Carlo Giunchi, operatore culturale, vive a Forlì.

L’amministrazione della Provincia di Forlì, che pure è di centrosinistra, aveva preparato un progetto per il recupero della Rocca delle Caminate, residenza estiva di Benito Mussolini, che chiamare ambiguo è poco e che, per fortuna, ora sembra bloccato dopo che una tua lettera ai giornali ha fatto scoppiare “il caso” anche a livello nazionale (hanno preso posizione, fra gli altri,Vittorio Emiliani, Nicola Tranfaglia, Pierluigi Cervellati, Desideria Pasolini Dall’Onda, fondatrice di Italia Nostra). A leggere il documento preparatorio del progetto c’è da inorridire. Si legge: “Su questo spazio dimenticato dalla storia Mussolini ha costruito la sua tradizione. Se il movimento ha rimesso in cammino un ‘popol morto’ nessuna immagine meglio del palazzo merlato edificato vivis fundamentis la luce del cui faro tricolore diffonde nella notte romagnola, sembra riassumere nella sua terra la sua capacità di guida, la modernità del suo richiamo e insieme il progetto di far risorgere antiche e gloriose tradizioni nazionali”. Un progetto che non può destare il sospetto di avere come scopo, “ignobile” e quindi non dichiarabile, quello di intercettare il turismo nero che a Predappio è ormai una realtà. Ma intanto puoi farci la storia di questa Rocca?
Sì, partiamo dalla storia. La Rocca delle Caminate sorge sui resti di un antico castello medievale che venne distrutto dal terremoto del 1870.
A metà degli anni Venti venne acquistata dalla Federazione fascista di Forlì, e venne iniziato un lavoro che chiamare di restauro è improprio: la rocca venne di fatto ricostruita, e con una tipologia architettonica di basso profilo, con la soprintendenza dell’epoca, cioè del Ministero. Le spese vennero coperte da una sottoscrizione organizzata dalla federazione fascista di Forlì e, nel 1927, la rocca venne donata alla famiglia Mussolini, che la utilizzò sempre come residenza estiva, anche per incontri di livello politico e istituzionale. Fino all’8 Settembre, quando vi si insediò la prima riunione del Consiglio dei Ministri della Repubblica Sociale Italiana.
In quei mesi la rocca divenne una sede di attività dei militari della Repubblica di Salò, alle quali in più occasione parteciparono -si dice- elementi della Gestapo. Durante questo periodo la rocca fu testimone di episodi particolarmente efferati come la tortura e l’assassinio di Antonio Carini, comandante partigiano, il cui corpo fu poi gettato giù dal ponte dei Veneziani di Meldola, dove successivamente venne ritrovato, addirittura con la testa maciullata da una pietra. La rocca poi fu liberata dalle forze partigiane poco prima della Liberazione di Forlì.
A questo proposito val la pena di ricordare le parole scritte da Giorgio Spini, grande storico appena scomparso, che fece un sopralluogo alla Rocca delle Caminate assieme alle truppe inglesi, alla ricerca di documenti: “Dappertutto si camminava su uno strato alto una trentina di centimetri, parte di fotografie del duce e parte di cianfrusaglie varie, di un cattivo gusto incredibile, esaltanti anch’esse il duce e le sue imprese. Mai in vita mia avevo visto qualcosa di altrettanto platealmente cafone, squallido e beota. E anche oggi confesso di non essere riuscito a capire come facesse Mussolini a vivere circondato da fasci di proprie fotografie come un’attricetta del varietà e da quintali di robaccia grottesca di quella specie. Tra quella marea di ciarpame che inondava completamente i pavimenti, non c’era nulla, assolutamente nulla, di quello che ci si potrebbe aspettare nella villa, non dirò di uno statista, ma di una persona di appena normale istruzione e di buon gusto”.
Nel dopoguerra cosa accadde? Fu confiscata?
No, non fu confiscata, rimase proprietà della famiglia Mussolini. Decisero di venderla nel 1962, anche perché ormai si trovava in uno stato di degrado e abbandono. Venne rilevata per 45 milioni di lire dall’ex Onmi (Opera Nazionale per la Maternità e l’Infanzia), che si impegnò a farne un centro di recupero per disabili (l’anno dopo, infatti, comprò anche l’attigua caserma dei carabinieri, con la stessa finalità).
L’Onmi però non riuscì a realizzare il centro per il quale si era impegnata e aprì la pratica per restituire la rocca alla famiglia Mussolini alla stessa cifra che aveva speso. A sua volta anche il ministero chiese la restituzione della vecchia caserma dei carabinieri, proprio a causa del disimpegno dell’ente. Le cose andarono per l ...[continua]

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