Come siamo arrivati alla situazione attuale?
Tutti sanno che l'Ungheria, come altri paesi della periferia europea, è stata investita da una grave crisi economica. Quello che non tutti sanno è che in Ungheria questa crisi è cominciata prima, e si è trasformata anche in una crisi politica e di legittimazione.
Nel settembre del 2006 è stata infatti diffusa una registrazione audio di una riunione del partito socialista in cui il premier, Ferenc Gyurcsány, un tecnocrate, confessava d'aver deliberatamente nascosto ai cittadini la grave situazione economica del paese e di avere, di conseguenza, vinto le elezioni soltanto grazie alle menzogne.
Questo ha portato a manifestazioni e tensioni e, di conseguenza, ad atti di violenza da parte della polizia. Il governo ha gestito molto male questa vicenda, soprattutto il primo ministro, poi sostituito da Gordon Bajnai, che ha avuto però poco tempo per rimediare alla situazione. Alla successiva tornata elettorale il partito di Orban, Fidesz, ha vinto le elezioni a man bassa. A questo va aggiunta una situazione economica da tempo molto precaria con un pesante calo dell'occupazione, comune ad altri paesi, soprattutto a scapito dei più giovani.
Tutto questo nel tempo ha contribuito all'emergere della destra estremista. Parlo dello Jobbik, un partito fascista, ma più a destra del partito fascista italiano. Jobbik è riconducibile più alla tradizione nazista ungherese, che alla tradizione della destra europea. Si tratta di un fenomeno che già da tempo preoccupa l'Europa.
Puoi parlarci di Fidesz, il partito di Orban?
Fidesz è nato nel 1988 con il nome di "Alleanza dei giovani democratici” (Fiatal Demokraták Szövetsége), nell'89 si era distinto tra quelli che promuovevano un cambio di regime. Solo col tempo si è trasformato in un partito di destra. Conosco personalmente il primo ministro Orban, l'ho incontrato in occasione di alcune conferenze che ho tenuto ai "giovani democratici”: nell'89 Orban era un liberale, e anche una persona con delle capacità politiche incredibili che ha capito prima del partito liberale (allora alleato del partito socialista al governo), che in Europa, e soprattutto nel contesto di un cambio di regime, non c'era futuro per un partito puramente liberale. Per cui già alla fine degli anni 96-97 ha iniziato a spostarsi verso posizioni autoritarie e populistiche di destra: mi dispiace di dover dire che un paio di cari amici, all'epoca suoi consulenti, hanno avuto un ruolo in questa trasformazione, che l'ha portato a entrare nel governo all'indomani delle elezioni del 1998 e ancora nel 2002.
Tu imputi la situazione odierna a un processo costituzionale rimasto incompiuto. Puoi raccontare?
L'Ungheria ha avuto un cambio di regime che noi costituzionalisti assimiliamo al modello dell'Europa centrale e del Sudafrica. Quando va bene, si tratta di un processo che avviene in  due momenti: una fase negoziale che introduce una costituzione temporanea, ad interim, e una seconda fase, preceduta dalle elezioni, in cui la costituente redige appunto la costituzione definitiva. In Ungheria, la prima fase, quella che ha portato alla costituzione ad interim attraverso una serie di tavole rotonde, ha prodotto un documento democratico liberale. Il problema è che questa costituzione ad interim non è mai stata sostituita. Infatti, nel periodo 94-98, tutti gli sforzi per arrivare alla costituzione definitiva sono falliti.
Il paradosso è che è stato messo a punto un metodo con un alto livello di consenso e partecipazione da parte dei vari partiti, che tuttavia è stato boicottato dai suoi stessi promotori, i socialisti. Il partito socialista, all'epoca con a capo Gyula Horn, alla fine infatti non ha votato per il prodotto di questa costituente che esso stesso aveva guidato. Perché è accaduto? Perché i socialisti puntavano a includere una seconda Camera (delle corporazioni); perché volevano un tavolo sui diritti sociali e infine perché consideravano la costituzione che ne era uscita troppo liberale dal loro punto di vista.
Alcune ragioni erano buone altre no, ma il punto è che votare contro il prodotto di un processo fortemente partecipato, di cui peraltro eri stato il maggior promotore, si è rivelata una mossa disastrosa. E direi che la maggiore responsabilità va imputata proprio a Horn. Conosco bene i retroscena perché ho partecipato al processo come consulente, ho pure scritto alcune norme relative agli emendamenti per la costituzione. Il Parlamento mi ha anch ...[continua]

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