Osvaldo Gnocchi-Viani è stato il fondatore del sindacato italiano. Perché non lo si cita mai?
Uno dei motivi che spingono ad andare a rileggere personaggi in un certo senso dimenticati della storia del socialismo è la sproporzione evidente tra l’importanza, pratica o ideale, che hanno avuto, e il drastico ridimensionamento che hanno subìto a livello di elaborazione storiografica. Merlino è uno di questi personaggi dimenticati, pur essendo, dal punto di vista della teoria politica, importantissimo. E direi che Gnocchi-Viani ha la stessa importanza di Merlino, soprattutto dal punto di vista pratico. Ciò che ha fatto Gnocchi-Viani è durato per tutto il Novecento, e lui invece, nel Novecento, non è riuscito neppure a entrarci. È Gnocchi-Viani a fondare il sindacalismo italiano negli anni Novanta dell’Ottocento, è lui il padre delle Camere del Lavoro che rappresentano la peculiarità del sindacato italiano. Lui fondò la Società Umanitaria di Milano e le università popolari, istituzioni importantissime, che ancora esistono; ciononostante diventò uno sconosciuto, del quale, nel Novecento, non è stato pubblicato più niente.
Quindi il primo interrogativo che ci viene spontaneo riguarda proprio l’interpretazione della storia delle idee e anche delle opere della sinistra nel passaggio dall’Ottocento al Novecento: chi erano queste persone e perché furono censurate e dimenticate?
Ma c’è un altro interrogativo che poi si presenta immancabilmente a chi si avvicina a questi personaggi: perché hanno un sapore di attualità che stupisce e meraviglia, pur essendo personaggi ottocenteschi del tutto datati?
Per dare una risposta al primo interrogativo bisogna ricordare che nell’Ottocento il socialismo è stato un grande fattore di pluralismo culturale; c’erano i saintsimoniani, i fourieristi, gli anarchici, i marxisti, i fabiani, i sindacalisti rivoluzionari, c’era una grande effervescenza di idee, di scuole in polemica fra loro, dove, come dice Viani, il contrasto, il pluralismo, erano la ricchezza, erano la dinamicità; poi, a mano a mano che ha preso piede la dottrina di partito, che è sintesi tra idee e organismi politici e d’autorità, in particolare con il marxismo, prima kautskiano e poi leninista, questo grande ventaglio di idee, di correnti di pensiero, si è come infilato in un imbuto, da dove è uscito quello che io chiamo il pensiero unico di sinistra. Il Novecento ci ha presentato una sorta di pensiero unico di sinistra. Mi sono sempre considerato un marxista eretico, ma occorre ammettere che le eresie in fondo partecipano, servono anche a confermare le ortodossie.
Quando l’imbuto stretto del pensiero unico di sinistra si è rotto, si è corso il rischio di perdere semplicemente il pensiero tout-court. Oggi non c’è più pensiero, e sembra non ci sia più neppure un passato di pensiero, a meno di non ripartire da quella pluralità, da quella molteplicità ottocentesca.
Gnocchi-Viani è stato censurato, messo ai margini, messo all’indice perché era un eclettico, ma il suo eclettismo era meraviglioso. Lui è passato attraverso il mazzinianesimo, attraverso Proudhon, attraverso Bakunin, attraverso Marx, senza mai appartenere a nessuna di queste correnti. L’ultimo suo scritto è su Saint Simon.
Ecco, questa sua libertà di pensiero provoca in un vecchio militante come me l’impressione di essere vissuto dentro una sorta di gabbia mentale , dove se tu dicevi: "Io la penso così”, ti sentivi dire: "Questo è marxista?”, "C’è la verifica di un ipse dixit?”.
Quindi la prima questione rimane questa: o rinunciamo a pensare, o rinunciamo ad avere un passato di pensiero, oppure dobbiamo reinventare una tradizione, riaprendo quel ventaglio originario di idee e di scuole. È finito il marxismo-leninismo, ma non sono finite le idee e ci sono state tante idee vitali e importanti di altro tipo.
Ma rispetto all’attualità di queste idee? Stiamo parlando di personaggi lontanissimi…
Certo, Merlino e Gnocchi-Viani sono uomini dell’Ottocento, non è che abbiano delle vie da indicare per il presente, delle soluzioni da dare, però la censura di questi personaggi ha comportato la rimozione, l’elusione di problemi che noi non abbiamo affrontato, che la tradizione novecentesca del socialismo e del comunismo ha evitato e censurato. Allora perché stimolano queste persone? Perché fanno insorgere interrogativi che avevamo messo da parte.
I problemi che questi personaggi ci ripropongono sono essenzialmente due, ma di gr
...[continua]
Esegui il login per visualizzare il testo completo.
Se sei un abbonato online, clicca qui accedere, oppure vai alla pagina Abbonamenti per acquistare l'abbonamento online.
Gli abbonati alla rivista hanno diritto all'abbonamento online gratuito!