Manuela Annichiarico, Lucia Dedoni, Rita Sirigu, Cristina Cometti, assieme alle "co-mamme” Floriana Murru e Fiore Colombini, sono un gruppo di mamme con figli disabili che vivono in Sardegna.


Voi vi siete definite "mamme forever”. Essere mamme di figli con disabilità è un impegno totalizzante?
Manuela. Io lavoro in una pubblica amministrazione e quindi ho un impiego cosiddetto regolare. Già da parecchi anni, su mia richiesta, faccio il part-time, per poter dedicare un pochino più di tempo e di energie a mia figlia, ma anche a me stessa. Sono infatti consapevole del fatto che se io non ho risorse, non posso dare nulla e quindi ho bisogno di coltivare i miei silenzi, i miei spazi di libertà personale. Ho iniziato a frequentare una scuola di Thai Chi, ho iniziato anche un percorso di formazione per insegnanti di Thai Chi e ora ho aperto una piccolissima attività di insegnamento: è un po’ la mia oasi, perché è una cosa solo mia, e mi ricarica, mi aiuta.
Lucia. Non è facile parlarne. Io al momento sono ancora disoccupata: mio figlio Beniamino, che oggi ha 15 anni, mi ha proprio acchiappato in tutto e per tutto. In questi anni ho dovuto capire, di volta in volta, quale fosse la cosa migliore da fare, per lui e per me... Ci sono stati momenti in cui in qualche modo mi sono ritirata, avevo bisogno di proteggermi, perché di energie ce ne vogliono tantissime: devi sempre stare attento a creare dei buoni equilibri, se vuoi che quel che fai sia di buona qualità. Quello che ho scoperto -e che so di condividere con le altre mamme- è che in situazioni molto difficili, che magari mi hanno portato proprio a degli estremi di stanchezza, di difficoltà, a un certo punto, se non ti sommergono, le cavalchi e allora ti ritrovi un’energia... lì succede veramente qualcosa. È un po’ come quando ti dicono: "Aiutati che il ciel ti aiuta”. Ora è un periodo relativamente sereno. Gli ultimi due anni, dal 2008 al 2010, per lui sono stati molto pesanti: è stato molto ospedalizzato, ha subìto quindici interventi. Ne è uscito rinforzato, maturato, anche lui l’ha cavalcata questa sofferenza fisica estrema. Dopo il suo rientro a scuola, felice peraltro, ho provato a rimettermi in carreggiata, però facendo lui un tempo ridotto, io non ho matematicamente il tempo di impegnarmi in qualcosa di pubblico, di esterno. L’impegno lavorativo è stato sempre un po’ altalenante: ogni volta che si è creata una situazione di tranquillità, ho ripreso in mano la mia attività. Anche ora sto ricominciando a far qualcosa. Un po’ come il ragno che rifà la tela, sto riprendendo i miei interessi, a uscire...
Cristina. Sì, è totalizzante. Io ho sempre lavorato, ma non si può mai prescindere dalle necessità che in qualsiasi momento potrebbero diventare acute. La mia esperienza è totalmente e assolutamente totalizzante. E io sono stanchissima. Credo di essere la più anziana. Mio figlio ha 25 anni, io ne ho 58, sono passata attraverso una rivoluzione della vita, anche per mio figlio. Devo a lui la possibilità di averlo fatto, ma forse in qualche modo è stato un tentativo estremo di vivere nonostante tutto. Ci sono riuscita a momenti sì e a momenti no. Nonostante questo stravolgimento, non c’è stato giorno in 25 anni in cui il pensiero (o anche la realtà) di essere chiamata per un’emergenza sia mancato. E sono sfinita, dentro proprio. Nonostante ciò, mio figlio è stupendo, ha fatto cose che considero assolutamente miracolose, e però non ce la faccio più. E questo anche se, da più di vent’anni, vicino a me c’è una "co- mamma”, Fiore. Io non mi vergogno di parlare di insopportabilità, con o senza la legge 162, che comunque copre delle ore che non vengono mai usate per sé, ma sempre per andare a fare cose che altrimenti non si riuscirebbero a fare. Della giornata di Jacopo, basti dire che ogni volta che deve andare in bagno qualcuno deve esserci. E che è un ragazzo di 25 anni e che io non ce la faccio più a subire le sue esigenze. Scusate lo sfogo. Manuela. Ecco perché si parla di "lavoro usurante”: è un impegno quotidiano, costante, che nel tempo comunque pesa.
Rita. E dal quale non si va in pensione.

L'intervista continua nel numero 186 che si può comprare singolarmente, al costo di 3 euro, qui.