Oleksandra Matviichuk è presidente del centro per le libertà civili in Ucraina, che ha ricevuto il Premio Nobel per la pace nel 2022 per il suo impegno nel documentare i crimini di guerra, le violazioni dei diritti umani e gli abusi di potere. È membro della Nobel Women’s Initiative, insieme ad altre sette donne vincitrici del premio Nobel per la pace.
Kiev. Fin dai primi giorni dell’invasione su larga scala dell’Ucraina da parte della Russia, gli Stati Uniti hanno svolto un ruolo fondamentale nella guerra. Il loro sostegno, sebbene spesso tardivo e controverso, ha aiutato l’Ucraina a resistere all’attacco russo, mentre le attrezzature salvavita continuano a fare la differenza ogni giorno. Senza di esse, molte altre vite ucraine sarebbero state spezzate.
Sin dal suo insediamento, l’amministrazione del presidente degli Stati Uniti Donald Trump si è impegnata a porre fine alla guerra e a favorire quella che definisce una pace “giusta e sostenibile”. Tuttavia, nonostante si sia parlato molto dei minerali ucraini, delle rivendicazioni territoriali della Russia, degli interessi del presidente russo Vladimir Putin e dei capricci di Trump, quasi nulla è stato detto sulla popolazione coinvolta.
La guerra è stata spesso ridotta a statistiche -perdite in combattimento, civili uccisi e feriti, donne violentate, bambini rapiti, città distrutte- ma ciò a cui stiamo assistendo quest’anno non è meno disumano. L’approccio degli Stati Uniti ai colloqui di “pace” ha completamente rimosso le persone, come se la loro sofferenza fosse irrilevante. Questo crea un pericoloso precedente, spianando la strada a un futuro in cui le vite umane sono sacrificabili e la dignità negoziabile.
Le persone devono essere poste al centro di qualsiasi accordo di pace. A febbraio, dopo sei mesi di silenzio, la Russia ha restituito il corpo della giornalista ucraina Viktoria Roshchyna. Mostrava segni di tortura ed era privo di diversi organi interni, tra cui i bulbi oculari, il cervello e parte della trachea. Conoscevo Viktoria personalmente, era piena di talento, devota al lavoro e straordinariamente coraggiosa. Nell’estate del 2023 si era recata nei territori occupati per denunciare gli arresti illegali e le torture dei civili. Poi è scomparsa.
Ora sappiamo che è stata rapita, torturata, trasferita segretamente in Russia e trattenuta senza motivo in condizioni disumane. Le sono state negate le cure mediche e, secondo le sue ex compagne di cella, era arrivata a pesare circa trenta chilogrammi, anche se ancora non conosciamo con esattezza le cause della sua morte. Mancavano soltanto poche settimane al suo ventottesimo compleanno. Per mesi, la Russia si è rifiutata di restituire i suoi resti ai genitori in lutto e continua a nascondere tutta la verità su ciò che le ha fatto.
Il centro per le libertà civili in Ucraina ha documentato i crimini di guerra fin dall’inizio dell’aggressione russa, quando nel 2014 sono comparsi in Crimea soldati armati e attrezzature militari non contrassegnate. Putin e altri funzionari russi hanno negato la presenza di truppe russe nella penisola, ma nessuno si è lasciato ingannare.
La Russia utilizza un sistema di terrore brutalmente efficace contro le persone nelle aree che occupa. Prende di mira ed elimina sindaci, giornalisti, educatori, imprenditori, artisti, sacerdoti e qualsiasi altra voce attiva nella comunità. Ha creato una vasta rete di centri di detenzione illegali, dove ai prigionieri viene negato qualunque contatto con il mondo esterno ed essi vengono sottoposti a torture quotidiane. Ha vietato l’uso della lingua ucraina e qualunque forma di espressione della cultura ucraina. Sono state saccheggiate opere d’arte, è stato imposto alle scuole e alle università di seguire il programma di studi russo e i libri di testo ucraini sono stati dati alle fiamme.
Nel frattempo, le case e gli appartamenti degli ucraini fuggiti dall’occupazione vengono assegnati a cittadini russi, allo scopo di alterare artificialmente la composizione demografica della popolazione, mentre i bambini ucraini vengono rapiti in massa, per essere allevati come cittadini russi.
Qualcuno potrebbe pensare che l’occupazione sia meglio della guerra, perché riduce la sofferenza umana. Ma l’occupazione non riduce la sofferenza umana, la nasconde soltanto. Non si tratta di scambiare una bandiera con un’altra e basta. Vivere sotto l’occupazione russa significa sparizioni forzate, torture, stupri, negazione dell’identità, adozione forzata di bambini, campi di filtraggio e fosse comuni. È una guerra, solo in forma diversa.
Ho intervistato centinaia di persone sopravvissute alla prigionia russa. Hanno raccontato di essere state picchiate, ripetutamente violentate, confinate in casse di legno, di aver avuto le ginocchia frantumate, gli arti amputati e scosse elettriche applicate ai genitali. A una donna è stato cavato un occhio con un cucchiaio. I soldati russi commettono questi crimini di guerra semplicemente perché possono farlo.
Come se non bastasse, con circa 1,6 milioni di bambini ucraini coinvolti nell’occupazione, la Russia sta cercando di crescere una nuova generazione di soldati. Il suo personale militare visita regolarmente le scuole per tenere lezioni di patriottismo. I bambini dei territori occupati vengono portati in campi dove indossano uniformi militari, vivono in caserme e imparano a usare le armi. A partire dai quattordici anni ricevono il passaporto russo e a diciotto sono soggetti alla leva obbligatoria e inviati a combattere le guerre russe.
Viktoria ha rischiato consapevolmente la propria vita per raccontare al mondo ciò che la Russia sta facendo alle persone nei territori occupati. Credeva che la verità fosse importante. Credeva che fosse suo dovere di giornalista raccontare le vicende umane dietro le statistiche, e mettere al centro le persone. E credeva che così facendo avrebbe potuto salvare delle vite.
Lo stesso vale per i negoziati di pace. Anziché delineare in termini concreti quale dovrebbe essere l’esito del processo, voglio affrontare la questione delle vite umane che sono completamente assenti dall’attuale prospettiva impostata dagli Stati Uniti.
Che ne sarà delle decine di migliaia di bambini ucraini rapiti e trasferiti illegalmente in Russia? Che ne sarà delle decine di migliaia di uomini e donne ucraini rinchiusi nelle prigioni russe e sottoposti a torture e violenze sessuali, che potrebbero non vivere abbastanza da vedere la fine dei negoziati di pace? E cosa accadrà ai milioni di persone sotto l’occupazione russa che non possono proteggere i loro diritti, le loro proprietà, la loro vita, i loro figli e i loro cari?
Le persone non sono numeri. La loro vita non è negoziabile. I loro diritti non sono facoltativi. Una pace fondata sulla cancellazione della sofferenza umana non sarebbe né giusta né sostenibile. Anzi, non sarebbe affatto una pace. Sarebbe un atto di complicità che mette in pericolo la vita di molte altre persone, in molti altri luoghi, ora e per sempre.
(Copyright: Project Syndicate, 2025. www.project-syndicate.org)
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