Lea Melandri, giornalista e scrittrice, vive e lavora a Milano. Tra gli ultimi libri pubblicati, Le passioni del corpo. La vicenda dei sessi tra origine e storia, Bollati Boringhieri, 2002; Preistorie. Di cronaca e d’altro, Filema, 2004.

Forse sarebbe interessante anche capire perché ci hanno colpito tanto le immagini delle torture ai soldati iracheni. Che ruolo ha avuto il fatto che la protagonista fosse una donna?
Sì, effettivamente sarebbe opportuno chiedersi perché, tra tutte le immagini che sono circolate sui giornali, ci hanno colpito in particolare quelle di Lynndie. Intanto non dimentichiamo che c’è un’altra soldatessa coinvolta nelle torture, e che la responsabile del carcere di Abu Ghraib era anch’essa un generale donna. Ma sono proprio le foto di Lynndie che ci hanno colpito. Si potrebbe pensare che evochino una delle paure maschili più arcaiche che emergono dall’inconscio collettivo: l’archetipo della donna castratrice, della donna evirante, Giuditta, Salomé, le donne che hanno tagliato le teste. Questa è certamente una lettura. Poi, in particolare Adriano Sofri ha riflettuto anche sul fatto che in queste foto c’è una donna che aggredisce e umilia nella propria virilità degli uomini musulmani, cioè persone che hanno un particolare pudore e un atteggiamento diverso dagli occidentali rispetto al corpo e alla sessualità. E quindi, in questo caso, l’umiliazione è diretta a distruggere l’altro non solo fisicamente, ma anche moralmente, in ciò a cui tiene di più, nei suoi valori più alti, con la conseguenza che non potranno che inasprirsi i rapporti tra uomini e donne in quella parte del mondo. Adriano sottolineava, anche giustamente, che la donna occidentale emancipata rivela in queste immagini un ulteriore elemento di quell’aggressività che già mostra nei media, nel cinema e nella televisione, attraverso l’esibizione, appunto, di un erotismo e di una sessualità aggressivi. Aggressivi anche per noi, ma molto di più per quella parte del mondo che ancora pensa alla donna in termini di sottomissione e di proprietà maschile.
Io penso però che questo tipo di lettura non sia esaustiva, ma anzi rappresenti un modo per spostare l’attenzione, per non affrontare qualcosa d’altro che appare molto più indicibile, più difficile da nominare, e cioè che qui siamo in presenza di una tortura legata alla sessualità, alla violenza sessuale esercitata su uomini e su donne. Certo, non è un fatto nuovo, anzi forse è sempre stato così, però qui l’atteggiamento, voluto, esibito dagli stessi torturatori, porta questo legame tra guerra, tortura e sessualità in primo piano come non mai. Altro aspetto che non va sottovalutato è che qui siamo in presenza di un repertorio, di un aspetto della sessualità che riguarda tutti gli umani. Questo non è l’atto di un mostro, ma un modo di agire la sessualità che appartiene all’umano e che ha al centro gli aspetti del razzismo e del sessismo, dove la svalutazione e l’umiliazione dell’altro si realizzano a partire dal suo essere un non uomo: l’altro è visto come un animale. Di qui le immagini usate dal Pentagono, dei serpenti o dei topi, come già all’epoca del Vietnam quella dei pidocchi, a partire da metafore tipo “prosciugare la palude”, “togliere di mezzo i serpenti”, che improntano un modo di sentirsi e atteggiarsi rispetto all’altro.
Perché parli di razzismo legato al sessismo?
Perché l’altro è un essere non umano, ma è anche un essere effemminato, e come tale, è ovviamente un pervertito, un omosessuale. E’ qui che emerge l’aspetto sessista, strettamente connesso a quello razzista. La tortura, la guerra -in particolare le guerre coloniali- e in generale tutte le forme di razzismo, contengono in qualche modo un riferimento alla sessualità, a quella scena originaria dove il diverso, l’altro, il nemico è costituito dall’altro sesso, dal corpo femminile.
Allora mi sembra che, per capire queste foto, non sia sufficiente tirare in ballo categorie inerenti esclusivamente al rapporto uomo-donna -il capovolgimento delle parti, l’emancipazione femminile occidentale, la donna soldato omologata al maschio che tortura, stupra e uccide-; qui si rivela una donna che si rifà su un maschile che è già svilito e può essere umiliato perché appartiene a una cultura e ad una etnia considerate inferiori. E’ questo l’elemento che lega razzismo e sessismo; in fondo l’omosessualità e la perversione sono sempre state associate alle razze “inferiori”. E l’umiliazione avviene su un aspetto ben pr ...[continua]

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