non a seconda della posizione, come in italiano, ma a seconda della parte finale, che è la desinenza sul piano grammaticale. Ad esempio, per studiare la funzione del soggetto e dell’oggetto, si analizza la storiella simpatica di una famiglia in cui ci sono dei fratelli che litigano e il maggiore picchia la minore perché sta cantando e gli dà fastidio. Leggendo con attenzione si inizia a distinguere, anche grammaticalmente, il soggetto che compie l’azione dall’oggetto che la subisce. I ragazzi individuano facilmente queste funzioni, capiscono quasi immediatamente che se una parola termina con la "us” è un soggetto, se termina con "um” è un oggetto che riceve l’azione. Ripetendo le frasi e poi facendo delle domande -è previsto anche un lavoro sull’abilità proprio orale- pian piano i ragazzi assimilano quelle che poi riconoscono come regole.
Quindi le declinazioni le fate in un momento successivo?
Donatella. Prima loro capiscono che cos’è il complemento oggetto, il complemento di specificazione, ecc. solo alla fine, quando tutti hanno capito, si spiega: "Questo si chiama ‘caso accusativo’, ha questa funzione, le parole che hanno questo ruolo nella frase hanno quella desinenza”. E poi si fanno esercizi. Personalmente ho visto che in questo modo acquisiscono l’analisi logica in maniera duratura.
Voi insegnate con entrambi i metodi. Che valutazioni potete fare?
Andrea. Dopo cinque anni di sperimentazione, abbiamo elaborato un sorta di relazione che riporta il parere dei colleghi che hanno adoperato questo metodo, in comparazione con il metodo tradizionale.
La prima notazione è che i ragazzi che imparano il latino con il metodo Ørberg, acquisiscono un notevole bagaglio lessicale. In ogni capitolo, infatti, viene inserita una nuova parola ogni 25-28 già conosciute, quindi c’è un costante arricchimento del proprio vocabolario a partire da una base che viene continuamente richiamata e ripetuta.
Abbiamo riscontrato anche un’acquisizione mnemonica della morfologia nettamente superiore. Un problema che abbiamo con il metodo tradizionale è che rosa rosae se lo ricordano due giorni, il terzo è già dimenticato, invece studiando con il metodo Ørberg sembra che i ragazzi ricordino di più.
Abbiamo constatato infine una motivazione allo studio maggiore soprattutto al primo e al secondo anno. Questo è dovuto anche al fatto che i ragazzi, soprattutto quelli che studiano, ottengono dei bei risultati. Nei test che fa ...[continua]

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