Mauro Martini è professore di Lingua e Letteratura Russa presso la facoltà di Lettere e filosofia dell’Università di Trento.

Vorremmo capire cosa sta succedendo in Cecenia dopo Beslan…
Si sono indubbiamente intensificate le operazione repressive, sono continuati scontri e combattimenti, ma niente fa pensare che siamo di fronte alla terza guerra in Cecenia. Del resto, non c’è nessuna ragione per combattere frontalmente: Grozny è distrutta e nelle valli la popolazione civile continua a essere presa tra due fuochi, con i russi da una parte e le armate indipendentiste dall’altra, armate che non costituiscono un esercito coordinato bensì semplici bande che rispondono alla logica della divisione in clan, con odi e rivalità interni e con un’incredibile possibilità di spostamento di fronte. Ciò che accomuna russi e combattenti, purtroppo, è proprio l’indifferenza verso la popolazione civile, quella che alla fine paga il prezzo più alto.
Un elemento di novità da considerare con attenzione è invece il fatto che con Beslan i terroristi sono riusciti a estendere la crisi a tutto il Caucaso del Nord, obiettivo storico dell’indipendentismo ceceno; basti pensare che il comandante Basaev, prima di diventare l’islamista che conosciamo oggi, era un indipendentista non tanto della Cecenia quando dell’intero Caucaso; la sua idea infatti era quella di costruire un grande Caucaso del Nord indipendente, e a questa logica risponde la famosa incursione in Daghestan nel ’99, che poi diede origine alla seconda guerra di Grozny.
Io infatti non concordo con quanti affermano che l’obiettivo di Beslan fosse dimostrare la debolezza dello Stato russo. Che la Russia degli ultimi anni fosse forte e debole al tempo stesso lo si è visto in moltissime occasioni; la Russia è una federazione complicata, con un territorio sterminato, minata dal male endemico della corruzione, che poi nel Caucaso diventa addirittura istituzionale: non a caso si è scoperto che la strage di Beslan è stata possibile grazie alla corruzione dei poliziotti locali, così come si sa ormai che negli attentati ai due Tupolev i terroristi hanno sganciato mille rubli a un ufficiale, oggi sotto inchiesta, riuscendo così a superare il controllo dei passaporti con l’esplosivo.
Ma, come dicevo, l’offensiva di quest’estate risponde a un disegno politico ben più vasto, di destabilizzazione dell’intero Caucaso del Nord. Da maggio in poi, infatti, in Cecenia si sono susseguite alcune azioni con cui il fronte dei combattenti ha dato prova di un’efficienza “strepitosa”, il più eclatante dei quali è stato l’assassinio del presidente Kadyrov, fatto saltare in aria il 9 maggio mentre assisteva ad una parata.
Sono mesi che gli analisti di terrorismo, nei loro siti, si interrogano su come sia possibile organizzare un attentato del genere senza agganci o basi all’interno dell’entourage presidenziale, indispensabili per scardinare la griglia di protezione che lo avvolgeva.
Adesso l’impressione è che Putin sia stato contento di liberarsi di Kadyrov, anche se ha passato tutta l’estate pronunciando parole di elogio nei suoi confronti; tra l’altro ha fatto anche una cosa clamorosa che quasi nessuno ha fatto notare: a una settimana dalle elezioni del 29 agosto è volato in Cecenia, nel villaggio natale dei Kadyrov, ed è andato a onorare la sua memoria nel cimitero musulmano dov’è sepolto. Era la prima volta che un capo di Stato russo entrava in un cimitero musulmano; in un altro periodo sarebbe stato un evento epocale.
Qual è il disegno di Putin in Cecenia?
Una volta eliminato Kadyrov, che costituiva un grosso ostacolo per il suo precipuo interesse a intascare i soldi della ricostruzione e quant’altro, per Mosca oggi sarebbe importante riuscire a creare un ceto dirigente caucasico, ceceno nella fattispecie, amico di Mosca -non necessariamente filomoscovita o collaborazionista- in grado di esercitare una forza di attrazione nei confronti di quella parte di popolazione civile stremata da tutti questi anni di guerra. Teniamo presente che quando parliamo di popolazione civile, non dobbiamo immaginarci soltanto le donne del mercato o i bambini; la Cecenia, lo sappiamo, è organizzata su rigide basi clanistiche, per cui l’unico gioco possibile è quello di spostare i clan, riuscendo ad ottenere il consenso di alcuni.
La ricerca dell’uomo nuovo per la Cecenia non è quindi per Mosca un gioco facile; innanzitutto è stata eliminata, grazie ad un appiglio costituzionale -per fortuna- la ...[continua]

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