Ci restavano ancora sette ebree, mogli o parenti degli uccisi, a loro non avevamo detto la verità sui loro cari, ma che erano stati fatti partire per la Germania, ove fra breve li avrebbero raggiunti. Credevamo davvero che le donne sarebbero state risparmiate, perché un ufficiale delle SS ci aveva assicurato che le avrebbero rimpatriate. Le preparammo quindi a partire dando loro cibo e una quantità di mele. Ma quando fui in giardino mi ferì la già nota allucinante visione: camionette, mitra! [...] Una nel salire inciampò e un pacchetto si ruppe lasciando correre via tutte le mele, io mi precipitai a raccoglierle, i tedeschi mi lasciarono fare, anzi lasciarono pure che le riconsegnassi. Questa clemenza mi dette speranza e seguii il corteo più sollevata, ma quando vidi le macchine piegare sulla sinistra, invece che andare dritte per la via del Comando, la speranza si frantumò e mi sommerse un'onda di desolazione. Poche ore più tardi sapemmo la terribile realtà; erano state fucilate come gli altri, alle “Casermette”, nelle buche prodotte dalle bombe...
(dal diario di suor Pierina Silvetti)