Cari amici,
vi scrivo a pochi giorni dalle elezioni legislative in Marocco, che hanno visto la conferma del Partito Giustizia e Sviluppo (Pjd) di Abdelilah Benkirane, primo ministro dal 2011. In Marocco di politica si parla poco, in quanto la partecipazione al voto è talmente bassa da rendere l’effetto delle elezioni poco rilevante. La gente è toccata dall’aumento del costo della vita o dalle difficoltà legate a un sistema largamente corrotto, nonostante i proclamati tentativi di pulizia da parte di re e partiti politici. Pochi condividono l’interesse per il confronto tra islamisti moderati del Pjd e Partito Autenticità e Modernità, ovvero del presunto scontro tra partiti della Koutla o di movimento e quelli del regime o Makhzen (cosiddetti partiti dell’amministrazione).
Scrive Tahar Lamri, intellettuale algerino di Ravenna: "Marocco, gli islamisti vincono le elezioni, così titolano, unanimi, i giornali da ieri. In qualsiasi altro contesto i titoli sarebbero stati: Voto in Marocco. Il Partito Giustizia e Sviluppo riconfermato; oppure: Marocco, il Partito ecc. vince le elezioni. Nei contesti arabo-islamici, pare, qualsiasi partito in odore di islam è islamista: sottinteso oscurantista, jihadista, antidemocratico, ecc. Nessuno dice che il Pjd (Partito Giustizia e Sviluppo), che si definisce ‘partito politico nazionale’ e nulla più, già al governo dal 2011, ha governato assieme agli ex comunisti del Partito del Progresso e del Socialismo, al partito di centro-destra Rni (Raggruppamento Nazionale degli Indipendenti), ai liberali del Mp (Movimento Popolare)”.
Anche oggi il Pjd dovrà formare un governo di coalizione. Sono cominciate le trattative e, come già nel 2011, non si tratterà quasi certamente di un governo esclusivamente della Koutla, bensì di una coalizione di partiti molto diversi tra loro, come sempre amalgamati formalmente sotto l’egida reale. Potrebbe tornare al governo il partito degli indipendenti, che deciderà del suo ingresso con una diversa leadership. Altri partiti amministrativi stanno attendendo la decisione. Ma la vera novità è l’ormai data per certa partecipazione del partito conservatore Istiklal, quello nazionalista dell’indipendenza. Dalle fila dell’Istiklal era uscita la frangia socialista, oggi Unfp, che, dopo le ultime elezioni, sembra propensa all’avvicinamento al Pjd, con l’affermazione del quale già dal 2002 l’Unione Nazionale delle Forze Popolari aveva visto un calo costante e impietoso di consensi: oggi questo partito dalla storia gloriosa supera di pochi punti la soglia del 3%, portando in Parlamento 20 deputati soltanto. A partire dalla fine degli anni Novanta del secolo scorso, forte dei consensi che lo facevano prima forza politica del paese, la Unfp fu cooptata al governo e incominciarono a spegnersi le speranze per un orizzonte monarchico costituzionale con una possibile vera democrazia; fu la stessa sinistra di potere a tradirle. Oggi le speranze dei democratici marocchini sembrano nelle mani del Pjd, che con più del 30% dei voti si è riconfermato prima forza politica del paese, ottenendo 125 deputati, 23 in più del Pam. L’Istiklal è la terza forza, ma con l’11% ha meno della metà dei parlamentari del Pam; seguono Rni e Movimento Popolare, partiti moderati amministrativi.
Le istanze della sinistra sono oggi lasciate a una debole federazione di partiti che sembra riscuotere consensi soprattutto tra i giovani della nuova borghesia urbana; questi non paiono confidare nella democrazia rappresentativa e non si iscrivono neppure nelle liste elettorali. Di conseguenza la Federazione della sinistra democratica (Fgd) non ha raggiunto il quorum del 3%, perdendo la rappresentanza nazionale femminile e giovanile delle liste create ad hoc per un maggiore equilibrio generazionale e di genere in Parlamento. Neppure la combattiva leader Nabila Mounib è diventata deputata e la Federazione ha due soli eletti, a Rabat e Casablanca.
È forse una sinistra troppo elitaria; già all’interno del Movimento 20 febbraio e in seguito alla crisi dell’alleanza con gli islamisti ne era emersa la fragilità. Sono quindi i movimenti a ispirazione religiosa a prevalere nel favore dell’opinione pubblica perché in grado di portare la bandiera delle questioni socio economiche, la lotta alla povertà e alla corruzione (su quest’ultimo tema lo stesso primo ministro Benkirane aveva per altro ammesso il fallimento del governo). Permane una corruzione molto diffusa, forse senza soluzione: lo stesso re che si dichiara paladino dell’onestà governa un sistema, il Makhzen, diffusamente corrotto. E i partiti politici galleggiano per spartirsi il potere che resta, e con esso il denaro.
A Sidi Bibi, una cittadina a sud di Agadir, dopo le elezioni ci sono stati grandi problemi di gestione della sicurezza per il fatto che alcuni cittadini avevano costruito abusivamente le loro case. Li si era lasciati liberi di agire prima del voto, per poi punirli duramente con la distruzione di quanto costruito non appena le urne sono state chiuse: forse questo fatto potrebbe ben rappresentare che opinione possano farsi i marocchini della democrazia elettorale...
D’altronde il Marocco resta un paese di grandi disparità: tra classi sociali, tra quartieri di una stessa città, fra regioni. Che importanza possono avere le elezioni per un pastore d’un villaggio montano dell’Alto Atlante che parla soltanto in berbero e vive a fatica in un’economia di sussistenza?
Un amico di Tata m’ha raccontato con passione del suo fallito tentativo di diventare rappresentante cittadino per l’Istiklal. Le differenze ideologiche tra i partiti, già pallide a livello nazionale, quasi spariscono a livello locale: qui la scelta di una parte politica dipende prevalentemente dalle persone che la rappresentano: per Hassan conta soprattutto la capacità di farsi carico dei bisogni del suo villaggio e dei cittadini, nel tentativo di vincere la radicata abitudine della compravendita del voto che favorisce personaggi corrotti.
Oggi siamo rimasti bloccati a Tata dalle piogge insistenti: dalle montagne è arrivata una grande ondata d’acqua che ha invaso queste aride terre impedendo qualunque collegamento stradale per la città. Non ci sono ponti: Benkirane passando di qui li aveva promessi, ma forse Tata è troppo lontana da Rabat o è mancato da parte degli eletti un reale interesse per il miglioramento delle condizioni di vita dei loro elettori. Hassan non è stato eletto, ma almeno è soddisfatto per l’invio in Parlamento del rappresentante del suo partito, piccolo segnale di cambiamento politico in questa provincia. Continuerà pertanto e, nonostante tutto, a impegnarsi per la sua gente confidando che in tanta indifferenza, di colpo possa scoppiare un temporale delle coscienze, in grado di riempire i fiumi come l’acqua che oggi scorreva impetuosa, unica protagonista di questa giornata nel sud Marocco.
Emanuele Maspoli