Princeton, 3 dicembre 1966
Cara Anne34, non voglio tardare a risponderti perché la tua lettera mi ha molto colpito. Mi dispiace molto averti dato l’impressione di essere "non gentile” e "ingiusto” con te. Sei l’ultima persona alla quale avrei voluto dare un’impressione di questo tipo. Una cosa è vera, ma non ti riguarda affatto, è che sono diventato molto impaziente rispetto a coloro che parlano di politica per il piacere (molto equivoco secondo me) di lasciare libero corso alla loro indignazione virtuosa.
Penso a Mario35, naturalmente. Ma è lungi dall’essere l’unico. Quasi all’opposto, trovo per esempio Jeannot e i suoi amici che "giocano alla politica” come si potrebbe giocare agli scacchi o praticare uno sport (intellettualmente li capisco, mi divertono, penso che dietro i loro giochi ci sia una passione sincera quanto inappagata) ma alla fine, non è serio.
Trovo che ci siano oggi due modi di pensare e di parlare di politica. La prima è quella dei "realisti” e degli ”specialisti”: quelli che hanno le "mani in pasta”, o quelli che parlano dal punto di vista di quelli che le hanno (le "mani in pasta”). Per questi, discutere di politica, significa rispondere alla domanda: cosa fareste se foste al posto di quelli che governano? (ci sarebbe molto da dire sul carattere assai pleonastico di una tale domanda). Il secondo modo è quello di coloro che considerano il mondo della politica (delle idee politiche correnti, delle pratiche e dei metodi attuali) radicalmente sterile e corrotto per ciò che riguarda le aspirazioni autentiche dell’essere umano e assumono un atteggiamento che, senza essere di indifferenza, è 1) scettico riguardo all’immediato, 2) radicalmente speculativo, intellettuale e persino filosofico rispetto alle idee, ideologie, ai metodi e alle pratiche della politica "come dovrebbe essere”.
Hai già capito a quale delle due categorie io appartengo o mi sforzo di appartenere.
Se ti prendi la pena di leggere (cosa che probabilmente hai già fatto) la VII lettera di Platone, capirai forse quali sono le ragioni fondamentali (o l’ordine di ragioni) di un tale atteggiamento.
Nello stesso tempo, capirai forse perché ho usato la parola un po’ dura di "alibi”. Alibi, certo in rapporto 1) ai veri motivi che possono animare una giovane donna come te e portarla ad appassionarsi per le questioni politiche, 2) alla politica stessa, se bisogna intendere per "politica” il terreno di un’azione efficace. (Non c’è niente di efficace nell’indignazione reiterata contro le ingiustizie e le bruttezze di questo mondo. E nemmeno nel fatto di rifarsi ad un ordine di idee -marxismo, comunismo, socialismo o persino democrazia o liberalismo!- dal quale non segue nulla dal punto di vista di una vera azione comune).
Del resto, so benissimo che il tuo "comunismo” non ha niente a che vedere con quello dei burocrati e del Partito ufficiale.
La vera questione, tuttavia, mi sembra trovarsi altrove. Essa si trova anzitutto nello sfinimento totale dell’ideologia detta "di sinistra”. Non è per caso che oggi tutto quello che la sinistra può fare è di sostenere (a parole) i Vietcong e gli altri popoli vittime di ciò che si chiama "l’imperialismo”.
Non ha (la sinistra) una politica interna. Ciò la definisce e la condanna. L’unica "politica interna” che interessa le "masse” è quella del "benessere”, delle ferie pagate, del tempo libero, della previdenza sociale e dell’aumento salariale (questo è l’estrema sinistra). In altri termini, le masse oggi non si interessano a una politica che non sia direttamente utilitaristica e amministrativa. Ciò avviene ovunque in Occidente.
Hanno torto? Hanno ragione? La domanda non ha più senso. È così.
In queste condizioni, in pratica è il "realista”, il tecnocrate, l’esperto, il pragmatista ad aver ragione. Nell’immediato. Ma il senso di una politica "di sinistra” -il senso del socialismo- il senso di una politica che non sia concepita semplicemente secondo l’interesse del Principe (o dello Stato, o della Nazione o altre astrazioni) -il senso di una tale politica non è mai stato l’efficacia immediata. Non solo il socialista ma anche l’uomo capace di concepire una grande ambizione hanno sempre pensato in termine di avvenire, considerando il presente come punto di partenza. Il loro punto di partenza era sempre non solo modesto, ma agli occhi dei realisti, disprezzabile, sciocco, ingenuo, etc…
Io sono partigiano di una politica "di sinistra” nel suo significato originario, direi anche che so ...[continua]

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