Ci sono tanti modi sia per ricordare che per dimenticare: si può trasformare in monumento un luogo o un oggetto di tortura, come Auschwitz, per ricordare, oppure si può buttar giù un monumento per dimenticare o per incapacità di cambiarne il significato. Quasi che cambiando il simbolo sparisse il passato, come se riscrivere il passato e non (de)scriverlo fosse un modo per obliteralo, tanto che alla fine non si capisce più perché alcuni hanno vinto e altri perso.
Chi è Diane Abbott e perché scrivo di lei? Prima deputata afro-britannica (giamaicana), laureata a Cambridge, corbinista, è stata sospesa per aver detto che gli zingari (usando la parola Travelers che include i Rom e anche gli irlandesi nomadi detti zingari bianchi) ed ebrei (+34%) erano vittime di qualche forma di discriminazione come gli irlandesi o quelli coi capelli rossi (sic) ma che non era razzismo. Il razzismo, dice, è solo dei bianchi sui neri. Il commento seguiva un’indagine da cui risultava che ebrei e Travelers erano vittime di crescenti attacchi razzisti. La Abbott è stata sospesa dal gruppo parlamentare dei laburisti in attesa di ulteriori indagini. La domanda sul perché i rossi resta sospesa nell’aria. Si riscrive  il passato eliminando il ricordo degli africani e degli arabi che hanno venduto gli schiavi ai mercanti che li portavano nelle Americhe, annullando il ricordo di chi è stato venduto alle Indie o agli Ottomani,  annullando il ricordo della schiavitù bianca. Quest’ultima si svolse tra il XII e il XIX secolo, con punte dal XVII secolo a opera dei turchi e barabareschi, stimata in 2,5 milioni di persone. Per ricomprarli furono creati ordini religiosi per pagare riscatti e ricomprare bianchi all’asta degli schiavi, quali i Trinitari scalzi e il Mercadari, furono costruite torri (le torri saracene) per proteggersi avvisando dell’arrivo delle navi delle razzie. Interessante che Charles Sumner, consigliere di Lincoln e radicale antischiavista,  si riferisse proprio alla schiavitù bianca per condannare la schiavitù nera negli stati dell’Unione (poi Usa), come alla pari di quella barbaresca. Anche gli ebrei, come scrive G.  Laras formarono compagnie per il riscatto degli schiavi dei barbareschi e ottomani (a Livorno per esempio). Tutto per dire che quando si parla di schiavitù oggi prendiamo solo la (breve) storia (bianca) statunitense e non ci accorgiamo del resto. Il razzismo (negli Usa, e quindi nell’Occidente) diventa la spiegazione di tutto e nessuno in Francia si sogna di pensare più che i Nordafricani immigrati sono i discendenti (non tanto lontani, solo 200 anni) di quelli che schiavizzarono dei francesi tra gli altri, o di quelli che diversi secoli fa Carlo Martello respinse con difficoltà a Poitiers.  
La storia non è tanto l’evento ma il racconto dell’evento, come la schiavitù degli ebrei in Egitto, la crocifissione di Cristo (Yoshua ben Yosif) o la storia della schiavitù africana o l’oppressione delle donne. In quest’ultimo caso, con il movimento femminista cambiammo il significato delle carte in tavola: sempre oppresse eravamo, ma lo descrivemmo in altro modo e lo ribaltammo. Quando ci si ribella a una forma di oppressione, come la schiavitù o il patriarcato, si può rifiutare quella situazione oppure tutte le situazioni di questo tipo. Diane Abbott è l’esempio del primo caso (così come alcuni ebrei pensano che solo l’antisemitismo esista come forma di discriminazione e che giustifichi il resto). Altri invece, come Primo levi, insegnano che ogni forma di razzismo è inaccettabile, avendo imparato da una specifica forma di razzismo (o di intolleranza come direbbe la Abbott).  
Io spero che si possa generalizzare,  dato che purtroppo il razzismo è presente da moltissime parti se non in tutto il globo,  in varie combinazioni e che le persone possano imparare e avere dei principi generali. A me non piace il razzismo in qualunque combinazione. Né amo il nativismo per cui chi c’era prima ha più diritti -cosa che non piace alla destra nei paesi in via di sviluppo e non piace alla sinistra nei paesi sviluppati. Né mi piace riscrivere a forza, come capita con la Faraona Cleopatra Ptolomea (di origine greca) che adesso viene descritta in film come africana subsahariana. Oppure gli attori e le attrici possono recitare chiunque? Lo sapevate che nella versione originale Otello era berbero (moor), quindi mediterraneo e non africano subsahariano e che Venezia molto spesso prendeva generali berberi?
Si pone il problema dei diritti universali e della narrazione della storia, e se tali diritti possono esistere in un mondo relativista. La difesa di Diane Abbott è stata che era solo una bozza di lettera quella che aveva inviato all’“Observer”. Ha chiesto scusa a ebrei e Travelers, ma  non ai rossi e la cosa mi secca perché ho un fratello rosso, un figlio rossiccio e una nipotina rossa rossa. Per fortuna ci è stata risparmiata la versione finale del testo che voleva scrivere!