Non credo di svelare indebitamente segreti di bottega, se comincio con un rapido accenno al lavoro che anch’io ho svolto insieme agli amici della giuria del premio Langer, presieduta da Peter Kammerer.
Ci siamo trovati di fronte ancora una volta, come già le due precedenti, alla complessità, alla difficoltà, persino al disagio, da un certo punto di vista, del trovarsi a essere in qualche modo gestori dell’eredità di una persona come Alex, di una persona talmente complessa, talmente ricca di problematiche, di campi d’azione, di luoghi, di settori in cui la sua attività si è svolta, che ci siamo sentiti più volte a rischio, nel senso del privilegiare troppo un settore rispetto ad altri. Per esempio, quest’anno tutti noi siamo usciti da queste nostre riunioni convinti che occorra in futuro dare maggiore attenzione alle problematiche di tipo ambientale-ecologico. Di questo siamo assolutamente convinti, e credo lo si possa dire in pubblico, non conservarlo soltanto nell’intimo delle nostre convinzioni. Detto questo, la cosa che è successa quest’anno, è stata una cosa un po’ strana, e cioè che è emerso davanti a noi un personaggio come Ding Zilin. Meglio, sono emersi due personaggi (non vorrei che ci si facesse l’idea che c’è un principe consorte, a ruoli rovesciati), due grandi personaggi come Ding Zilin e Jiang Peikun.
Sono emersi, e si sono presentati alla nostra attenzione, abbastanza occasionalmente all’inizio, perché poi, stranamente, in coincidenza (casuale, per carità) con il nostro premio sono diventati molto noti, hanno avuto fotografie su copertine di illustri riviste internazionali, interviste di ogni tipo. Però non erano così noti quando noi abbiamo cominciato l’istruttoria del nostro premio. Io stesso avevo solo letto qualcosa di e su Ding Zilin in un libro molto bello di Marie Holzman e di Noël Mamère, Chine. On ne bâillone pas la lumière, cioè "non si può abbagliare la luce". Devo a una mia carissima e competente amica di avermi poi raccontato più cose, e permesso di allargare le mie conoscenze.
Quindi io dirò ora pochissime cose su Ding Zilin e sulle motivazioni del premio, e farò qualche considerazione sul problema del dissenso in Cina.
Di seguito i nostri amici Xiao Qiang e Marie Holzman parleranno più diffusamente di entrambi questi problemi, di Ding Zilin e del dissenso in Cina.
Immagino che qui dentro alcuni sappiano già più di me su Ding Zilin perché hanno letto qualcosa, per esempio il bellissimo articolo di Ilaria Maria Sala nel "Diario" di qualche settimana fa. Ma per coloro che non si trovano in questa situazione, dirò adesso molto brevemente chi sono queste persone a cui abbiamo dato il premio.
Dunque, Ding Zilin è una signora cinese, di Pechino; una signora, credo, di poco sotto i sessant’anni, Era assistente di filosofia all’Università; anche suo marito Jiang Peikun è professore di filosofia. Avevano un figlio di 17 anni, Jiang Jelian. Questo figlio di 17 anni è uscito di casa la sera del 3 giugno 1989 ed è stato tra i primi ad essere ucciso, in quella che poi è passata alla storia come "la notte del massacro della Tiananmen". Quindi è stata una delle prime vittime della Tiananmen. Era il loro unico figlio.
Pochi giorni dopo, Ding Zilin, con l’aiuto di suo marito, poi con quello -crescente- di altre persone, che hanno collaborato con lei, si è dedicata a una attività lenta, difficile, molto faticosa -ora dirò anche perché- di ricostruzione di vicende personali del massacro.
Cerco di chiarire: il massacro della Tiananmen, malgrado tutto quello che se ne sa, che i media diffusero in presa diretta in tutto il mondo (molti di noi hanno anche visto, di recente, un bellissimo documentario televisivo di "Arté" su tutta la storia dell’89 cinese), ufficialmente non c’è mai stato, nel senso che il governo di Pechino lo ha negato, e continua a farlo. C’è stato un momento, tre anni fa, in occasione di un viaggio di Jiang Zemin negli Stati Uniti, in cui pareva, per usare una terminologia cinese, che i leader di Pechino fossero pronti a "rivedere i verdetti". Ma è stato solo un momento: non se n’è fatto più niente.
Quindi ancora oggi si sostiene da parte del governo che, a parte qualche scontro tra teppisti e militari, con alcuni morti (in prevalenza militari!), si è trattato di poca cosa. Insomma, ripeto, il massacro viene negato.
Gli opuscoli che io ho qui nelle mie mani contengono i primi risultati del lavoro di Ding Zilin, che è stato invece quello di ristabilire la verità, ...[continua]

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