Questa ebbe esito favorevole poichè, allora, la sola eventualità della deportazione di un solo individuo suscitava più solidarietà e più proteste di quello che non suscita al giorno d'oggi la sorte di milioni di esseri umani condannati dal governo bolscevico ai lavori forzati nella forma più micidiale e più degradante che l'immaginazione umana possa concepire.
Ecco, dopo tutto quello che era successo nel frattempo al mondo ed in Russia in modo speciale, tornata dalla mia prima emigrazione e, benché non bolscevica, mi trovavo investita di cariche molto importanti che mi diedero la possibilità di appagare il desiderio del nostro povero Amico Caffi, che era quello di venire nella Russia rivoluzionaria. Difatti, ricevuto un biglietto da lui, potei immediatamente provvedere al suo ingresso in Russia ed anche, con grande gioia mia, assicurargli un alloggio decente ed un po' di ciò che allora chiamavasi cibo, invitandolo a stare con me e con altri collaboratori di un ufficio di cooperative italiane - organizzato e guidato dal nostro compagno Rondani, sì ricco in iniziative ed illusioni fra le quali anche quella di poter collaborare colla cooperativa «Sovetesta» - in una casa a me intitolata che per ciò godeva di una specie di immunità.
Andrea Caffi mi fece subito l'impressione di un uomo serio, laboriosissimo, molto coscienzioso e coltissimo per la sua profonda e multilaterale conoscenza della storia e della letteratura russa, per esempio, pochi russi avrebbero potuto competere con lui. Con ciò egli non cessava mai di studiare e, appena finito il lavoro di ufficio, si ritirava nella sua camera per leggere, indisturbato.
Non usciva che rarissimamente, non riceveva nessuno, eccettuate due signorine che venivano a trovarlo abbastanza regolarmente.
Sia per intuito o perché indottavi da qualche osservazione dello stesso Caffi, ebbi pochi giorni dopo il suo arrivo l'impressione che egli fosse violentemente ostile al governo bolscevico, nella cui trasformazione in un governo del popolo, col popolo, per il popolo, io ancora credevo a quell'epoca anche perché, proprio in ragione delle cariche che occupavo, io ignoravo molte cose. Ciò mi diede motivo di parlarne direttamente con il mio ospite. Non so né voglio sapere -gli dissi- quali siano le sue idee politiche, siamo liberi di pensare al modo nostro, però dato il mio atteggiamento verso il governo, e la fiducia di cui godo e che mi ha dato la possibilità d'invitarla in questo paese, in questa casa, La pregherei di non fare fino a quando sta qui nulla che potesse danneggiare il governo stesso». Semplice e spontanea come la mia domanda, fu la breve risposta di consenso da parte del Caffi. Mi si può tacciare «d'ingenua» quanto si vuole, io ho creduto e persisto nel credere che Caffi - per quanto sempre più ostile al bolscevismo, da galantuomo quale era, abbia tenuto parola.
Qualche volta, ed in ispecie dopo l'episodio ch'io sto per narrare, m'è venuto in mente che le visite delle due signore -ch'io non credo di avere mai visto- avessero avuto carattere anche politico, non di congiura, ma di un genere di opposizione latente, non tradotto in atto, una specie di sfogo ed anche di... croce rossa politica antigovernativa per definizione, ma nulla di più.
Fra le privazioni più crudeli che a quell'epoca tormentavano la popolazione russa ed in ispecie quella di Mosca, vi era la mancanza del combustibile per cui solo case privilegiatissime adibite ad uffici stranieri venivano scaldate tutti i giorni. Avendo sempre ritenuto, come ritengo ora, che membri dei governo che impongono, sia pure per necessità di cose od in virtù di un loro programma, sofferenze e privazioni alla popolazione devono essere loro stessi i primi a sottoporvisi ricusai, ...[continua]
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