Bernardo Brumer è in Italia da tanti anni e di mestiere si occupa del legno curvato, quello delle famose sedie Thonet, nella fabbrica delle quali, in Austria, Brumer aveva lavorato. La sua odissea fra i meandri delle leggi razziali, che per altro si faranno presto sempre più bui e senza via d’uscita, inizia all’indomani della loro promulgazione. Brumer cerca l’esenzione vantando le decorazioni della Prima guerra mondiale e l’impegno della moglie nella Croce rossa, la sua adesione al fascismo, l’essere entrambi cattolici. Invano: quando arriva il momento dell’internamento, il suo datore di lavoro di Cesenatico, una brava persona, riuscirà per diverse volte a farglielo procrastinare, accampando il rischio che la sua azienda, senza Brumer, avrebbe potuto chiudere lasciando senza lavoro i dipendenti. Alla fine, quando si capisce che non ci saranno più rinvii, Brumer ed Elena Rosenbaum, dopo il fallimento di una fuga con documenti falsi, saranno al carcere di Forlì. A metà dell’agosto del ’44. Restano loro pochi giorni di vita.