Come presumibile, l’evoluzione della pandemia ha scatenato numerose questioni di interesse giuridico. Nel comparto sanitario è stata approvata una legge, il d.l. 44/21 che ha inteso indicare un iter particolare nei confronti del personale sanitario. Che cosa contiene? In sostanza, è stato previsto l’obbligo vaccinale fino alla completa attuazione del piano vaccinale, e comunque non oltre il 31 dicembre 2021, al fine di assicurare adeguate condizioni di sicurezza per gli esercenti professione sanitaria e per “gli operatori di interesse sanitario” che svolgono la propria prestazione nelle strutture sanitarie, socio-sanitarie, socio-assistenziali, farmacie, parafarmacie e studi professionali. La vaccinazione è quindi stata ritenuta requisito essenziale per lo svolgimento della prestazione lavorativa e per l’esercizio della professione sanitaria. Può essere evitata solo in caso di accertato pericolo per la salute dovuto a particolari condizioni cliniche documentate. La mancata vaccinazione comporta la sospensione dalle mansioni che implicano contatti interpersonali, con conseguenze in termini di retribuzione.
Il caso che si palesa concretamente sulla mia scrivania riguarda due autisti di pulmini di una cooperativa sociale di solidarietà che si occupa di inserimento disabili (di varia gravità) nel lavoro. I due autisti svolgono prevalentemente la mansione di trasporto utenza per le tratte “domicilio utenza-sede cooperativa-domicilio utenza”, utenza composta da persone di disabilità varia anche grave. In particolare coadiuvano l’operatore socio-sanitario presente nell’automezzo per far salire e scendere le carrozzine, contribuendo a sostenere materialmente la persona (contatto diretto) e passando insieme a loro e all’operatore il tempo di percorrenza (contatto indiretto). Ambedue i soggetti, presumibilmente non vaccinati (ma allo stato, stante la limitata collaborazione del medico competente, la cooperativa non ne ha conoscenza né diretta né indiretta, come vedremo), alla richiesta di essere sottoposti a tampone quale screening suggerito dalla Regione Veneto hanno risposto addirittura con un messaggio del seguente tenore:
“Intendo precisare, riguardo alla decisione di non sottopormi ai tamponi, che le scelte da me prese sono frutto di approfondimenti attraverso studi ufficiali e linee guida dei principali organi governativi. Come emerso dalle udienze, causa contro i tamponi […], l’avvocatura dello stato avrebbe ammesso di utilizzare parametri in media fuori range rispetto alle linee guida a cui il Ministero della salute stesso dice di attenersi. Avrei il piacere, se la cooperativa fosse d’accordo, di conoscere la ditta fornitrice dei test antigenici, e quella dei macchinari Pcr per il test molecolare. È possibile che i test di cui la cooperativa fa uso siano attendibili e conformi ai requisiti minimi di costruzione e settaggio; per esempio quanti e quali sono gli antigenibersaglio e la reattività crociata degli anticorpi (antigenico), o i cicli di amplificazione e temperatura d’esercizio (molecolare-Pcr)? Provvederò a consultare le schede tecniche, eventualmente rivolgendomi alle case costruttrici nel caso in cui alcuni parametri non siano riportati. Se troverò queste informazioni conformi alle linee guida (Oms/Ecdc/Cdc) e agli studi specifici, rivaluterò la mia posizione”.

Come tutte le disposizioni introdotte dal decreto legge, anche quella dedicata ai destinatari degli obblighi vaccinali è soggetta a interpretazione. I dubbi interpretativi non investono tanto la categoria degli esercenti le professioni sanitarie, i quali sarebbero da individuare, a detta di tutti, in base alle norme primarie che le regolamentano.
Le perplessità riguardano la categoria degli “operatori di interesse sanitario”; a norma di legge (sito informativo del Ministero della Salute) si tratta di una categoria ristretta, anzi ristrettissima, essendo limitata alla figura del massofisioterapista, dell’operatore socio-sanitario e dell’assistente di studio odontoiatrico. Quindi i nostri due autisti sembrerebbero esclusi, e così ha ritenuto anche il medico competente (del lavoro) aziendale che, a precisa richiesta della cooperativa, ha risposto testualmente che “La richiesta da parte della Vostra Coop. di inviare a visita i due dipendenti ed esprimere un giudizio di idoneità alla mansione non è corretta per tutte le motivazioni sopra descritte, ma soprattutto perché i lavoratori non svolgono una mansione sanitaria in senso stret ...[continua]

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