Ma i nati nel 1945 hanno oggi ventitré anni, ed è da loro che è venuto lo scompiglio. Stati Uniti, Spagna, Germania, Polonia, Cecoslovacchia, Italia, Francia, Jugoslavia; e bisogna certo aggiungere al numero l’Unione Sovietica dove, da almeno un decennio a questa parte, il potere minaccia e punisce in primo luogo gli intellettuali e i giovani.
È in Francia, tuttavia, che il movimento ha assunto una chiarezza, un vigore, e anche una violenza, non eguagliati altrove. È anche in Francia -la nazione più prospera, più ordinata, e in apparenza più tranquilla d’Europa- che s’è vista la metà del Paese seguire i giovani e, nello spazio di dieci giorni, mettersi in stato di disobbedienza civile, paralizzando i meccanismi del potere e quelli della vita ordinaria.
Non si tratta di fare, come si usa dire, il «bilancio» dell’insurrezione francese, che ancora dura, e non si sa quali effetti avrà da ultimo: se la conferma del potere di De Gaulle, sostenuto dai generali e dal «partito della paura», o una vittoria del partito comunista, diventato, per sua espressa designazione, il «partito dell’ordine».
Del resto, l’esito prossimo degli eventi di Francia è molto meno importante del fatto, certo perché già avvenuto, che essi hanno scompaginato i modi usuali di pensare la politica e, più di ogni altro, quel modo, da tempo invalso malgrado la sua evidente sciocchezza, secondo il quale la politica sarebbe l’arte di evitare i rischi; il che vale poi quanto dire che essa è l’arte di mantenere, in un modo o nell’altro, la gente in stato di torpore e d’indifferenza: l’arte dei despoti, insomma, comunque essi vogliano chiamarsi.
Non si può giudicare da lontano, senza averlo vissuto, un fatto come la sommossa francese. Quel che si può fare senza presunzione è commentare le opinioni espresse da chi vi ha partecipato, così come ci sono giunte attraverso i giornali.
Già il 10 maggio, per esempio, si leggeva nel "Monde” una breve nota del professor Jean Baechler22, che riassumeva in modo persuasivo i termini della questione. Punto primo -osserva il professor Baechler- «i princìpi che, in questi ultimi decenni, hanno permesso alle varie comunità umane di dare un senso alla loro azione corrono il rischio di esser definitivamente svalutati. Con l’equilibrio delle forze e la coesistenza pacifica che ne risulta, ogni volontà d’espansione politica è diventata impossibile, onde la gloria militare è diventata roba da museo... Il fallimento delle esperienze comuniste sul piano sia economico che politico e culturale rende illusoria la soluzione che, da un secolo a questa parte, aveva mobilitato le energie dei più generosi. La società del benessere mostra ogni giorno di più la sua natura profonda di frode gigantesca, sia perché rivela le zone d’ombra in cui vegetano gli infelici che non son riusciti a salire sul suo treno, sia in quanto rimette in onore il vecchio principio dei moralisti secondo cui non è mediante il possesso di oggetti che l’uomo può riuscire a dare un senso alla propria vita. L’abisso incolmabile fra ricchi e poveri finisce col convincere questi ultimi che, a voler seguire alla lettera il modello occidentale, ci si condanna a inseguire delle chimere inaccessibili. Le religioni, vittime da secoli della disillusione del mondo, non possono pretendere alla riconquista delle anime se non in modo minoritario e marginale. Per farla breve, di tutti gli impulsi o movimenti d’idee da cui finora gli uomini si son lasciati trascinare, religione, socialismo, capitalismo, nazionalismo, gloria, ricchezza eccetera, non ce n’è più nessuno che possa pretendere di servire da assoluto...».
«Dunque -continua Jean Baechler- l’umanità si ritrova nella situazione del timoniere che conosce l’arte della navigazione, ma non sa dove andare... Questa situazione tende a generare inquietudine non già nelle masse, ma nelle élites, ossia nei gruppi che, in ogni società, definiscono col loro comportamento il carattere della civiltà di cui fanno parte... La rivolta nata dalla distruzione del valori si manifesterà naturalmente fra coloro che si occupano d’idee... dunque, in prim ...[continua]
Esegui il login per visualizzare il testo completo.
Se sei un abbonato online, clicca qui accedere, oppure vai alla pagina Abbonamenti per acquistare l'abbonamento online.
Gli abbonati alla rivista hanno diritto all'abbonamento online gratuito!